Food delivery, a Milano ora c'è uno sportello per i riders: “Il Comune vuole aiutarli”

Giulio Monga

Giulio Monga

Scritto il 01 Nov 2018 in Interviste

comune di Milano Precariato Riders

Da metà luglio di quest'anno è attivo a Milano uno sportello di ascolto dedicato ai riders, i fattorini che consegnano pranzi a domicilio in bici o motorino per conto di diverse e popolari app come Deliveroo, Foodora e Just Eat. Lo sportello è stato inaugurato su iniziativa della giunta Sala e, per il momento, è aperto due giorni a settimana – il mercoledì e il giovedì dalle 9 alle 12.30. Dopo la «Carta di Bologna» si tratta della seconda iniziativa rilevante che, in pochi mesi, tenta di dare una risposta a livello locale alle richieste di una categoria diventata un simbolo del precariato giovanile. La Repubblica degli Stagisti ha incontrato Fiorella Imprenti, 40 anni, alle spalle un dottorato in Storia, oggi assessora alle politiche del lavoro a Rozzano un comune di quasi 45mila abitanti alle porte di Milano e esponente della Società italiana di Storia del lavoro, oltre che collaboratrice dell’assessora alle politiche del lavoro del Comune di Milano Cristina Tajani e responsabile dello sportello per l'assessorato.

Che cosa vi ha spinto a creare uno sportello per i riders?
Abbiamo provato ad impostare il discorso sui cosiddetti riders, i fattorini del food delivery, guardando a quello che stava succedendo a Bologna con l’approvazione della Carta. A Milano però la situazione è diversa. Se a Bologna sono attive molte start-up locali, da noi invece il settore è dominato dalle grandi multinazionali. Se a Bologna, città universitaria, i riders sono soprattutto studenti-lavoratori, la nostra sensazione è che a Milano si tratti molto anche di un lavoro di primo ingresso per gli stranieri. Abbiamo chiesto dei dati alle aziende in questo senso ma quelli che ci sono arrivati non ci hanno convinto. Non siamo certi, ad esempio, che si possano confermare per lo scenario milanese i dati di alcune piattaforme, come Deliveroo, che dicono di avere nel proprio organico l’80% di riders italiani. Abbiamo bisogno di intercettare il reale e avere un quadro completo sul profilo dei riders a Milano e sul mercato in cui operano per capire come poterli effettivamente sostenere in un percorso di miglioramento delle loro condizioni di lavoro. Per questo ci serviva e ci serve un modo per raccogliere dei dati per conto nostro. L’idea dello sportello nasce da qui.

Concretamente come opera lo sportello?
Innanzitutto come spazio di ascolto in cui i riders possono portare le loro istanze e sollevare i loro problemi in materie come la sicurezza stradale, l’igiene, le coperture assicurative. In parallelo ci sono i percorsi di formazione, ad esempio con corsi di lingua italiana per gli stranieri. Al momento, visto che siamo ancora in fase di lancio, non esistono percorsi strutturati appositamente per i riders ma quelli che stanno già usufruendo del servizio sono stati inseriti nei corsi ordinari organizzati dal Comune. L’obiettivo è partire al più presto anche con dei corsi su misura per loro, ma su questo non pensiamo certo di lavorare da soli: gli attori che a livello cittadino operano sui temi della formazione e della sicurezza - parti sociali, realtà associative e istituzioni, oltre alle aziende se lo vorranno - sono nostri partner fondamentali.

Da quante persone è formato l’organico dello sportello?
Oltre a me, che coordino per l'assessorato l’iniziativa, l’Area Economia Urbana è impegnata con la propria struttura e con due risorse dedicate – funzionari con solida esperienza e preparazione. Soprattutto, abbiamo usato come criterio la conoscenza di una o più lingue straniere. Questo perché, come detto, la nostra sensazione è che a Milano la gran parte dei riders siano stranieri. Al momento non sappiamo se sia un organico adeguato rispetto alla mole di lavoro perché siamo ancora in fase di avvio. Chiaro che, se dovessimo accorgerci che due persone sono poche, provvederemmo a potenziarlo.

Che risultati vi aspettate da questo sportello?

Come detto, innanzi tutto vogliamo tracciare l’identikit del rider milanese per poter intervenire con politiche mirate. Restano poi fondamentali gli interrogativi di base  a cui, con tutti gli attori territoriali coinvolti e le parti sociali, vogliamo provare a dare risposta. Qual è il modello di business delle piattaforme di food delivery che a oggi operano in perdita? Come inciderà ad esempio la presenza di queste piattaforme sugli affari dei nostri ristoranti? Si tratta di una crescita di volume o si determineranno trasformazioni magari legate alla formula del laboratorio di cucina che consegna a domicilio? Sono argomenti rilevanti per chi, come noi, attribuisca al commercio di vicinato un valore sociale ed aggregativo oltre che economico. Lo sportello si inserisce quindi all’interno di una serie di iniziative già attive nel Comune di Milano che tentano di dare una risposta a queste domande.

Lo sportello è attivo da pochi mesi. Avete già qualche primo dato da sottolineare?
Siamo appena in fase di lancio. Faremo il primo bilancio a brevissimo e nel frattempo abbiamo dato il via a un’indagine conoscitiva a cui stiamo lavorando con Paolo Natale, docente di Metodi e tecniche della ricerca sociale dell'università Statale.

Ok, i riders così a Milano hanno uno spazio dedicato, ma le piattaforme per cui lavorano sono coinvolte? Il rischio è che senza di loro il tutto possa essere un po’ inefficace.
Le aziende non sono coinvolte direttamente, al momento sembrano più interessate alle interlocuzioni col Governo sugli aspetti contrattuali e stanno lasciando in secondo piano quelli che sono i risvolti della questione sul territorio. Le abbiamo però invitate all’inaugurazione del 18 luglio poiché siamo perfettamente consapevoli che, a prescindere da quello che è il quadro nazionale, su alcune questioni come la sanità, la sicurezza stradale o l’organizzazione commerciale le aziende devono per forza rapportarsi con gli enti locali. Poi non ci tiriamo certo indietro sul tema contrattuale, diciamo chiaramente che il “buon lavoro” è parte integrante di un’idea di città e su questo saremo accanto ai lavoratori che faranno sentire la propria voce.

Quali aziende erano presenti nel giorno dell’inaugurazione?

All’inaugurazione sono venuti dei rappresentanti di MyMenu Sgnam Bacchette e Forchette, Foodora e Glovo, non erano presenti per motivi istituzionali invece Deliveroo e Just Eat ma, come gli altri, hanno dato la loro disponibilità a collaborare. Per quanto riguarda i sindacati, invece, hanno partecipato Cgil, Cisl, Uil mentre i ristoratori sono stati rappresentati da Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Unione artigiani e Cna. Erano poi presenti Deliverance e Usb.

In quale forma vi hanno proposto di collaborare le piattaforme?

Come Comune di Milano già da tempo ci confrontiamo periodicamente con le piattaforme di food delivery. È poi aperto un tavolo con i sindacati confederali, le categorie coinvolte, i rappresentanti di base e
le associazioni di categoria dei ristoratori. L’ultima riunione del tavolo si è tenuta proprio il 18 luglio in coda all’inaugurazione dello sportello. Ci siamo lasciati dicendo che nel prossimo incontro ogni organizzazione arriverà avendo già maturato una proposta costruttiva che si possa mettere in sinergia con quanto messo in campo dal Comune.

Oltre allo sportello e a questo tavolo informale, esistono altre iniziative istituzionali del Comune di Milano a favore dei riders?
Sì, il tema dei riders è toccato anche dal tavolo istituzionale con la prefettura sulla sicurezza sul lavoro. Per citare un risultato concreto, i nostri vigili già da gennaio 2018 hanno incontrato e formato i responsabili delle piattaforme e, tra le altre cose, chiesto che fossero loro a fornire lucine, catarifrangenti e supporti per il cellulare ai riders. Di riders si parla anche nell’ambito del Ccp (Centro per la cultura della prevenzione). Si tratta del nostro centro per la sicurezza sul lavoro, che da alcuni mesi abbiamo acceso sui temi legati alla sicurezza sul lavoro dei lavoratori di piattaforma e ovviamente dei riders. Il Ccp è per noi uno strumento molto importante e il suo ruolo è stato riconosciuto anche dalla prefettura che, nell'ultimo protocollo firmato tra istituzioni per la sicurezza sul lavoro, lo ha individuato come luogo di ragionamento e proposte relative ai nuovi lavori.

Con i sindacati dei riders e con i ristoratori com’è invece il rapporto?

Con i sindacati c’è un confronto costante e un ottimo rapporto di collaborazione. Durante l’ultima riunione del tavolo di confronto ci hanno garantito il loro sostegno nel progetto dello sportello e stiamo aspettando che ci dicano, a breve, come intendono portare avanti questa collaborazione. La stessa cosa l’hanno fatta i ristoratori. Come Milano siamo molto orgogliosi di aver coinvolto anche loro, che invece sono una categoria praticamente ignorata dal dibattito nazionale sul tema. Ascoltare i ristoratori è utile, perché sanno regalarti molti spunti, come ad esempio la questione della mancanza di spazi nei locali per tenere da parte il cibo da consegnare ai riders.

State pensando anche voi ad un documento come la Carta di Bologna?
Dobbiamo capirne l’utilità. Oltre alla Carta di Bologna sono in corso in tutta Italia diverse elaborazioni politico-teoriche sulla questione, come ad esempio le iniziative della Regione Lazio, e con queste ha senso confrontarsi più che creare doppioni. Noi abbiamo a cuore tutta la questione della gig economy e dei lavori digitali, non solo quella dei riders. In questo momento non sentiamo il bisogno di una nuova Carta, ma sentiamo soprattutto la necessità di raccogliere informazioni e sperimentare modelli di governance territoriale. A questo proposito riteniamo ad esempio fondamentale il tema dei dati prodotti dalle piattaforme e dal lavoro dei fattorini, che avrebbe molto senso far diventare patrimonio comune. Barcellona è su questo un città a cui guardare. Chiaro che ci vorrebbe la disponibilità delle aziende a trattare.

Giulio Monga

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