Il conflitto generazionale secondo Ian McEwan: a sorpresa nel nuovo romanzo Solar

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 12 Mar 2012 in Approfondimenti

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Un vecchio barone della Fisica senza più stimoli, aggrappato al prestigio di un premio Nobel ottenuto anni prima. Un uomo ormai lontano dallo studio, dalla ricerca, dall'innovazione e preoccupato più che altro di monetizzare il suo prestigio a suon di incarichi, consulenze e inviti a convegni in hotel a cinque stelle in giro per il mondo. Un giovane ricercatore di provincia, idealista e ancora puro, che ha sviluppato un innovativo sistema di energia solare e che nel professore vede un guru a cui affidare le sue idee, un mentore con cui svilupparle per migliorare il mondo e la vita dell'umanità.
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A sorpresa l'ultimo romanzo di Ian McEwan, gigante della letteratura contemporanea inglese e autore di bestseller come Cortesie per gli ospiti, L'amore fatale ed Espiazione, racconta sottotraccia un esplosivo conflitto tra generazioni. Al centro di Solar infatti, pubblicato pochi mesi fa da Einaudi, c'è un episodio di insopportabile gerontocrazia - il furto che un vecchio compie ai danni di un giovane. ll furto forse peggiore, quello di un'idea. Un'idea in cui il professore ladro, lungi dal farsi intenerire dall'afflato ambientalista, cerca sopratutto il modo per fare soldi e restare a galla in un mondo accademico-scientifico che lo sta ormai emarginando.

Le idee non hanno età, è vero. Ma guarda caso statisticamente le migliori vengono sempre dalle menti più giovani
: prova ne sia che il premio Nobel viene sì consegnato solitamente a vecchietti col bastone, ma per ricerche svolte e scoperte fatte decenni prima, nel pieno fulgore della loro immaturità scientifica.

Il personaggio di McEwan,
Michael Beard, non fa eccezione: le pagine che descrivono il momento dell'ispirazione, dei calcoli, della passione messi in campo per costruire il suo teorema, la "conflazione", sono ambientate in un lontano passato - quando il futuro Nobel ha 21 anni, pochi soldi in tasca, e convive con la prima delle sue mogli in un posto scalcinato condividendo l'appartamento con una coppia di neogenitori alle prese con due gemelli perennemente urlanti. Tra pianti di bambini, ristrettezze economiche e crisi matrimoniali il 21enne Beard mette tutto se stesso nella Fisica, elaborando la teoria che gli varrà vent'anni dopo il super premio (qui l'unico dettaglio poco credibile: quasi nessuno in effetti riesce a prenderlo prima dei 50 anni).
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Genio a vent'anni, star del panorama scientifico a 40, ma quello che il libro racconta è il Beard dei 50 e poi 60: sempre più cialtrone, disinteressato allo studio, opportunista, venale
. Nel declino avviene l'orrendo furto. E illuminante risulta, a un certo punto, il tentativo ormai disperato di negare di aver fatto passare per sua l'idea del giovane Tom Aldous: «
Durante la nostra collaborazione, io pensavo e parlavo, e lui scriveva. Anche nella nostra era democratica la scienza rimane un sistema gerarchico, refrattario al livellamento. Occorre accumulare troppa competenza, troppo sapere. Prima di trasformarsi in un vecchio rimbambito, lo scienziato più anziano tende a saperne più del giovane, in base a parametri misurabili oggettivamente. Aldous era un modesto post-doc. Potremmo dire che era il mio amanuense». E di fronte alla minaccia di essere trascinato in causa per il furto dell'idea, il Nobel rincara la dose: nessun tribunale, urla all'avvocato della controparte,  si berrebbe  «la storia di un dottorando che si inventa da solo un lavoro di questa portata».

Il vecchio trombone, distrutto dal suo ego, ha dunque dimenticato che anche lui aveva meno di trent'anni al momento del suo exploit scientifico
. Forse é la natura umana: invecchiando si comincia a pensare che un giovane sia troppo inesperto per poter creare qualcosa di incredibile. E allora lo si sminuisce, trattandolo come maldestro e incapace e ancora irrimediabilmente immaturo. Il grave é che lo pensino perfino quelli che a venti-trent'anni hanno creato cose incredibili, e in ragione di quelle cose hanno potuto ottenere posti di responsabilità e potere.

Il libro di McEwan è ambientato in Inghilterra, e racconta quindi quella che sembra un'eccezione. In Italia invece questa storia è purtroppo la regola: ancora non riusciamo a scrollarci di dosso, in Parlamento e nelle altre istituzioni, all'università come ai vertici dell'imprenditoria e dei sindacati, quegli ex giovani emersi negli anni Settanta che non hanno alcuna intenzione di farsi da parte. E troppi di questi ex giovani - a volte in pubblico, più spesso in privato - sminuiscono i (veri) giovani che lavorano con loro e per loro, spesso fornendo le idee e le soluzioni più innovative e acute. Li trattano appunto come se fossero «amanuensi e modesti post doc». Appropriandosi giorno dopo giorno delle loro intuizioni, dei loro scritti, del loro lavoro. Spesso e volentieri traendo profitti da queste appropriazioni indebite - quasi sempre peraltro compiute, a differenza del libro, con  l'avallo del derubato, rassegnato a dover pagare questo fio per fare gavetta e poter aspirare, un giorno o l'altro, a prendere il posto del caro vecchio. Con buona pace del ricambio generazionale.

Eleonora Voltolina

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