Girl Power: «Mi piace trovare soluzioni, per questo ho scelto la matematica»

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 08 Gen 2018 in Storie

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La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso di studi in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccontarle una ad una attraverso una rubrica, Girl Power, che avrà la voce di tante donne innamorate della scienza e fortemente convinte che, in campo scientifico più che altrove, di fronte al merito non ci sia pregiudizio che tenga. La prima testimonianza è quella di Irina Smirnova, Html developer presso l'azienda Contactlab. 35 anni, russa, da 11 vive in Italia, dove si è trasferita dopo aver sposato un italiano conosciuto durante un campo estivo in Finlandia, in un programma internazionale di matematica.

La matematica mi ha sempre appassionato. Ma non è una tradizione di famiglia: mia madre è economista e mio padre istruttore di sci! Ma io da sempre trovo la logica affascinante in ogni ambito: da piccola trovavo facile la matematica, dovevo capire ogni cosa, amavo la bellezza della sensazione di trovare soluzioni. Inizialmente avevo scelto le lingue perché più "utili". Pur avendo una passione incredibile per la matematica, c’era stato un dubbio, anche per una questione di stipendio più alto. Dopo un mese a Lingue ho fatto un test e ho preso un voto molto alto: da lì ho capito che il mio mondo era quello e mi sono trasferita a Matematica. Ho studiato alla Petrozavodsk State University, dove mi sono laureata e, dato che il corso di programmazione era obbligatorio per i matematici, ho conseguito anche l’abilitazione per l’insegnamento di matematica ed informatica.

Anche se la maggior parte delle donne sceglie la matematica per darsi all'insegnamento, per me non è stato così. Dopo la laurea ho lavorato per un anno in una scuola superiore, insegnando alle ragazze che avevano scelto come materia la matematica. Poi sono stata chiamata dall’università dove avevo studiato, mi hanno proposto un posto di assistente per la cattedra di Matematica alla facoltà di Informatica, facendo il pre-corso per PhD. Ad un certo punto ero indecisa se continuare la carriera accademica, che trovavo un po’ noiosa: ero tentata di lasciarla per qualcosa di più dinamico.

In quel momento ho deciso di trasferirmi in Italia. Inizialmente vivevo a Trieste. Il primo anno ho studiato italiano perché non lo conoscevo. Poi ho pensato di fare domanda per il PhD al SISSA, ma alla fine mi sono trasferita a Milano per motivi personali. Arrivata lì, avevo voglia di iniziare a fare qualcosa e ho cominciato a mandare curriculum. Come primo lavoro in Italia ho fatto la DB Administrator and campaign manager in ambito Email Marketing in Consodata spa per tre anni, ma non facevo quello per cui avevo studiato. Poi l’azienda è entrata in crisi e intanto sono rimasta incinta. Altre aziende mi avevano offerto un posto, ma ci voleva la conferma della laurea in Italia, costosa e impegnativa.

Attualmente lavoro in Contactlab, nel team senior di una realtà agency molto più ampia, con 180 dipendenti. Nello specifico, mi occupo di lavorazioni non standard e analisi logiche e tecniche complesse, sono anche il riferimento tecnico per il team che si occupa dei settori Fashion and Luxury. Tecnicamente curo molti aspetti relativi alle delivery per i clienti: Html, Css, linguaggi di programmazione, Sql, logica matematica etc.

Ho iniziato con un contratto a tempo determinato tre anni e mezzo fa, poi dopo sei mesi è diventato indeterminato. E certo non sono mai stata sottopagata perché sono una donna! La differenza secondo me è che gli uomini pretendono di guadagnare di più. Inoltre la mia azienda è molto family friendly, ad esempio ci sono convenzioni con i campi estivi, c’è la carta pediatrica Manageritalia, per avere un pediatra anche quando il tuo non è disponibile. Io non ho mai preso un’ora di maternità, ho fatto solo quella obbligatoria e sono rientrata in servizio quando mia figlia aveva quattro mesi, ma non perché altrimenti avrei perso il lavoro.

In tre anni sono diventata senior e ho un ruolo di responsabilità, mentre ci sono uomini che da dieci anni sono ancora lì. Certo qualche battuta i colleghi la fanno. Mi trovo in un team in cui tutti sono uomini e anche l’altro dipartimento, con cui interagisco ogni giorno, è interamente maschile. Ma a volte mi sento anche coccolata. Dove lavoravo prima le cose erano diverse. Sono rimasta incinta durante il tempo determinato e, all’ottavo mese di gravidanza e a un mese alla scadenza del contratto, ho avuto una discussione con degli uomini, che hanno detto una cosa secondo me inaccettabile: che ero professionalmente più debole perché ero incinta.

Ho tanta voglia di crescere, imparare cose nuove. Ho capito che a me piacciono i grandi progetti complessi, che coinvolgono diverse tecnologie e racchiudono le mie competenze matematiche e informatiche, e voglio imparare sempre di più a gestirli.
Certo le difficoltà non mancano, anche perché lavorando con la tecnologia in continuo divenire non ti puoi permettere di fermarti. Anche durante la maternità ho dovuto restare sempre aggiornata, andavo a informarmi di continuo. Se stacchi completamente, torni indietro ed è una frenata pazzesca nella carriera. Oggi mi appoggio a babysitter, cerco di bilanciare le cose. Capita che mentre stai lavorando trovi 80-90 messaggi nei gruppi chat delle mamme, che ti leggi uscendo da lavoro. Vedere un’altra donna che ce la fa ti fa dire «Ok, ce la faccio anch’io». In azienda per esempio c’è una donna team leader che ha un bambino e lavora a tempo pieno: è forte e io la guardo con grande rispetto.

Nessuno mi ha mai detto che le donne sono meno brave nelle materie scientifiche, anche se statisticamente anche in Russia ci sono più uomini che donne che studiano le Stem. Con il tempo ho notato che quando arrivi in un posto nuovo dove non ti conoscono ancora,  ti guardano con scetticismo, come se non ne capissi niente. Ma poi quando vieni riconosciuta come collega, la cui professionalità è uguale a quella degli uomini, non ci sono più problemi. Le materie Stem non sono una cosa non adatta alle donne. Anche perché la matematica non è un’opinione, se sai fare veramente il tuo lavoro nessun uomo ti dirà che non vali niente perché sei una donna. Inoltre se una donna sceglie una cosa così tecnica vuol dire che la sa fare, quindi non deve porsi il problema di stare in un ambiente maschile, di essere in minoranza. Io ho due bambini, una è femmina e sicuramente se a lei verrà un dubbio io le dirò «Non averne, se questa cosa la sai fare e ti piace non importa se sono tutti uomini a farla». Nella vita quotidiana lavorativa e personale si cade e ci si rialza. Cadere davanti agli uomini fa più male, è vero, ma il piacere di rialzarsi è maggiore. Non bisogna mollare alla prima caduta né scoraggiarsi davanti ai pregiudizi. Non c’è niente di impossibile!


Testimonianza raccolta da Rossella Nocca

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