Giornalisti precari in rivolta: a Napoli reclamano più spazio nella web tv del Comune, a Roma diventano Errori di stampa

Enza Civale

Enza Civale

Scritto il 15 Feb 2011 in Notizie

Abuso d’ufficio: con questa ipotesi di reato la Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta contro ignoti per fare chiarezza sulla vicenda della Web tv del Comune partenopeo. Una storia che ha avuto inizio nel 2009, ma che ancora oggi non si può dire conclusa. E che lascia l’amaro in bocca perché sembra ignorare completamente il problema dei giornalisti precari.
Lo sanno bene i componenti del
Coordinamento dei giornalisti  precari campani, poco più di 12 mesi di vita, ma già tante le battaglie portate avanti contro lo sfruttamento e a favore della difesa dei diritti dell’anello più debole del mondo del giornalismo. Anche in occasione della nascita della web tv partenopea: le prime polemiche risalgono alla pubblicazione del primo bando per la scelta del direttore della web tv. Professionista da almeno 20 anni, comprovata esperienza nella comunicazione istituzionale, conduzione di almeno 5 anni di un notiziario televisivo del servizio pubblico, formatore nel campo del giornalismo e della comunicazione, conduttore di programmi televisivi di approfondimento del servizio pubblico, autore di reportages e servizi per testate nazionali: il prescelto avrebbe dovuto avere questi ed altri requisiti. Un profilo che lasciava poco, anzi nessuno spazio alla candidatura di un giovane giornalista, ma che anzi richiedeva la scelta di una figura di oltre 50 anni e con scarsa conoscenza degli strumenti del web. Dopo le comprensibili polemiche i requisiti di reclutamento furono modificate e furono tre i giornalisti ritenuti idonei al termine delle selezioni: tra loro si sarebbe dovuto scegliere il nuovo direttore, che avrebbe ottenuto un incarico di 12 mesi per la realizzazione e lo start up della televisione istituzionale, dietro un compenso di 20mila euro.
Tutto risolto? Nemmeno per sogno, perché il Comune di Napoli, bollando come insufficienti i progetti presentati dai tre vincitori per la web tv, ha nominato di propria iniziativa il nuovo direttore della web tv: Giuseppe Mariconda, ex giornalista Rai in pensione, che non ha preso parte alla selezione e che, per la gestione della nuova tv via internet, si sarebbe avvalso dei dipendenti comunali che compongono l’ufficio stampa dell’ente e della collaborazione «a titolo volontario, di giornalisti esterni che hanno manifestato il loro interesse a contribuire a questa importante sfida informativo». Una decisione che ha provocato non poca indignazione: innanzitutto tra i vincitori della selezione, che hanno presentato ricorso e, in seguito, ottenuto un pronunciamento favorevole da parte del Consiglio di Stato, che ha ritenuto infondato il cavillo giuridico a cui si era appellato il Comune di Napoli per l’annullamento del bando.Ferma la posizione anche del Coordinamento campano, che ha ribattezzato la web tv Telepansionato, sottolineando che «quella che poteva essere una formidabile occasione per creare un laboratorio di comunicazione istituzionale e nuovi posti di lavoro è diventata invece un papocchio che presto, ne siamo sicuri, sarà citato ad esempio di tutte le cose da non fare nella realizzazione di una tv via internet».
L’accaduto non ha lasciato indifferente nemmeno l’
Ordine dei Giornalisti della Campania che, attraverso le parole del presidente Ottavio Lucarelli, ha pronunciato il suo «No al lavoro nero al Comune di Napoli. Sì a una selezione trasparente per la scelta dei giornalisti che non penalizzi le nuove generazioni in un terreno come la multimedialità».
Chi è rimasto indifferente alle proteste è stato il Comune di Napoli, che il 31 dicembre 2010 ha dato il via alle trasmissioni di Telepensionato.
Non la pensa evidentemente allo stesso modo il sindaco di Napoli Rosa Russo Jervolino, che in occasione della presentazione della web tv ha tuonato contro coloro i quali avevano protestato per la scelta della redazione: «Non è pensabile considerare la web tv come un antidoto alla disoccupazione: è una struttura che dà voce a tutti e lavoreremo per avere un numero maggiore di giovani all’interno».

Mentre a Napoli i giornalisti precari aspettano gli spazi che il Comune partenopeo vorrà concedergli nella web tv,
un nuovo Coordinamento si aggiunge alla rete dei gruppi regionali che sta prendendo forma in Italia. Da pochi giorni è nato infatti il Coordinamento dei giornalisti precari di Roma. Il nome del gruppo è Errori di Stampa (nella foto a destra, il logo del Coordinamento) perché, come si legge nel manifesto, «il giornalista precario, senza contratto, sfruttato, sottopagato, ricattato e non tutelato, costituisce oggi un vero e proprio Errore di Stampa. Che va corretto».  Il giornalista atipico, ricordano i precari romani, è «ignorato dal sindacato di categoria, abbandonato a se stesso, benché gran parte dell’informazione sia il frutto del suo armeggiare con taccuini e microfoni».
Combattere il far west lavorativo in cui si trovano loro malgrado tanti giovani giornalisti della Capitale non sarà facile, ma il Coordinamento Errori di Stampa ha le idee molto chiare e ha già avanzato le proprie richieste. Quattro i punti prioritari su cui si concentrerà il lavoro del Coordinamento: il rispetto dei tariffari per tutti i collaboratori, l’indennità di disoccupazione per tutti i contratti atipici, l’istituzione del bacino dei precari e di un rappresentante dei collaboratori in seno al Cdr in tutte le aziende editoriali, a partire da quelle in stato di crisi e, infine, la regolamentazione degli stage nelle redazioni per evitare che gli stagisti siano usati come personale a costo zero e, quindi, usati per sostituire il lavoro dei redattori.
Per mantenere vivo il contatto con il mondo del precariato, restando sempre al passo con i cambiamenti e le nuove problematiche del settore, Errori di Stampa ha istituito un Osservatorio permanente sul mondo dei giornalisti precari: come si legge nel manifesto, sarà il loro «supporto virale».

Enza Civale


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