Flop Garanzia Giovani in Campania, mobilitazione per denunciare i pagamenti in ritardo e molte altre criticità

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 23 Apr 2017 in Notizie

Garanzia giovani indennità Regione Campania

Le storie  sono molto diverse: «Ci sono quelli che hanno finito il tirocinio e hanno avuto ritardi nei pagamenti, ragazzi inseriti in graduatoria ma esclusi senza motivi validi dalla Regione, altri che hanno cominciato lo stage senza aver mai stipulato il Piano di intervento personalizzato con l’insicurezza, quindi, di non ricevere una misura tra quelle previste del PIP e magari svolgere un tirocinio non pagato» racconta alla Repubblica degli Stagisti Carlo Leonangeli, 28 anni, fondatore del gruppo Facebook «Garanzia Giovani Campania Vogliamo i nostri soldi». In comune hanno i tempi di attesa: lunghissimi.

«Ti iscrivi al portale e già hai problemi, dopo mesi vieni contattato dal cpi, poi devi cercarti i tirocini. E le graduatorie arrivano dopo altri mesi ancora: un processo lungo di cui a volte non sai nulla. Nemmeno se sei entrato in graduatoria». Tutto decisamente in antitesi con gli obiettivi della Garanzia, che mirava in quattro mesi dall’iscrizione del giovane alla sua collocazione in un progetto, mentre in Campania dopo quattro mesi si è ancora alla fase di registrazione. «Questo progetto come è stato realizzato qui non è risolutivo del problema della disoccupazione» dice sconfortato Carlo.

Per questo l'altroieri, venerdì 21 aprile, i ragazzi del gruppo Facebook, con il sostegno degli attivisti dell'associazione sindacale Clap Napoli - Camera del Lavoro Autonomo e Precario, hanno organizzato un sit in davanti alla sede della Regione, come primo atto  per cercare di attirare l’attenzione dei politici e risolvere i loro problemi.

Dopo una lunga attesa sotto al palazzo della Giunta regionale, una delegazione dei giovani manifestanti è stata ricevuta da alcuni dirigenti. «Abbiamo ricevuto risposte abbastanza vaghe e la conferma, da parte loro, della pessima organizzazione del progetto, con la confusione e le accuse di reciproca responsabilità tra Regione Campania, centri dell’impiego e Inps. Abbiamo però strappato un risultato: la disponibilità da parte degli organi competenti della Regione a risolvere le problematiche di ogni singolo ragazzo», raccontano i giovani usciti dall’incontro.
Che hanno quindi deciso di continuare il loro lavoro di informazione e mobilitazione.

Tutto comincia quando Carlo Leonangeli condivide la sua storia relativa al programma e, contattato da un ragazzo che sta facendo una tesi sulla Garanzia, pensa «di riunire tutti quelli che in Campania hanno avuto problemi con questo piano. Ci siamo incontrati varie volte per raccontare le nostre storie e dare vita a questo comitato partecipanti alla Garanzia Giovani». Un progetto che secondo Carlo non ha funzionato a dovere. «Alla pagina Facebook “Garanzia Giovani Campania. Vogliamo i nostri soldiad oggi sono iscritte un centinaio di persone, ma siamo qui per ottenere maggiore visibilità: sappiamo che ci sono molti altri ragazzi in questa situazione e vogliamo dimostrargli che è possibile ottenere delle risposte».

Ecco perché si sono presentati davanti alla sede della Regione Campania e con megafoni, striscione, slogan e volantini hanno ravvivato le strade del Centro direzionale. Urlando di essere «giunti al bivio dell’insostenibilità» e di aver scelto «di mutare la nostra rabbia e unirci in forma collettiva. Sperando che con il nostro esempio, tanti come noi in giro per la Campania e l’Italia si pongano le stesse domande e rivendichino i propri diritti e le proprie garanzie».

Che a Carlo non sono state date, visto che la sua esperienza si è chiusa con un pugno di mosche. «Tramite la Garanzia ho fatto un corso di formazione di livello molto basso come tecnico hardware, nessuna indennità o rimborso» racconta alla Repubblica degli Stagisti. «Poi sono stato selezionato per un tirocinio presso il tribunale di Napoli ma sono stato rifiutato. Il mio corso è finito a maggio 2016. E solo a ottobre è arrivata una nota agli uffici che diceva che è possibile ricevere una sola politica attiva, senza che io lo sapessi o qualcuno me lo avesse mai detto». Altrimenti, con tutta probabilità, Carlo non avrebbe accettato di fare il corso di formazione proposto.

La rabbia dei giovani è tanta: nella lettera che leggono sotto la sede del consiglio regionale dicono che «I tirocini sono una specie di incubo che ci insegue dai tempi delle scuole. Ce li hanno presentati da ragazzini quale necessario strumento di formazione per trovare un lavoro, ma si configurano come veri e propri lavori, con turni da otto ore al giorno dal lunedi al venerdì.
Questioni concrete come diritti, malattie, ferie o continuità di reddito sono molto lontani. Il problema è alla radice: di questo parlate quando dite lavoro?» Perché alla fine in pochissimi ne hanno trovato uno dopo questi tirocini per cui, in alcuni casi, hanno aspettato oltre un anno per ricevere l’indennità di partecipazione.

Simona Cifariello, 28 anni, è da quattro mesi in stage come responsabile marketing social media per una ditta che vende prodotti all’ingrosso per la casa. «Non ho visto ancora alcuna indennità di tirocinio e alle richieste di sollecito mi è stato detto di decidere di andare avanti sapendo che i tempi saranno lunghi o rinunciare a due mesi dalla fine. Ho continuato: non sarebbe professionale a livello di curriculum interrompere uno stage e in sede di un nuovo colloquio motivarne il perché». Simona però è quasi fortunata: il suo stage non è molto lontano da casa e il suo datore di lavoro le eroga 50 euro al mese come rimborso spese viaggio, «ma è una sua concessione, non c’è scritto da nessuna parte». Una situazione talmente negativa che la ragazza si pente «di aver partecipato alla Garanzia giovani: questo tempo che spreco avrei potuto usarlo in maniera diversa».

Come ha fatto, ad esempio, Roberta Fausta Ilaria Visone, 28 anni, che ha avuto un’esperienza brevissima con il programma europeo – da settembre a novembre 2015 – per poi abbandonare dopo essersi vista assegnare una supplenza. «Sono qui per solidarietà: il mio stage era presso un’agenzia di tour operator a Napoli. Ho ricevuto l’indennità dopo un anno e quattro mesi. Sono qui a supporto di chi sta vivendo lo stesso incubo». Ci tiene a sottolineare che il suo nome intero è senza virgole, perché sono state le virgole mancanti a farla penare così a lungo per ricevere i soldi. «Ho chiesto spiegazioni ad Arlas, all'Inps, all'assessore Palmieri. Dicevano che a causa dei miei tre nomi non potevano darmi il rimborso per questioni burocratiche. Ancora non capisco perché, visto che il codice fiscale è univoco! Solo dopo aver raccontato la mia storia alla stampa nazionale, l’assessore si è messa a disposizione e alla fine ho ottenuto la mia indennità». Una soddisfazione di poco conto, visto che oggi definisce la sua esperienza «Garanzia sfruttamento giovani».

E il 25 aprile i giovani saranno presenti alla Festa della liberazione dei Beni Comuni, alla mostra d’Oltremare, con un Info Point per condividere le proprie storie. Infine una nuova riunione, da fissare, per confrontarsi e organizzare le prossime iniziative. L’obiettivo è cercare soluzioni. Per provare a cambiare qualcosa ed evitare che questa sia una «Disgrazia giovani, solo sfruttamento ed illusione», come recitava lo striscione orgogliosamente mostrato durante la manifestazione.
Dopo l’incontro di venerdì ora è partita una raccolta delle singole storie, attraverso  l'indirizzo email disgraziagiovani [chiocciola] libero.it.

La strada non sarà in discesa, visto che perfino la Corte dei conti europea ha recentemente affermato che la Garanzia Giovani, così com'è attuata, non corrisponde alle aspettative iniziali. Anzi, ha rilevato «una mancanza di strategie con tappe intermedie e obiettivi chiari per raggiungere tutti coloro che necessitano di offerte di lavoro, istruzione o formazione». Aggiungendo che «il costo globale e la disponibilità di fondi non sono stati valutati dagli Stati membri e la scarsa qualità dei dati disponibili ha reso difficile valutare i risultati».

La Corte europea dice quello che i giovani campani già sanno: questa iniziativa volta a favorire l’occupazione giovanile ha apportato finora un contributo limitato. Gli oltre 200 giovani che in poche settimane hanno iniziato a condividere le loro storie e delusioni, non hanno però più voglia di aspettare. Vogliono risposte. Dovrà essere la politica ora a fornirle.


Marianna Lepore

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