Garanzia giovani, parte la fase due: ma ancora pochi posti di lavoro e troppi rinunciatari

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 14 Dic 2014 in Notizie

Il programma Garanzia Giovani non è stato pensato per creare posti di lavoro, ma per «migliorare l'occupabilità dei Neet», vale a dire di chi è disoccupato, non studia e non è impegnato in una attività di formazione. Così ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti giorni fa alla conferenza stampa di presentazione della "fase due" dell'iniziativa europea lanciata a maggio.

Un'affermazione che non deve sorprendere: a distanza di circa sette mesi dalla partenza, la Youth Guarantee di occupati veri e propri ne ha generati ben pochi. Lo dicono i dati ufficiali più recenti, secondo cui su circa 333mila under 30 registrati, quelli che sono stati già contattati dai servizi per l'impiego sono solo 143mila, dunque un po' meno del 43%, mentre i restanti sono in attesa di notizie. Tra coloro che hanno già avuto il primo contatto, quelli che hanno già sostenuto anche il colloquio conoscitivo (i 'profilati' secondo il termine tecnico), sono 123mila. E quelli ufficialmente presi in carico, che hanno quindi iniziato a imboccare una qualche direzione verso il mondo del lavoro o della formazione, non superano i 113mila: solo un terzo dei richiedenti, insomma.

Quanti siano i reali contratti di lavoro stipulati a favore di questi giovani non è però dato sapere
. Il monitoraggio aggiornato settimanalmente sul sito non prevede una sezione destinata a questo conteggio: il ministro Poletti ha però promesso ai giornalisti che con il tempo sarà introdotto anche una informazione di questo tipo. Certo, le storie positive ci sono. Alla conferenza hanno raccontato la propria esperienza quattro giovani. Di questi uno, Davide, 16enne piemontese, è stato reinserito in un percorso di formazione scolastico. Altri due - Emanuele, 29 anni del Lazio, e Daniela, 28 del Piemonte - sono stati assunti: il primo con un contratto di collocazione di assistenza al cliente, e la seconda come addetta in un'azienda cosmetica. Per Mattia, 20enne emiliano, è arrivato un tirocinio nel Gruppo Amadori. Ma l'impressione è che siano casi sporadici.

Naturale dunque che i diretti interessati manifestino un qualche scetticismo verso il progetto, che si evince per esempio dal monitoraggio informale su Garanzia giovani realizzato dalla Repubblica degli Stagisti e il centro studi Adapt. Dai primi dati parziali - calcolati sui primi 1.580 partecipanti - emerge che il voto complessivo assegnato al piano europeo è uno scarsissimo quattro. In più la stragrande maggioranza degli intervistati ha spiegato che le proposte ricevute al colloquio non si sono tradotte in «nulla di concreto» oppure sono consistite in un «generico riferimento a future offerte di lavoro o stage».

Curioso poi il caso dei rinunciatari: stando al report distruibuito alla stampa dal ministero del Lavoro, tra i registrati ben 17mila non si sono mai presentati al colloquio, mentre 3mila si sono cancellati. Sembrerebbe un paradosso in tempi così cupi: forse i giovani italiani sono così «choosy» o bamboccioni da non impegnarsi neanche in una iniziativa che potrebbe portar loro un beneficio? In realtà il ministro dà una motivazione più concreta: «A volte si tratta di individui che nel frattempo hanno trovato una qualche altra sistemazione, sia lavorativa che formativa»; e non mancano neppure quelli che, iscritti dai propri genitori, «si tirano indietro quando vengono ne a conoscenza» aggiunge in conferenza stampa l'assessore al Lavoro del Lazio Lucia Valente. Non proprio 'rinunciatari' dunque, ma ragazzi che magari nei mesi di attesa si sono organizzati per conto proprio.

Si scopre inoltre, spulciando i dati, che l'indirizzo dato da ministero e regioni al programma verso misure per lo più di tipo formativo si conferma anche analizzando le «somme programmate». Una grande fetta delle risorse nazionali – pari a 350 milioni – sono «impegnate», quindi in fase di attuazione, sui tirocini: nel dettaglio si tratta del 40%. Seguono la «formazione» e l'«accompagnamento al lavoro», a cui va circa il 30%, il servizio civile (meno del 15%), e poi cifre minime sotto il 10% a apprendistato e sostegno all'autoimpiego. Sul lavoro vero e proprio si è puntato insomma finora ben poco. Mistero sulla ripartizione degli altri fondi. I 350 milioni sono infatti di provenienza nazionale, ma all'appello manca il miliardo e 150 milioni stanziato dalla Ue, dotazione di cui non si conosce l'esatto destino.

Ma in cosa consiste in sostanza la fase due del programma Garanzia Giovani? Oltre al restyling del sito, entrerà a regime il bonus occupazionale, «una misura attuativa del piano» e un «incentivo rivolto ai datori di lavoro». Per il bonus sono state programmate circa la metà delle risorse riferite ai fondi nazionali. Beneficiari saranno coloro che attiveranno contratti a tempo determinato o in somministrazione superiori all'anno, o contratti a tempo indeterminato. L'importo, «variabile a seconda della tipologia di contratto con cui avviene l'assunzione, alle caratteristiche del giovane e alle differenze territoriali», passa da un minimo di 1500 euro per i tempi determinati di sei mesi a un massimo di 6mila per giovani con contratti senza scadenza «nel caso in cui il loro grado di occupabilità sia molto basso». Difficile giudicare la misura prima della sua effettiva messa in campo.

Quel che certo è però che gli incentivi alle assunzioni non hanno finora dato gli effetti sperati. Basti pensare al provvedimento dell'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini: quasi 800 milioni stanziati a settembre del 2013 per promuovere 100mila assunzioni di under 30. Il risultato è stato purtroppo vicino al flop: a giugno di quest'anno le domande presentate dalle aziende non superavano le 22mila, spesso incagliate in passaggi burocratici farraginosi e quindi lasciate a metà strada.

Ilaria Mariotti

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