“Devolvi allo studio i tuoi 600 euro di indennità Covid”, partite Iva vessate dai furbetti del bonus

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 07 Set 2021 in Notizie

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«Voi richiederete questo bonus e il vostro stipendio sarà decurtato di 600 euro. In sostanza continuerete a prendere quello che prendete e lo studio risparmierà su tutti quelli che possono permettersi di richiedere questa cifra»: non usa mezzi termini Monica Tricario, partner dello studio di archittetura milanese Piùarch. La richiesta risale all'aprile 2020, ovviamente, e viene diretta durante una riunione ai tanti lavoratori a partita Iva dello studio per i quali, a detta dei soci, il lavoro diminuirà causa pandemia. Per evitare di non avvalersi più delle loro prestazioni ecco l’escamotage: risparmiare 600 euro dallo stipendio di ognuno di quelli che potranno richiedere l’indennità covid alle Casse o all’Inps.

Lo scandalo era già uscito un anno fa sulle pagine di Fanpage e nel luglio 2020 era anche partita un’interrogazione a risposta immediata al ministero del lavoro di Chiara Gribaudo, in cui la deputata PD evidenziava come questo bonus fosse divenuto «oggetto di trattative nella quantificazione del compenso» tanto che non pochi titolari di studi professionali avevano cominciato a decurtare le retribuzioni mensili dei collaboratori professionisti proprio dei 600 euro di bonus, «trasformando la provvidenza assistenziale loro riconosciuta in un arricchimento indebito» e soprattutto finendo per trasformare un bonus che doveva sostenere i redditi dei professionisti in difficoltà, in un vantaggio per i datori di lavoro.

Gribaudo chiedeva quindi quali urgenti iniziative sarebbero state adottate per garantire la corretta percezione del bonus «per i lavoratori autonomi riconosciuto agli avvocati in regime di mono committenza, agli architetti a partita Iva e a tutti i professionisti che risultano aver subìto una corrispondente decurtazione da parte dei titolari dei propri studi professionali di riferimento».

All’interrogazione aveva risposto l’allora sottosegretario al lavoro Stanislao Di Piazza, dichiarando la pratica come «palesemente illegittima» perché «verrebbe meno il presupposto stesso del bonus, che viene erogato sulla base dei redditi prodotti». Ma precisando anche che nel caso specifico della stessa prassi adottata da alcuni studi di avvocati il ministero della Giustizia «organo che esercita la vigilanza sugli ordini professionali degli avvocati ha comunicato che non risultano pervenuti al ministero esposti o denunce relativi ai fatti descritti». In pratica, senza la denuncia circostanziata dei fatti non si poteva fare nulla.

Ora la notizia dello sfruttamento improprio del bonus da parte, nel caso specifico, dello studio di architettura Piùarch è ritornata alla ribalta dopo che sull’account Instagram @riordine_degli_architetti, che da mesi denuncia tutti gli annunci choc o le malefatte nell’ambiente di lavoro, è stato pubblicato l’audio di quella riunione dell’aprile 2020 in cui sfacciatamente i soci dello studio avanzavano questa richiesta ai propri collaboratori a partita iva. Trattati, a parole, come dei dipendenti.

La storia è stata rilanciata sempre su Instagram da Giuditta Pini, 36 anni, deputata del Partito democratico,
che l’ha definita «abbastanza deprimente». E ha presentato ieri un’interrogazione al ministro del lavoro per sapere «se è a conoscenza di questa pratica che al di là del caso specifico è stata segnalata come prassi di moltissimi studi non solo di architettura», spiega Pini alla Repubblica degli Stagisti. Nel testo dell'interrogazione viene anche chiesto cosa il ministero stia facendo «per verificare quello che è successo e quali iniziative intende prendere per fermare l’uso distorsivo della norma sulle partite iva» che permette un utilizzo massiccio di collaborazioni di questo tipo al posto di assunzioni da parte degli studi professionali.

Secondo i primi dati, pubblicati dal Sole24Ore nel giugno 2020, quasi quattro professionisti su dieci iscritti alle Casse ha chiesto e ottenuto il bonus di 600 euro. E più della metà degli oltre 420mila bonus concessi sono stati distribuiti tra avvocati, quasi 140mila domande liquidate, e architetti e ingegneri, quasi 100mila. Sempre secondo questi dati, ben sei iscritti su dieci alla cassa forense e all’Inarcassa hanno ricevuto il bonus.

In pratica la categoria degli architetti e ingegneri, stando a questi dati, è stata sensibilmente colpita dalla crisi. Oppure in qualche caso alcuni studi hanno approfittato di un aiuto statale per risparmiare? Già a maggio del 2020 l’Associazione di intesa sindacale degli architetti e ingegneri liberi professionisti italiani, Inarsid, aveva lanciato l’allarme sul proprio blog: «Giungono segnalazioni da parte di ingegneri e architetti ai quali, da parte di certi colleghi tra virgolette, vengono fatte richieste di ‘compensare’ il bonus di 600 euro ricevuto da Inarcassa con le loro spettanze mensili. Attenti ai “furbetti del bonus” …. Pratica inaccettabile».  

Ora che si ritorna a parlare di questo comportamento scorretto, lascia stupito confrontare le dichiarazioni espresse nel file audio con la realtà. I soci di Piùarch parlano di difficoltà economiche, ma secondo la classifica annuale Guamari pubblicata nel dicembre 2020 si tratta del quarantesimo studio in Italia per fatturato. E secondo i bilanci 2020 in realtà non ha attraversato nessun periodo difficile, come invece dichiarato nella “famosa” riunione: nell’anno della crisi Covid ha avuto ricavi in aumento a 3,8 milioni di euro, con un +700mila euro sul 2019, e l’anno si è chiuso con un avanzo di utili di oltre 466mila euro, quasi triplicato rispetto al 2019. Facendo così chiudere il 2020 con 833mila euro di disponibilità liquide, come riportato in un articolo 
di Francesco Floris pubblicato sul Fatto quotidiano qualche giorno. Numeri che stridono non poco con quanto detto durante la riunione registrata dal partner dello studio Monica Tricario, che parlava di crisi e contrazione del lavoro, e poi più palesemente rivelato da un altro partner Francesco Fresa con la frase «dal primo maggio non c’è lavoro per tutti quanti».

Lo studio in questione ha lavorato con le maggiori case di moda, da Dolce & Gabbana a Fendi o Gucci; solo qualche mese fa ha vinto il concorso nazionale a inviti per la nuova sede milanese di Snam, e nel 2020 ha vinto il concorso architettonico internazionale indetto da Fondazione Human Technopole e Arexpo per la progettazione dell’area ex Esposizione universale 2015 dell’istituto, il Campus e l’edificio della nuova Fondazione sull’area Expo. Se lo studio fosse stato realmente in difficoltà avrebbe potuto semplicemente chiedere, per non tagliare organico, di pagare meno i propri collaboratori per qualche mese. Non di “sottrarre” loro un aiuto di Stato.

In tutto questo bisogna ricordare che esistono delle sanzioni penali per i contributi a fondo perduto non spettanti. E sono precisate nello stesso decreto Rilancio che istituitiva il bonus, dove all’articolo 25 comma 14 si precisa che “nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l’articolo 316-ter del codice penale” che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chi presenti dichiarazioni false. Non solo: l’Agenzia delle entrate può anche procedere al recupero dell’intero importo ricevuto e applicare delle sanzioni dal cento al duecento per cento.

Nel caso specifico in realtà i beneficiari non avevano dovuto dimostrare alcun calo di reddito, tanto che Tricario nella stessa riunione, a uno dei collaboratori coinvolti che chiedeva come fare per dimostrarlo, rispondeva «Non devi farlo se nel 2018 hai guadagnato meno di 35mila euro».  Quindi in realtà né lo studio né i suoi lavoratori a partita iva hanno commesso un reato.

Diverso sarebbe se qualcuno dei coinvolti decidesse di sporgere denuncia. Al momento Riordine degli architetti si sta adoperando per far arrivare il video ai sindacati e al tribunale del lavoro di Milano.  Nel frattempo i singoli coinvolti potrebbero denunciare il fatto all’Inps o fare causa, ma trattandosi di collaboratori a partita Iva è improbabile che ciò avvenga, perché c'è sempre il timore di perdere il lavoro, di inimicarsi gli studi professionali, di diventare dei paria e non lavorare più.

«Bisogna denunciare il fatto
» dice invece Giuditta Pini «e capire attraverso ministero e suoi organi di controllo come e se si possono sanzionare questi studi. Visto che probabilmente avranno ricevuto altri tipi di agevolazioni, capire con ministero del Tesoro e Agenzia delle entrate se ci sono eventuali danni per l’erario e come punire». Nel frattempo nell’ultimo post disponibile sulla pagina facebook di Piùarch si susseguono commenti sconfortati e arrabbiati nel confronti dello studio.

Che, è bene ricordare, è il caso più importante uscito ora: ma non l’unico. Tra i più eclatanti del 2020, infatti, c’è anche l’episodio dei tanti giovani avvocati le cui testimonianze sono state raccolte da Antonio De Angelis, presidente di Aiga, Associazione dei giovani avvocati, che ha raccontato come in tanti l'anno scorso avessero chiamato per denunciare il comportamento scorretto dei titolari degli studi in cui lavoravano a partita iva. Ovvero il taglio del compenso mensile, decurtato proprio dei 600 euro ricevuti dallo Stato.

È probabile che la stessa situazione si sia verificata in molte altre collaborazioni a partita iva nel corso del 2020 e forse anche del 2021. Ecco perché invitiamo i lettori della Repubblica degli Stagisti a segnalarci i singoli casi per verificare quanto ampia e trasversale questa prassi, scorretta, si sia diffusa in quest'ultimo anno e mezzo.

Marianna Lepore

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