Foto pubblicitarie su Facebook, quattro "Friendz" creano una start up che oggi dà lavoro a 17 giovani

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 13 Nov 2016 in Approfondimenti

Friendz Startup startupper

Hanno fondato la società nell’agosto 2015 e oggi, 15 mesi dopo, da tre quasi sconosciuti sono diventati grandi amici, ma sopratutto hanno quattordici dipendenti – con un’età media di 23 anni e mezzo. Cecilia Nostro, Daniele Scaglia, Alessandro Cadoni sono gli ideatori di Friendz.

La loro start up è in piena crescita, ha vinto il Web
Marketing Festival 2015 ricevendo un primo finanziamento da 60mila euro – e fattura dal primo giorno. Oggi, grazie all’ultimo investimento ricevuto nel giugno di quest’anno di 300mila euro da parte di Triboo, la start up ha assunto altre sei persone, che si sono aggiunte al nucleo iniziale di undici, e stanno consentendo al team di essere più efficiente. «Fino a luglio c’erano solo due persone che sviluppavano sia l’app per gli utenti che la piattaforma per i clienti. Mentre oggi grazie a queste nuove assunzioni abbiamo fatto un bel salto in avanti. Tre dei nuovi assunti fanno parte del team tecnico e questo ci consente di essere più veloci e dare più qualità sia agli utenti che ai clienti», spiega Cecilia Nostro alla Repubblica degli Stagisti.

L’avvio dell'avventura si ha dall’incontro di Nostro, laurea in economia e master all’estero, con Cadoni e Scaglia, entrambi laureati in ingegneria. I tre, tutti under 30, con il tempo sono diventati rispettivamente, direttrice marketing, amministratore delegato e direttore operativo (CMO, CEO, COO). «
Le aziende cercano in tutti i modi di comunicare in modo differente sui social e cercano l’ingaggio delle persone, puntando a coinvolgere le community e far sostenere i marchi di brand» continua la Nostro: «E ogni giorno vengono pubblicate su Facebook 800 milioni di foto. Significa che le persone hanno una gran voglia di creare contenuti e grazie alla tecnologia e a un po’ di senso creativo le loro foto possono essere molto interessanti anche per le aziende».


Così i tre giovani, diventati dopo poco tempo quattro
con l'arrivo di Andrea Mascheroni, hanno deciso di unire questi due aspetti e dare alle aziende la possibilità di intercettare in poco tempo migliaia di persone che «grazie a un brief molto specifico possono scattare e pubblicare sui propri profili social delle fotografie legate alla comunicazione di un’azienda. In pratica si usano le persone come publisher e si riesce ad arrivare a tutti i loro amici servendosi della fiducia che hanno tra loro, avendo quindi una comunicazione molto più efficace». Il successo non se lo aspettavano, per lo meno non così velocemente, anche se «lavoravamo 24 ore al giorno per realizzare il nostro sogno!».

Sono una ventina i brand che ad oggi hanno deciso di affidarsi a Friendz
proprio per farsi pubblicità. E che hanno fatto crescere la startup consentendo ai soci anche di trasferirsi da Varese, dove tutto è partito, a Milano, dove ora vivono e hanno sede. Basta dare un'occhiata all’elenco delle aziende clienti per rendersi conto che tra queste ci sono anche grandi multinazionali, da Vodafone ad Asus, passando per Philips, Wind o Sector. Aziende che il più delle volte sono andate direttamente a contattare i quattro giovani, attirate dalla loro idea innovativa.

Ma come funziona Friendz in concreto?
«Partiamo dalla nostra app, che è gratuita e può essere scaricata
da tutti» illustra Nostro. «Appena viene scaricata, noi cominciamo a profilare gli utenti, perché è logico che non offriamo alle aziende una community indistinta di persone con le quali interagire, ma abbiamo target diversi a seconda delle esigenze delle singole imprese. A questo punto ogni giorno le persone vanno sul loro profilo dove ricevono dei brief dalle aziende che possono decidere di interpretare e, di conseguenza, pubblicare una foto sul loro profilo Facebook. O in alternativa di non partecipare e aspettare una campagna che gli piace di più». Ma gli utenti non fanno solo pubblicità alle aziende. «Alterniamo alle campagne dei clienti, campagne di puro engagement che ideiamo noi con l’obiettivo di rendere i loro profili più carini e abituare i loro amici a seguirli perché pubblicano contenuti sempre molto creativi e interessanti». Non tutte le foto sono pubblicate, perché prima passano al vaglio dello staff: un centinaio di approvatori. «Per essere pubblicata sul profilo di una persona la foto deve ricevere l’approvazione di almeno 10 persone, così siamo certi che rispetti tutti i canoni. E per l’azienda diventa un modo molto sicuro per intercettare migliaia di persone».

Il modello di business di Friendz è semplice: «Vendiamo alle aziende campagne pubblicitarie. Parte degli introiti li giriamo agli utenti, che ogni volta che hanno una foto approvata guadagnano dei crediti spendibili nei nostri store, mentre un’altra parte diventa tutto margine di guadagno per noi». In pratica i soggetti scaricano la app, iniziano ad essere profilati dal team, a quel punto iniziano a ricevere sul proprio profilo le varie campagne dalle aziende e decidere se parteciparvi. Se lo fanno, scattano e pubblicano le foto seguendo le indicazioni e, una volta pubblicata la foto, ricevono dei crediti – da 0 a 250 – che variano in base a dei parametri come il numero di like, di amici, la qualità della foto e così via. I crediti alla fine vengono trasformati in buoni e-commerce – con un'equivalenza diretta di 1 credito = 1 euro – spendibili su Amazon, Feltrinelli, Ryanair, TicketOne e altri shop online.

Ad oggi il meccanismo non va decisamente male visto che l’azienda pensa di arrivare nei prossimi mesi a 20, in totale, tra dipendenti e soci e aspira a raggiungere il milione di euro di fatturato nel 2017.
«Il motivo per cui Friendz piace tanto alle aziende è certamente la community, la reattività e la genuinità che gli utenti che usano la nostra app riescono a mettere nelle campagne che fanno per i nostri clienti» aggiunge Cecilia Nostro: «Si è sviluppata una community con un forte ingaggio, per cui le aziende riconoscono nel community management che facciamo sulle nostre frequenze un gran valore, completamente diverso dall’affezione ai brand che vedono per loro. È un po’ come se ci chiedessero di prestare la nostra community per attivare la loro».

Per il futuro pensano a lanciare nuove linee di business, fare progetti più strutturati e rivoluzionare un po’ anche la user experience dell’app e il modo in cui si intrattengono gli utenti. Cecilia Nostro e gli altri del team vivono tutti (o quasi) in una «friends business». «Siamo in nove a vivere insieme in questa
casa molto grande, che è anche la sede dell’ufficio: una scelta che ha sicuramente portato valore aggiunto alla nostra azienda. In fin dei conti il nostro è un modo proprio di concepire le giornate che va oltre al momento lavorativo: è un’avventura e vivere insieme permette un confronto continuo. Non c’è una linea retta tra quando lavoriamo o prendiamo una birra, spesso ideando nuovi prodotti».

Un difetto di questa startup? La scarsa parità di genere, con 14 uomini e 3 donne nel team totale. «Dal lato tecnico effettivamente le figure maschili sono molte di più. Però le nostre tre donne valgono almeno il doppio! Ma in quanto unica donna tra i fondatori, non mi sono mai sentita diversa dagli altri. Siamo quattro grandissimi amici con una fiducia incredibile nella persona e nelle competenze degli altri e questo prescinde dal sesso».

 Marianna Lepore

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