Flessibilmente giovani: la teoria dei giochi applicata al mercato del lavoro di oggi

Sofia Lorefice

Sofia Lorefice

Scritto il 28 Feb 2013 in Interviste

Sulla bilancia della «flexicurity» oggi in Italia il piatto della flessibilità pesa più di quello della sicurezza. Ad aggravare la situazione ci si mette anche il calendario incerto della legge 92/2012: con la caduta del governo e la fine anticipata della legislatura alcuni capitoli fondamentali della riforma Fornero rischiano di restare in sospeso e di finire in un nulla di fatto tra revisioni e ritardi nei decreti attuativi.
Eppure in questo momento di crisi la domanda di politiche attive per il lavoro è più che mai alta. Proprio sulla necessità di politiche attive nel sistema del welfare italiano fa il punto Sonia Bertolini, 43 anni, docente di sociologia del lavoro alla facoltà di Scienze politiche dell'università di Torino e autrice del libro Flessibilmente giovani uscito pochi mesi fa con la casa editrice il Mulino.

Perché in Italia la flessibilità è spesso sinonimo di precarietà?

Il lavoro flessibile è stato introdotto in Italia in maniera selettiva, rinforzando la segmentazione del mercato del lavoro ed ha colpito alcuni gruppi sociali nello specifico: i giovani e le donne. Avrebbe dovuto costituire una fase di transizione nel percorso di inserimento di un giovane nel mondo del lavoro, invece in Italia non è avvenuto questo: per i giovani i percorsi lavorativi concepiti come transitori si prolungano per anni. Si crea così il circolo vizioso della precarietà. La «fine del posto fisso» ha prodotto importanti conseguenze culturali e strutturali, non sempre previste e sulle quali non si è ancora riflettuto abbastanza. Nel mio libro ho scelto di analizzare l’impatto dell’introduzione delle forme di lavoro atipiche sulla relazione di lavoro: le nuove forme di lavoro a termine possono far nascere nuove possibilità di opportunismo tra datore di lavoro e lavoratore. La scadenza del contratto può, infatti, innescare dei giochi che vanno al di là di quello che c'è scritto nel contratto.
Perché ha scelto di usare la teoria dei giochi per interpretare gli esiti dei percorsi lavorativi?

Con qualche aggiustamento la teoria dei giochi ben si presta ad interpretare le relazioni di lavoro a termine: si presuppongono infatti due attori che abbiano interessi in parte convergenti e in parte divergenti. I due possono scegliere se cooperare o venire meno agli accordi. Gli esiti di ogni scelta sono strettamente connessi alla scelte compiute dall'altro attore. Ogni “giocata” può corrispondere ad un rinnovo contrattuale o a un’interruzione dello stesso.
Un esempio?

Il datore di lavoro potrebbe promettere di rinnovare il contratto al lavoratore, chiedendogli in cambio un impegno che va oltre quello previsto contrattualmente, per esempio di svolgere compiti non previsti o di fermarsi a lavorare più ore. Il problema nasce dal fatto che il lavoratore che decida di accettare lo fa in un momento precedente a quello in cui il datore di lavoro deciderà se rinnovargli o meno il contratto, ovvero, solo in un momento successivo il lavoratore scoprirà se i termini della promessa sono stati rispettati o meno. La stessa cosa potrebbe farla il lavoratore, soprattutto se possiede un livello di professionalità elevata.
Nella seconda parte del suo libro spiega come il lavoro atipico sia per sua natura eterogeneo: quanto pesa, per esempio, la differenza di genere?

Gli effetti del lavoro flessibile dipendono dalle variabili che entrano in gioco. Rispetto al genere non vale l'idea diffusa che il lavoro flessibile sia più conciliabile con la vita e i progetti delle donne rispetto a un impiego stabile. Le ricerche mostrano che spesso le donne che lavorano con contratti flessibili si trovano più in difficoltà di altre perché i contratti a scadenza le obbligano a riprogrammare l'organizzazione famiglia-lavoro ogni volta che intraprendono un contratto nuovo. Eppure qualche forma positiva si intravede con i contratti di collaborazione. Quando vengono usati in maniera corretta offrono margini di conciliazione utili.
Come lei sottolinea già nel titolo del libro, la flessibilità riguarda soprattutto i giovani. Perché nel nostro paese un 30/35enne viene considerato giovane? Non è così nel resto d'Europa.
Questo in parte avviene perchè i forti legami familiari vengono spesso richiamati come forma di protezione in assenza di adeguate riforme del sistema di welfare state e delle politiche sociali. La flessibilizzazione del mercato del lavoro riduce ulteriormente la propensione all’autonomia abitativa, come mostrano le analisi dei dati delle forze di lavoro nel mio volume. Le conseguenze della tardiva transizione possono essere gravi: lasciare tardivamente la casa dei genitori innesca un ritardo anche nelle altre transizioni, con ripercussioni che possono essere molto pesanti per la società e il suo sviluppo, come la bassa fecondità.
Quali condizioni consentono ai lavoratori parasubordinati di aumentare il proprio valore sul mercato del lavoro?

Dipende dai giochi che si innescano tra datori di lavoro e lavoratori: in certi casi si promuove la crescita del lavoratore. Altre volte no. La flessibilità ha effetti diversi sui soggetti a seconda, per esempio, del titolo di studio. In Italia il sistema del welfarestate non è mai stato riformato, e con esso quello degli ammortizzatori sociali. I giovani si appoggiano alle famiglie di origine mentre sono alla ricerca del lavoro desiderato. Quelli che dispongono dei fondi necessari per provare diverse esperienze di lavoro, pur attraverso percorsi molto faticosi, possono sperare di affermarsi. Per chi invece ha titoli di studio bassi e una scarsa protezione della famiglia di origine è tutto più difficile.
Quali politiche potrebbero riformare il lavoro valorizzando la flessibilità?

In Italia mancano le politiche attive. O meglio, in parte ci sono ma sono portate avanti in modo poco efficace. Ciò che manca di più è da un lato l’orientamento allo studio e al lavoro, dall’altro sono gli strumenti per favorire la socializzazione agli ambienti di lavoro cioè il passaggio del giovane dall'ambiente universitario a quello lavorativo. In questo senso bisognerebbe investire di più su un rapporto forte tra istituti di formazione e mondo delle imprese.
Ha parlato di carenza delle politiche attive in Italia. Cosa pensa delle soluzioni previste dalla riforma Fornero? E dell'introduzione della MiniAspi, e dell'una tantum per i parasubordinati?

La nuova riforma del mercato del lavoro rischia di ridurre le protezioni di coloro sulla cui sicurezza lavorativa e sul cui reddito poteva contare il resto della la famiglia in Italia, i maschi adulti procacciatori di reddito, mettendo indirettamente in discussione il cosiddetto sistema male breadwinner. Se oggi si decide di eliminare quella protezione, occorrerebbe al contempo muoversi verso un nuovo modello. Un modello che investa pesantemente nell’inserimento dei giovani e delle donne sul mercato del lavoro. E su questo la riforma non incide più di tanto: la MiniAspi, sussidio per chi rimane senza lavoro dopo un contratto a tempo determinato di tipologia subordinata, non appare sufficiente come protezione. Occorrerebbe sostenere l'occupazione dei giovani affinché diventino il prima possibile indipendenti e magari anche capaci di sostenere i loro genitori. Inoltre servirebbero politiche di conciliazione per incentivare la partecipazione continua delle donne al mercato del lavoro. Ma questo è un cambiamento molto forte in un Paese che in Europa ha la più elevata età media di uscita dalla famiglia di origine e dove ancora è molto radicata l’idea che nei primi anni di vita del bambino sia esclusivamente la mamma a doversi occupare di lui. Se simili provvedimenti non saranno presi il sistema ne uscirà troppo disequilibrato. E un sistema in bilico tende sempre all’instabilità sociale.

Sofia Lorefice


Per saperne di più su questo argomento leggi anche gli articoli:
Riforma del lavoro inutile senza quella degli Stage
- Riforma del lavoro approvata e adesso che succede?
- Abolire gli stage post formazione: buona idea ministro, ma a queste condizioni

E anche:
Interinali, 226mila sono under 30 «Buona flessibilità e diritti» garantisce Assolavoro
- Riforma del lavoro: ecco punto per punto cosa riguarda i giovani
- Università come agenzie per il lavoro a costo zero: una deriva da scongiurare

Community