Donne ed economia, la sfida della parità di genere

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 12 Set 2017 in Approfondimenti

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Sei ragazze che reggono l’ombrello a sei relatori uomini durante un dibattito pubblico a Sulmona. L’immagine risale a un paio di mesi fa: è rimbalzata sui giornali estivi come ennesimo esempio di quanto il divario di genere sia ancora forte nella nostra società. Un divario che si manifesta soprattutto nelle posizioni professionali di vertice.

E fra i settori in cui risulta più evidente c’è l’economia. Una materia che non rientra a pieno titolo nell'area Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) - di cui la Repubblica degli Stagisti si è occupata nei precedenti approfondimenti - ma che di fatto ne discende. Nel concetto di "science" della National Science Foundation, infatti, confluiscono non solo le scienze naturali ma anche quelle sociali, come appunto l'economia, ma anche le scienze politiche o la psicologia.  

E l'economia ha sicuramente in comune con le materie Stem il problema del divario di genere. Anche se qualche passo avanti comincia a intravedersi. Come ad esempio la nomina al vertice della Società italiana economisti di Annalisa Rosselli, prima donna a ricoprire questa carica.

«In Sie abbiamo una commissione di genere e stiamo cercando di dare un contributo per introdurre il bilancio
 di genere nelle università e per dare spazio alla parità nelle cariche». È questo uno degli impegni che si è assunta la neopresidentessa, già docente ordinaria presso la facoltà di Economia dell’università Tor Vergata e componente dell’International Association for feminist economics.


«A partire dagli anni Novanta noi donne abbiamo cominciato a denunciare le associazioni scientifiche solo maschili, le cosiddette “caserme”.
Solo negli ultimi anni le cose hanno iniziato a migliorare», sostiene Rosselli. Basti pensare alla nomina di Christine Lagarde a capo del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Ma la mentalità è difficile da cambiare. Lo scorso giugno sono stata invitata alle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia: mi indicavano il posto visto che ero l’unica donna; il rapporto uomini/donne in platea era 1/20-30. È un mondo maschile, proprio per questo la presenza femminile potrebbe essere determinante, così come negli asili ci dovrebbero essere dei maestri maschi».

La commissione di genere Sie effettua periodicamente delle indagini tra i propri soci per analizzare l’evoluzione della professione in una prospettiva di genere. Secondo il Rapporto 2016 “Uno sguardo di genere”, in Italia le dottorate in Economia sono più degli uomini (51,4%), eppure il personale docente di sesso femminile ammonta solo al 36%, ovvero a 1.749 donne su un totale di 4.784 docenti in ruolo. In particolare, sono donne solo poco più di uno su cinque tra i docenti ordinari e poco più di un terzo tra gli associati – nonostante all'inizio della carriera accademica le donne siano pari al 49% dei ricercatori confermati e al 44% dei ricercatori a tempo determinato.

A livello gerarchico, per le economiste si manifesta la classica struttura piramidale, con una bassa percentuale di donne al vertice della carriera accademica (17%), quindi il 38,5% nella fascia intermedia e il 44% per cento nella fascia più bassa di docenza. Tra i motivi del mancato avanzamento di carriera, c’è la difficoltà di conciliare vita privata e professionale e dedicare il tempo necessario alla ricerca: sei donne su dieci dichiarano che gli impegni familiari hanno avuto un effetto negativo sulla loro progressione di carriera.

Nelle iscrizioni universitarie alle facoltà economiche il gap di genere non è così evidente. Dei 9.831 immatricolati nella classe di laurea in Scienze economiche (anno accademico 2015/2016) circa quattro su dieci erano donne.

Anche perché, nonostante i tempi difficili, la laurea in Economia rappresenta ancora un buon passpartout. Oltre all'università, infatti, sono tanti i contesti che richiedono una formazione economica: banche, assicurazioni, istituti di recupero crediti, studi commercialistici, enti pubblici e privati. Molteplici i possibili ambiti di impiego: amministrazione, management, contabilità, ricerca e selezione del personale, marketing e comunicazione, turismo, finanza. Tra le nuove figure, spiccano quelle del project manager, che gestisce operativamente i progetti; del brand manager, che sviluppa progetti di marketing destinati a far crescere specifici prodotti; l'assistance manager, assistente di direzione in un'impresa; e il project risk manager, che cura la gestione dei rischi per le aziende.       

«Il vantaggio di studiare l’economia è che offre una grande gamma di sbocchi professionali, dal mondo della ricerca a quello della finanza e delle istituzioni internazionali», conferma alla Repubblica degli Stagisti Veronica Guerrieri, ricercatrice e docente di Macroeconomia presso l’università di Chicago Booth School of Business, con all'attivo una laurea in Bocconi e un PhD al Mit (Massachusetts Institute of Technology). 

Lo scorso anno l'economista livornese ha ricevuto il prestigioso Bernacer prize for european economists, destinato al migliore economista europeo under 40 nei settori della macroeconomia e finanza, grazie alla sua ricerca sulle origini delle crisi finanziarie e, in particolare, sul funzionamento di mercati finanziari in cui alcuni investitori hanno fonti di informazione privilegiata rispetto ad altri e cercano di sfruttarle a scopo speculativo.

Anche negli Stati Uniti d’America si percepisce il divario di genere. «Io insegno sia agli studenti di MBA che agli studenti PhD e in entrambi I casi, il numero di donne non supera il 30 per cento degli studenti. Tra i colleghi, il rapporto è ancora più basso. Nonostante ciò» dice l’economista « io non mi sono mai sentita discriminata. Certo ci sono delle sfide nella vita che solo le donne devono affrontare, come la maternità – io ho due bambine bellissime – e talvolta ho l’impressione che un ambiente lavorativo prevalentemente maschile non lo apprezzi a pieno». Conciliare la carriera con la vita privata, soprattutto quando ci si allontana dagli affetti e se ne perde il supporto quotidiano, non è facile, e rappresenta una delle grandi sfide che la società di oggi deve affrontare per poter superare il gap di genere.

Rossella Nocca

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