Specializzandi sanitari non pagati, arriva un disegno di legge per l'indennità

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 31 Lug 2023 in Notizie

abilitazione biologia chimica diritti costituzionali gendergap gratis non è lavoro lavoro dei sogni lavoro gratuito lavoro in ospedale medici Medicina professioni sanitarie proposta di legge Psicologia servizio sanitario nazionale veterinaria

Uno stipendio di 1650 euro al mese per i medici specializzandi, zero per tutti gli altri laureati che si specializzano in area sanitaria non medica. Studenti-lavoratori che spesso si devono anche pagare le tasse universitarie o la retta delle scuole private. 

Per mettere fine alla disparità di trattamento che subiscono coloro che svolgono tirocini professionalizzanti di area sanitaria non medica, lo scorso marzo è stato depositato un disegno di legge, il numero 583, il cui primo firmatario è il senatore del Pd Andrea Crisanti, microbiologo e volto noto della tv ai tempi della pandemia. Lo scopo è quello di prevedere per tutti i laureati in ambito sanitario, anche i non medici, un compenso che ripaghi delle ore di attività in ospedale una volta che ci si è abilitati.

Il provvedimento riguarda circa un migliaio di specializzandi di area sanitaria all'anno, anche se il numero esatto non è uguale da un anno all'altro. In base al decreto 716 del 2016, sono le singole università a indire di volta in volta i posti a bando per le scuole di specializzazione a seconda del fabbisogno riscontrato. Il budget da stanziare per attuare la legge è di 15 milioni di euro. 

A sostenere insieme a Crisanti la battaglia per un compenso a tutti i tirocinanti in specializzazione sanitaria c'è l'associazione di psicologi Libera associazione di psicologia Lapsi: gli psicologi sono infatti una delle categorie escluse dal beneficio di una retribuzione (con perfino il divieto di ricevere una indennità mensile!) durante il tirocinio di specializzazione. Con loro ci sono «biologi, chimici, specialisti in fisica medica, veterinari, farmacisti ospedalieri» elenca Elisa Vassallo [nella foto], consigliera dell'associazione all'incontro 'Specializzazioni e disuguaglianze, 20 anni di disparità' che si è tenuto qualche tempo fa a Roma. 

Fino a non molto tempo fa, nemmeno i medici specializzandi venivano pagati a dir la verità. Solo nel 2005 con la legge 266 l'Italia si è adeguata all'Europa introducendo un compenso per i tirocini professionalizzanti che consentono di entrare, grazie alla specializzazione, nel Servizio sanitario nazionale. Da allora «si è creata una disuguaglianza inaccettabile per cui può accedere alla scuola di specializzazione solo chi se lo può permettere» sottolinea Crisanti. «Quando ero all'università di Padova» [dove insegnava al dipartimento di Medicina Molecolare, ndr] «ho toccato con mano il problema vedendo i biologi che venivano a chiedermi borse di studio». 

È una «grandissima ingiustizia da sanare», dice Crisanti. Durante i tirocini di tipo sanitario «a livello pratico non c'è differenza in termini assistenziali e giuridici tra le varie categorie di laureati» prosegue: «All'epoca del Covid abbiamo visto poi come le specializzazioni non mediche siano un pezzo importante del Servizio sanitario nazionale: grazie a loro i pazienti ricevono i farmaci e utilizzano strumentazioni che funzionano». In ballo ci sono tre articoli della Costituzione: «Il numero tre, che garantisce l'uguaglianza di tutti i cittadini, il 34, che tutela i meritevoli e li incoraggia a raggiungere il più alto grado di istruzione, e infine il 36, per il lavoro adeguatamente retribuito». 

Per i biologi, come per gli altri laureati di area sanitaria, il percorso che precede l'esercizio della professione è composto da varie tappe. Dopo la laurea triennale e specialistica c'è il tirocinio che porta all'abilitazione, e poi la scuola di specializzazione, obbligatoria per accedere alla dirigenza nel Servizio sanitario nazionale. Fino a lì «può ancora considerarsi formazione» sottolinea Vassallo, e si può chiudere un occhio sulla mancanza di rimborso. Non dopo però, una volta ottenuta l'iscrizione all'albo.

«Se tutto va bene si arriva a iniziare la scuola di specializzazione a venticinque anni» ricorda Federica Serratore, consigliera del II municipio di Roma in quota Pd: «A quella età c'è la spinta a volersi costruire un futuro, ma non tutti hanno una famiglia che sostiene economicamente fino a trent'anni!». Il trasferimento, nel caso in cui si scelga una scuola di specializzazione fuori città, è lo scoglio principale, come sottolinea anche Luigi Manco dell'associazione nazionale di fisica medica e sanitaria Aifm: «Nei quattro anni siamo assorbiti dall'attività ospedaliera, e in più la fondamentale attività di ricerca di solito si fa nel tempo libero». Senza altre possibilità di introiti, le spese dei fuori sede ricadono tutte sullo specializzando e la sua famiglia.

I più colpiti, evidenzia Crisanti, «sono non solo i fuori sede, ma anche le donne, che rappresentano l'80 per cento degli specializzandi in professioni non mediche». Aggiungendo un ulteriore tassello al gender gap salariale per le donne che vorrebbero anche diventare madri: «Si è visto che le donne fanno figli se possono lavorare e usufruire di servizi» afferma Elisa D'Elia, senatrice Pd e cofirmataria della legge. «Questi ostacoli vanno rimossi perché incidono direttamente sulla vita delle persone». 

«Chiediamo soldi allo Stato non per fare le vacanze» ironizza Seydou Sanogo della Renasfo, rete nazionale specializzandi in Farmacia ospedaliera: «La scuola di specializzazione non è un capriccio bensì un obbligo, e solo chi ha le possibilità economiche può affrontare il percorso, a prescindere dalle capacità che abbia».

Insomma le passioni professionali in campo sanitario non sono tutte uguali, e quella di aspiranti biologi, psicologi, veterinari, farmacisti, chimici «non vale quanto» quella degli aspiranti medici, è il rammarico di Luca Torlai, rappresentante del Consiglio Universitario Nazionale. Torlai sottolinea l'ingiustizia della differenza con il trattamento economico a favore degli specializzandi medici, quando invece garantire un'entrata a tutti i sanitari «darebbe il segno dell'importanza del lavoro svolto». Oltre al fatto che «condizioni adeguate di lavoro si tradurrebbero in un migliore servizio sanitario per tutti i cittadini» commenta Vassallo. Le speranze di arrivare al traguardo sono concrete benché al momento il disegno di legge non risulti calendarizzato per essere oggetto di esame. «Abbiamo però trovato interlocutori anche nella maggioranza» rassicura Crisanti, per un provvedimento che si profila dunque come bipartisan. 

Ilaria Mariotti 

Community