Coronavirus, sospeso anche il servizio civile: ma 3.300 volontari – su 33mila – hanno scelto di continuare

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 21 Mar 2020 in Approfondimenti

Coronavirus politiche giovanili servizio civile

Lo scorso 10 marzo il Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, per effetto di quanto disposto il giorno prima dal decreto del presidente del Consiglio per il contenimento dell’emergenza Covid-19, ha comunicato con una circolare «la sospensione dei progetti di servizio civile sull’intero territorio nazionale e la conseguente sospensione dal servizio degli operatori volontari» fino al 3 aprile 2020. 

I giorni di sospensione verranno considerati come «giorni di permesso straordinario per causa di forza maggiore», pertanto saranno conteggiati al fine della ricezione del rimborso mensile previsto per i volontari.

Qualora, come altamente probabile, le misure restrittive fossero prorogate oltre il 3 aprile, il Dipartimento valuterà «una interruzione dei progetti ed una successiva eventuale riattivazione, laddove ce ne fossero le condizioni, con il recupero del periodo di interruzione». Sospese anche tutte le partenze all’estero degli operatori volontari, nonché i subentri e gli avvii in servizio. 

Il Dipartimento ha tuttavia lasciato agli enti, previa verifica delle adeguate condizioni di tutela dei volontari, e ai volontari stessi, la possibilità di valutare la prosecuzione delle attività per «progetti di particolare e rilevante utilità, comunque funzionali alla situazione di emergenza in corso», come quelli incentrati sull’assistenza a persone anziane e disabili per consegna alimenti, farmaci e generi di prima necessità o disbrigo di pratiche amministrative. In tal caso, gli enti sono tenuti a inviare comunicazione della mancata sospensione alla mail emergenza [chiocciola] serviziocivile.it, specificando anche l’eventuale scelta di far svolgere il servizio agli operatori da remoto.

I volontari che, di comune accordo con gli enti ospitanti, hanno deciso di proseguire la loro esperienza sono 3.313, di cui 3.154 in Italia, sui 33.074 attivi alla data del 10 marzo (ultimo aggiornamento: 20 marzo). Dei 3.154 volontari in Italia, il 25 per cento è attivo in Lombardia, seguono Toscana, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. Ad Sud spicca invece la Campania (10 per cento). 

«Questi giovani rappresentano una risorsa straordinaria e formidabile» commenta Flavio Siniscalchi, Capo del Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale «in un momento in cui una delle criticità maggiori è la mancanza di risorse umane: per questo li ringraziamo ogni giorno per l’impegno che stanno portando avanti».

Qualora, dopo la scadenza del 3 aprile, si procedesse a uno stop dei progetti, l’intenzione del Dipartimento è quella di tenere aperta la possibilità, per gli enti e per i volontari, di scegliere di andare avanti. 
«Ci auguriamo che il numero di volontari attivi possa significativamente aumentare» precisa il Capo Dipartimento «e pertanto stiamo cercando di sensibilizzare gli enti in tal senso e stiamo ragionando sulla possibilità di rimodulare i progetti, rendendoli più funzionali all’emergenza in corso».  

In determinati contesti, la presenza dei volontari è risultata particolarmente preziosa. In alcuni ospedali della Toscana, ad esempio, i volontari hanno fornito assistenza presso l’accettazione dei pronto soccorso, decongestionandoli e facilitando le operazioni di soccorso.  

Per quanto riguarda il fronte estero, al momento sono ancora attivi 159 volontari dal Sud America all’Africa, dai Balcani all’Asia. Tuttavia «stiamo incentivando il rientro, in quanto i paesi si stanno orientando verso la restrizione più totale e diventerebbe complicato gestirli», precisa Siniscalchi. 

La sospensione del servizio civile si è resa necessaria per tre principali motivi. «Innanzitutto i volontari non sono professionisti e dunque non sono preparati per situazioni emergenziali» spiega Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile e di Amesci «poi gli enti non sono dotati di dispositivi di sicurezza e infine, tendenzialmente, i progetti non vertono su situazioni emergenziali»

Nonostante ciò, oltre 3mila giovani non si sono tirati indietro. Tra le associazioni che registrano ancora volontari attivi, c’è l’Arci - Servizio civile (Asc), con 154 ragazzi operativi su 1.788 (8,6 per cento).

«Accanto al senso di responsabilità degli operatori e delle organizzazioni che hanno messo la salute al primo posto» commenta Licio Palazzini, presidente dell’Asc nonché della Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc) «ci preme sottolineare la disponibilità dei tanti giovani che, volontariamente, hanno deciso di fare la loro parte e di continuare la propria esperienza, ad esempio in pubbliche assistenze, misericordie e Caritas attraverso attività di socialità e di sostegno alle attività pubbliche». 

Tra le altre associazioni c'è Amesci, con 65 volontari su 2mila (3,2 per cento). Diciannove i progetti attivi, di cui quattro all’estero tra Spagna, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria e Serbia. Le attività prevalenti, in Italia, riguardano al momento il supporto informativo ai cittadini e la distribuzione di beni di prima necessità. 

Un po’ a sorpresa, tra le associazioni che non hanno comunicato la prosecuzione di alcun percorso, c’è l’Associazione volontari italiani del sangue (Avis), in prima linea in questo momento di emergenza. «Abbiamo optato per questa scelta per tutelare la salute dei nostri 225 volontari. Vista la territorialità dei progetti ed essendo l’ente capofila localizzato sul territorio di Milano» spiega Antonella Auricchio dell’ufficio stampa «non avremmo potuto garantire la verifica delle condizioni necessarie per la prosecuzione delle attività, che comunque erano incentrate sull’ambito informativo e promozionale e non su quello assistenziale».

Secondo Enrico Maria Borrelli la situazione attuale impone una riflessione sul modo di utilizzare una risorsa come quella dei giovani volontari del servizio civile: «Giuseppe Zamberletti, il “padre” della Protezione civile, sosteneva l’idea di un potenziamento della formazione generale, che avesse carattere di protezione civile, dal primo soccorso alle situazioni di emergenza. E l’idea che in futuro in situazioni di bisogno si possa contare su un esercito di 50mila giovani, dopo che è venuta meno anche la leva obbligatoria, è verosimile e auspicabile, ma solo con una struttura preventivamente organizzata e con regole precise». 

Intanto l’emergenza sanitaria ha fatto sì che anche la scadenza del deposito annuale dei progetti per il bando 2021, inizialmente prevista per il 31 marzo, fosse prorogata (al 16 aprile). E il Forum servizio civile, nei giorni scorsi, ha scritto al Dipartimento per chiedere una ulteriore proroga fino al 31 maggio. 

Rossella Nocca

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