Incentivi fiscali per riportare i ricercatori in Italia, nuova proposta di legge: ma non tutti sono d'accordo

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 19 Nov 2016 in Approfondimenti

Expat ricercatori

In principio fu la legge Controesodo, provvedimento varato nel 2010 con l'intento di arrestare l'emorragia di cervelli in fuga e attirarli di nuovo in patria mettendo sul piatto un sostanzioso sconto fiscale sul reddito, di circa l'80 per cento. Più di un lustro dopo – e molte vicissitudini nel mezzo – arriva in legge di stabilità una misura ancora tutta da confermare (il disegno di legge è al momento all'esame della commissione Bilancio alla Camera). L'articolo 22 sancirebbe l'abbattimento quasi totale delle tasse per chi esercita attività di ricerca o docenza all'estero e decide di trasferire la residenza in Italia: nel dettaglio, il 90 per cento dei compensi – derivanti sia da lavoro autonomo che dipendente – verrebbe escluso dal reddito, dal primo anno di trasferimento fino ai tre successivi.

L'obiettivo, si legge nel comunicato di Marco Fedi e Fabio Porta – deputati del Pd nella circoscrizione estero – è «rendere permanente la previsione volta a favorire il rientro di docenti e ricercatori». Ma per chiarire il contesto occorre fare un passo indietro. La norma iniziale – frutto sopratutto dell'impegno dei parlamentari Pd Guglielmo Vaccaro e Alessia Mosca – stabiliva che le under 35 laureate che avessero svolto una significativa attività lavorativa all'estero e intendessero rientrare per almeno cinque anni pagassero tasse solo su un quinto dei loro guadagni. Per gli uomini la legge era un po' meno generosa, con uno sconto del 70% (anziché 80). Una nuova regolamentazione che ha avuto un qualche effetto, tanto che dal 2011 alla fine dello scorso anno si contavano almeno diecimila rimpatri.

Poi, agli sgoccioli del 2015, il caos. Dopo la proroga delle agevolazioni fino al 2017, a settembre il governo decide di eliminare i limiti di età e ridurre l'obbligo di permanere in Italia da cinque a due anni, ma intaccando pesantemente l'entità dello sconto: gli emolumenti tassabili passano infatti al 70 per cento, questa volta senza distinzione di sesso. Nel contempo si abroga la precedente normativa su cui fino a quel momento aveva contato chi avesse deciso di trasferirsi. Scoppia la protesta, nascono petizioni. Ma a distanza di un anno ecco spuntare un nuovo progetto che potrebbe davvero fare la differenza per chi è occupato all'estero come ricercatore: perché in pratica la promessa è consentire una retribuzione ai limiti dell'esentasse.


La misura abbozzata definisce un regime parallelo anche per «i lavoratori con una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione o con ruoli direttivi e che, non essendo stati in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti, trasferiscano la residenza nel territorio dello Stato e si impegnino a rimanervi» è scritto nel comunicato. In questo caso la riduzione Irpef sarebbe del 50 per cento, con «margini per emendamenti che alzino la percentuale visto che precedentemente la quota era arrivata al 70» scrivono i deputati. E cosa succederà a chi sta usufruendo della riduzione del 30 per cento dell'imponibile introdotta con la legge di stabilità 2015? I deputati dem spiegano che chi è rientrato nel 2016 e ha optato per il nuovo regime, «per quattro anni avrà diritto a una riduzione dell’imponibile nella più elevata misura del 50 per cento».

Eppure il mondo della ricerca non sembra convinto. «Non credo che gli sgravi fiscali siano lo strumento migliore per incentivare il rimpatrio dei cervelli» commenta con la Repubblica degli Stagisti Giuseppe Montalbano [al centro, nella foto in alto con alcuni colleghi], segretario Adi, associazione dei dottori di ricerca. «La strada degli incentivi ad personas crea disparità con chi lavora e fa ricerca in Italia, e mette in secondo piano la necessità di interventi strutturali». L'accusa è al «sottofinanziamento di università e ricerca» e alle scarse prospettive di carriera delle migliaia di precari della ricerca perché «più del 93 per cento non arriverà a posizioni di ruolo, come mostrato nella VI indagine annuale Adi». Secondo Montalbano serve altro per «rendere attrattivo il rientro da parte di chi ha potuto beneficiare all'estero di risorse, laboratori, condizioni di lavoro serene e prospettive di carriera». Azioni come «un piano straordinario di reclutamento, abolizione degli assegni di ricerca e introduzione di un contratto unico, rifinanziamento dei fondi per la ricerca ai livelli pre-2008 e delle borse di dottorato».

Sulla stessa linea Maria Carolina Brandi [nella foto a destra] dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e politiche sociali del Consiglio nazionale ricerche. «È una strada già tentata da anni e che non ha dato alcun risultato», prova ne sia che «secondo l'Istat nel 2014 si sono cancellati per emigrazione all’estero circa 20mila laureati, mentre si sono iscritti solo circa 7mila laureati provenienti dall’estero».

La Brandi cita altri dati pubblicati sulla rivista Nature nel 2012 secondo cui «nel periodo 1996-2011 per l’Italia i ricercatori in ingresso sono pari al 3 per centro contro il 16 dei flussi in uscita: in Europa le percentuali sono in pareggio o positive, oppure in perdita assai più lieve, come per la Spagna». La decisione di andarsene scatta perché qui «ci sono poche occasioni di lavoro qualificato e gli investimenti in ricerca, sia pubblica che privata, e in alta tecnologia sono troppo pochi».

Un peccato perché una volta all'estero «i laureati italiani trovano facilmente lavoro, a testimonianza del fatto che, nonostante la continua riduzione di personale docente e di risorse economiche, il sistema universitario mantiene un buon livello». Si può uscirne solo destinando nuovi fondi alla ricerca, «al momento stabili all’1,29 per cento del Pil». La riduzione delle tasse sarà inutile di fronte a «questo disinteresse dello Stato e delle imprese per la scienza e la tecnologia: dottori di ricerca e laureati italiani continueranno a emigrare e restare all’estero, dove ottengono posti di lavoro e fondi».

Ilaria Mariotti

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