Come funziona lo stage in Europa: viaggio in Germania e Olanda

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 11 Lug 2012 in Approfondimenti

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Se mancano i dati di un problema, è come se quel problema non esistesse - ed è quindi difficile, quasi impossibile, affrontarlo. Per questo la Commissione Ue ha da poco pubblicato un maxi report che, nazione per nazione, misura la qualità dei percorsi di stage in Europa. Dopo il focus sul report italiano, la Repubblica degli Stagisti va a spulciare le pagine dedicate alla prima della classe, la Germania, e ai vicini Paesi Bassi.
Guardando al caso tedesco si ha la conferma di come la crisi economica sia solo in piccola parte una spiegazione allo stato di sfruttamento degli stagisti.

Come noto, in Germania il tasso di disoccupazione giovanile è ben al di sotto della media europea, fermo al 9%. Eppure dall'indagine Ue, curata dal Bibb - l'Istituto federale per la formazione professionale - emerge che essere stagisti nel Paese locomotiva d'Europa non è affatto semplice. Innanzitutto manca una vera e propria legge sul praktikum
e le norme vengono attinte da testi diversi, a seconda dei casi. 

Per tutti gli stage - e prima ancora per tutti i rapporti di impiego - vale la disciplina sugli orari lavorativi, a cui per i tirocini curriculari si sovrappongono i vari regolamenti scolastici o universitari. Che però in genere definiscono solo la durata del percorso e poco altro. «Mancano altre regole precise
» si scopre nel report: «gli accordi possono essere conclusi sia per iscritto che oralmente, il rimborso è discrezionale e non ci sono ferie». Non c'è nemmeno l'obbligo di mettere nero su bianco il progetto formativo.

Gli
stage inseriti in percorsi di formazione professionale sono poi disciplinati dalla legge BBiG, secondo cui a qualsiasi giovane «impiegato per acquisire esperienza professionale» spetta un adeguato rimborso. Il problema è che manca una definizione di «adeguato» e si va un po' a braccio: più alto è il livello di formazione, e quindi l'apporto che lo stagista può dare, più l'emolumento dovrebbe crescere. Fino a raggiungere, nei settori più gettonati, cifre da stipendio vero e proprio, di circa 2mila euro lordi al mese. Gli autori però non condannano a priori i tirocini gratuiti: talvolta, lasciano intuire, l'azienda beneficia poco dello stage rispetto al giovane stesso, magari alle prime armi. In Germania la tipologia di tirocinio più comune è comunque il Duale Berufsausbildung, letteralmente «doppia formazione»: teorica nei luoghi della formazione e pratica in azienda. Quindi stage fatti da studenti, sia obbligatori che volontari, questi ultimi la stragrande maggioranza (riguardano ad esempio l'85% degli universitari e durano spesso sei mesi). Diffusi anche i percorsi post laurea: persino nella fascia 30-34 anni il fenomeno interessa il 17% del totale - solo una manciata di punti percentuali in meno rispetto alle classi più giovani.

Un aspetto positivo evidenziato dal report è che i dati sulla Generation Praktikum non mancano. L'argomento infatti è di grande interesse per i partiti politici, in gran parte convinti che, se non sono in grado di autosostenersi, gli stagisti costituiscono un peso per la società ed è quindi nell'interesse del Paese cambiare rotta. Per il momento però il 73% degli stage curriculari non è pagato, mentre per quelli volontari la soglia si abbassa al 56%, comunque molto alta. In merito alle cifre, quando è possibile parlarne, i dati medi sono discordanti: si va dai 540 euro mensili calcolati dalla Fondazione Böckler ai 640 euro della Confederazione Trade Unions tedesca. Il ministero del Lavoro ha pensato bene di dare il buon esempio e a tutti i suoi stagisti offre un rimborso mensile di 300 euro
, sul modello francese (che però prevede un rimborso minimo di 430 euro). Invitando, ma non obbligando, aziende e istituzioni a fare altrettanto.

A dispetto delle condizioni di stage tutt'altro che ottimali, i giovani tedeschi però sono molto soddisfatti di quello che imparano: per ben l'83% degli intervistati si è trattato di una
gavetta che valeva la pena di fare. Stando al report, un'iniziativa come Generaktion Praktikum, una sorta di equivalente austro-tedesco della Repubblica degli Stagisti, ha gioco relativamente facile: «in linea di massima il cattivo utilizzo di stage è l'eccezione e la maggior parte dei tirocini di fatto agevolano le transizioni scuola lavoro. Dal punto di vista della Germania» è la conclusione «sembra non esserci l'urgenza di una forte azione legislativa».  Saranno d'accordo le decine di migliaia di stagisti tedeschi e le poche realtà che lavorano per tutelarli? Certo rimane la consapevolezza, chiaramente espressa nel report, che l'assenza di un rimborso obbligatorio, di una documentazione scritta e di limiti temporali ben definiti sono tutti problemi che attendono una soluzione.

Spostandosi più a nord, nei ricchi Paesi Bassi, lo scenario in parte cambia, in virtà di una caratteristica quasi unica nel panorama europeo: nelle scuole superiori, soprattutto professionali, lo stage è prassi comune e gli stagisti sono spesso poco più che adolescenti. Le  recenti riforme dell'istruzione si sono fortemente ispirate al principio di coordinamento e continuità scuola-lavoro, con il risultato che oggi le transizioni appaiono «piuttosto agevoli, se confrontate con il resto d'Europa». Il tasso di disoccupazione anche qui è tra i più bassi d'Europa, meno del 9%; anche se, ad onor del vero, la qualità dei primi impieghi appare piuttosto scarsa.

Anche nei Paesi Bassi non esiste alcuna legge ad hoc. Soltanto i percorsi che si potrebbe definire "di riqualificazione" (per lo più destinati ad adulti, una minoranza) sono regolamentati nel dettaglio dal
Wet Educatie en Beroepsonderwijs - la legge sulla formazione professionale e l'istruzione in età adulta, appunto - del 1997. Ma come detto la tendenza è piuttosto quella di anticipare lo stage, fin dalle superiori. Negli istituti professionali anzi sono obbligatori e «occupano dal 20 al 60% di un programma di studio», si legge nel testo, curato ancora una volta dall'istituto Bibb. Nel 2010 ben 350mila ragazzi e ragazze tra i 16 e 20 anni hanno completato un tirocinio di questo tipo, ricevendo un rimborso in oltre la metà dei casi. Qualcuno si è anche preoccupato di calcolarne l'ammontare medio, nel lontano 2003, rivelando la cifra di 1,70 euro all'ora (che oggi l'inflazione farebbe salire a circa 2 euro, quindi un rimborso totale di circa 250 euro mensili per un impegno full time).

In compenso, più ci si prepara più si possono vantare dei diritti: ad esempio solo un sesto degli universitari di secondo livello ha lavorato gratis - ed è uno dei pochissimi dati a disposizione su questa categoria - mentre un buon 20% ha ottenuto una somma superiore ai 500 euro al mese. Nelle
università (a formazione scientifica o generale, 14 in tutto) come nei college (più orientati alla formazione professionale superiore, ben 44) «gli studenti in genere completano uno stage curriculare di circa nove mesi, durante il terzo anno di studi, allo scopo di acquisire esperienza sul campo. La tesi o il progetto finale di laurea è spesso frutto di questo tirocinio». A differenza di quelli post formazione, questi percorsi sono regolamentati, seppure non da un testo unico. Ad esempio è obbligatorio stilare un "contratto" tra le tre parti coinvolte - istituzione formatrice, soggetto ospitante e giovane - che espliciti contenuti, durata dello stage (la legge non pone limiti specifici) ed eventuali benefits. L'equivalente del nostro progetto formativo. Il giovane inoltre gode di un doppio cuscinetto di protezione: da un lato la scuola o università incarica un suo funzionario di vigilare sullo svolgimento della formazione; dall'altra aziende e organizzazioni devono dimostrare di possedere determinati requisiti di qualità. E vengono iscritte in un apposito registro. E per chi ha finito gli studi? Dalla parte di questi giovani ci sono solo alcune piattaforme online, come Stageplaza o Stagemarkt, che però spesso operano più come punti di incontro tra domanda e offerta di stage che come luoghi virtuali da cui affermare e diffondere i diritti dei giovani in formazione.
 
Annalisa Di Palo

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
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