Come cambia il mondo della consulenza, ora si apre ai laureati in materie umanistiche

Scritto il 05 Lug 2019 in Notizie

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Un corso accelerato di economia, finanza e organizzazione pensato per giovani che hanno un background di studi umanistico ma sognano la consulenza – un ambito professionale in netta crescita, che anno dopo anno offre sempre più opportunità di stage e lavoro e condizioni contrattuali e retributive molto migliori della media. Ma queste opportunità sono spesso riservate a chi ha lauree di tipo scientifico – Ingegneria in testa, ma anche Matematica, Statistica, Informatica... – le cosiddette “Stem” o tutt'al più, nell'alveo delle lauree umanistiche, quella più “di confine” e cioè Economia.

Bip, la più importante società di consulenza a matrice italiana – uno sviluppo impetuoso nell'ultimo decennio che l'ha portata ad avere oggi oltre 2.400 dipendenti, di cui più di 2mila in Italia, e sedi in Inghilterra, Spagna, Turchia, Brasile, Belgio, Svizzera, Stati Uniti, Emirati Arabi, Cile e Colombia – ha aperto le candidature per la seconda edizione del progetto BipBootcamp, un “programma intensivo di Business & Management Induction” con quindici posti a disposizione. Ad oggi sono già arrivate circa 150 application, ma c'è ancora tempo – fino a venerdì 2 agosto – per candidarsi.

stage lavoro bipbootcampI selezionati cominceranno il percorso formativo il 13 settembre a Milano: cinque settimane (una in più rispetto alla prima edizione) di corso intensivo al Politecnico di Milano – il Bootcamp è infatti realizzato in collaborazione con il MIP, che mette a disposizione spazi e docenti – cui fa seguito uno stage formativo in Bip e poi nella stragrande maggioranza dei casi l'assunzione in azienda.

«Ci rivolgiamo principalmente a giovani che a diciott'anni si sono innamorati di un percorso di studi senza avere un'idea chiara di quello che era il mondo del lavoro e poi, una volta laureati, si sono resi conto che i posti di lavoro “tradizionali” a cui quelle competenze davano accesso non soddisfacevano le loro ambizioni, e inoltre erano sempre meno numerosi» spiega Carlo Capé, AD di Bip: «Vogliamo intercettare coloro che hanno voglia di cambiare percorso professionale». Per la prima edizione del BipBootCamp, l'anno scorso, l'ufficio HR di Bip ha ricevuto complessivamente 175 candidature.

Portare in un'azienda che finora ha assunto quasi esclusivamente economisti e ingegneri una pattuglia di letterati e scienziati politici è un azzardo, ma «noi avevamo bisogno di persone un po' diverse dal solito, e loro avevano di un percorso professionale diverso dallo standard», dice ancora Capé: «una magica combinazione di obiettivi e intenti».

Il mondo della consulenza è del resto in un momento di profonda trasformazione: «Si sta evolvendo da un atteggiamento puramente tecnico a un atteggiamento più di visione» spiega Capé: «Nei progetti che in Bip seguiamo per i nostri clienti tutti gli elementi della consulenza passano da essere di breve termine e di tipo tecnico a essere di più di lungo termine, di prospettiva.
Per fare un esempio: un tempo facevamo il ridisegno dei processi, la riduzione dei costi, cavalli di battaglia “storici” della consulenza. Ci siamo accorti adesso che questi sono fatti tecnici: migliorano sulla carta, e magari anche nella realtà, le performance dell'azienda, ma non è detto che lascino soddisfatti i dipendenti dell'azienda, che sono quelli che lavorano sui processi, e nemmeno che accontentino pienamente il cliente. Bisogna dunque cominciare a lavorare su aspetti relazionali, psicologici, esperienziali dal punto di vista dei progetti».

stage lavoro carlo capé bipSta cambiando insomma la relazione dei consulenti con i propri clienti: «Non è più: ho vinto un progetto, lavoro col cliente per i prossimi tre, sei mesi» dice Capé: «Ora quando si vince un progetto si entra in relazione con un cliente con l'obiettivo di stabilire una partnership che duri anni, per aiutarlo a cambiare l'azienda, a farla diventare più sostenibile. E qui ci vuole una forma mentis non puramente tecnica, ma molto più visionaria. Per tutto questo i classici ingegneri – come il sottoscritto! – sono utilissimi, ma sono altrettanto utili persone che abbiano una preparazione più umanistica, più ampia». Ecco spiegato perché adesso più di prima un laureato in filosofia, o in lingue o in legge può trovare spazio in una società di consulenza manageriale.

Certo, però, non bisogna negare che alcune competenze chi ha fatto percorsi umanistici non le può avere: il “gap tecnico” è un tema rilevante. «Di solito non c'è un gap bensì proprio uno zero assoluto», scherza Capé, «nel senso che gli esami di economia non vengono fatti di solito al di fuori delle facoltà economiche».

Secondo l'AD di Bip il mestiere del consulente vede prevalere tre ingredienti, il primo: «intelligenza e buonsenso, cioè essere capaci in modo innato ad aiutare a risolvere situazioni: qui si tratta di una predisposizione naturale, abbastanza indipendente dalla preparazione accademica, e se vogliamo anzi facoltà di tipo umanistico-sociologico possono aiutare in questo senso». Il secondo ingrediente è «la capacità empatica e maieutica: andiamo ad affrontare clienti che ci chiedono aiuto, magari con soluzioni in qualche modo preconfezionate e già usate da altre parti, ma con la capacità di mettere il cliente in grado di tirare fuori la soluzione, senza che gliela imponiamo noi: e questa è una capacità ancora una volta di tipo psicologico e personale che prescinde dal corso di laurea».

E poi c'è, innegabilmente, la formazione tecnica, che è quella in cui si concentra il famoso gap. Ma la formazione tecnica, assicura Capé, «serve... ma fino a un certo punto. Le cose studiate all'università sono utili, ma non capiterà mai un cliente che ci chieda una cosa esattamente così come l'abbiamo studiata sui libri. C'è dunque un lavoro di studio continuo sui meccanismi produttivi delle attività di ciascun cliente, ogni consulente deve essere capace di focalizzare come funziona ogni azienda: se ho un cliente che produce sci, o che vende energia, dovrò studiare nello specifico come funzionano quei mercati”. Dunque sì, i laureati umanistici del BipBootCamp rispetto a questo terzo ingrediente partono con un gap: ma niente che non si possa colmare.

Nessun grande cambiamento nella seconda edizione del BipBootCamp rispetto alla prima – il tetto massimo di partecipanti che verranno ammessi è fissato anche quest'anno a 15 persone, e il costo è rimasto invariato, 1500 euro + Iva. Unica differenza, l'allungamento del periodo in aula da quattro a cinque settimane. «Dal punto di vista dei contenuti siamo stati molto soddisfatti» conferma Capé: «L'unica cosa su cui abbiamo voluto apportare un miglioramento è la “compattezza” del programma, forse eccessiva nella prima edizione. Perché uno può anche avere una super concentrazione però... il cervello umano ha una determinata capacità di ricezione. Il progresso sarà quindi, anche per le prossime edizioni, non tanto sui contenuti quanto sulla diluizione maggiore: vogliamo permettere alle persone di fare le cose con un po' più di calma, avere più tempo per lasciar “maturare” le nuove competenze. Non abbiamo troppa fretta: non ci corre dietro nessuno».

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