Riforma dei centri per l'impiego, reddito di cittadinanza come «occasione per rinnovarsi»?

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 30 Ott 2019 in Approfondimenti

centri per l'impiego Disoccupazione reddito di cittadinanza sussidi

Quando nel 2014 entrò in vigore Garanzia giovani, «per i centri per l'impiego fu uno stimolo a riorganizzarsi tornando a occuparsi di politiche attive per il lavoro. Oggi la stessa opportunità arriva dal reddito di cittadinanza». A dirlo è Marco Nocciolo, a capo della Direzione Lavoro della Regione Lazio aprendo la quarta edizione degli Employer's day, iniziativa della Rete europea dei servizi pubblici per l'impiego (PES Network) per offrire concrete occasioni di lavoro ai cittadini, e a Porta Futuro, principale centro per l'impiego di Roma, che si concluderà il 13 dicembre prossimo. Un'occasione per alcuni esponenti politici locali di fare il punto sui cpi del Lazio: in quello stesso giorno, fuori dal convegno si sta svolgendo un Jobmeeting con file di ragazzi armati di curriculum e diverse aziende del settore alberghiero, immobiliare e della ristorazione.

Più che una sfida, per i centri per l'impiego gestire il rdc è una vera corsa a ostacoli. «Riceviamo una media di quattrocento persone al giorno beneficiarie del reddito» fa sapere Nocciolo. «Ce ne sono 50mila da prendere in carico in tempi ristretti» e, si spera, a cui proporre prima o poi un'offerta di lavoro, che poi sarebbe il fine ultimo della misura. Per arrivarci però bisogna «riprendere contatto con le imprese» prosegue Nocciolo. E i modi per farlo si stanno evolvendo: «My Anpal, nuova app di Anpal che a breve sarà rilasciata a tutte le Regioni, e che consente di fare scouting sulle aziende». Ce ne sono centinaia di migliaia, ma «con l'applicazione ogni cpi sarà in grado di rilevare quelle che sul proprio territorio sono più propense a assumere basandosi sui dati provenienti dalle comunicazioni obbligatorie». A quel punto saranno gli stessi operatori dei cpi
almeno nelle intenzioni «a rivolgersi alle aziende per verificare le vacancies, senza aspettare che siano le aziende a fare il primo passo».

È questo uno dei passaggi principali del rinnovamento dei cpi secondo la tabella di marcia che alla conferenza annuncia Claudio Di Berardino, assessore al Lavoro alla Regione Lazio: «Non più il centro per l'impiego che aspetta la persona che si presenti o una impresa che a questo si rivolga, ma capace di andare a bussare al mondo delle imprese». Per farcela servono strumenti e professionalità all'altezza. «Il reddito di cittadinanza si poggia su due gambe, l'assistenza alle persone in difficoltà e il potenziamento dei cpi con navigator e nuove assunzioni» spiega l'assessore. Per questo in Lazio «sarà bandito un concorso per assumere 365 nuove risorse». La dotazione è di 16 milioni, mentre per il rinnovo dell'infrastruttura informatica ce ne saranno 90. 
Ma per ridare slancio all'incrocio tra domanda e offerta sono necesarie «vecchie competenze e professionalità nuove» sintetizza Di Berardino, lasciando intendere che non basteranno quindi i soli navigator a risollevare le sorti dei malandati cpi. «Abbiamo un personale che vuole dimostrare che può farcela, e l'obiettivo è anche di migliorarne le competenze».

Non sarà facile, anticipa Elisabetta Longo, direttore Formazione scuola e università del Lazio, perché «il tema del fabbisogno formativo è assai complesso: nessuna regione o altro ente può programmare strategie senza ascoltare il mondo delle imprese perché rischia di scrivere documenti non attuali». A loro volta poi le imprese non possono agire da sole: «Se non si riferiscono a quadro strutturato non sono in  grado di esprimere un bisogno». Il centro per l'impiego dovrà insomma mediare, facendo da punto di incontro, e ne andrà «rafforzato il ruolo proattivo».


Esistono poi problematiche di fondo del sistema occupazionale italiano su cui prima o poi si dovrà intervenire. Uno dei segnali è che «abbiamo l'o
ccupazione più bassa per tutte le classi di età in Europa» fa presente Mimmo Parisi di Anpal. Quello su cui si deve puntare è allora, invece del posto fisso, la «sostenibilità occupazionale». Vale a dire creare una nuova stabilità tale per cui «le persone siano in condizione di passare da un lavoro a un altro in pochissimo tempo». Questo «è cio che consentirebbe l'innovazione e la crescita delle imprese» chiarisce Parisi.


Lo stesso vale per il datore di lavoro, «che deve essere in grado di cambiare ambito culturale in un mercato che si modifica velocemente» e che richiede continuamente «di reimparare». In questo senso i centri per l'impiego potrebbero arrivare a ricoprire un ruolo fondamentale, quello cioè di stare al passo con i cambiamenti del mercato mettendo in campo politiche attive per il lavoro pensate soprattutto per i soggetti più a rischio, quelli cioè che possono fuoriscire più facilmente dal mercato del lavoro e hanno bisogno di essere reintegrati. Ed è così che «favorire la sostenibilità occupazionale» continua Parisi, «potrebbe arginare le difficoltà per questi soggetti più deboli».


Ilaria Mariotti 

Community