Esplode il 1° marzo sui social network la battaglia contro gli stage gratis all'Onu

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 29 Feb 2016 in Notizie

Fair internship initiative ONU Rimborso spese stage gratis

Stagisti non pagati costretti a sobbarcarsi spese elevate in città costose pur di fare esperienze importanti e formative che potrebbero dare quel quid in più nel proprio futuro lavorativo: il problema riguarda non solo l’Italia, come più volte la Repubblica degli Stagisti ha testimoniato. Ma coinvolge anche gli stagisti di uffici all’estero molto prestigiosi, come tutti quelli che affollano i palazzi dell’Onu. Tirocinanti che da anni protestano per cercare di far introdurre un rimborso spese.

La Repubblica degli Stagisti sostiene da sempre questa
battaglia: già parecchi anni fa pubblicò una “black list” degli organismi internazionali che non pagavano gli stagisti. Due anni fa ha sollevato il caso degli stage gratis nella sede romana dell’Unhcr, e l’attenzione nel denunciare l’iniquità degli stage gratuiti è sempre stata altissima. L’estate scorsa abbiamo seguito da vicino il caso dello stagista in tenda a Ginevra, che stava facendo uno stage gratuito all’Onu, e grazie ad anni di articoli e campagne per richiedere tirocini retribuiti presso le ambasciate e i consolati in giro per il mondo la nostra testata è riuscita a portare a casa, in Italia, l’introduzione di un minimo rimborso spese per gli stage svolti al ministero degli Esteri, in ambasciate e consolati (i cosiddetti “tirocini Mae-Crui”, oggi “Maeci-Crui”). 

Esempi che mostrano la vicinanza della Repubblica degli Stagisti alla battaglia portata avanti dai tirocinanti degli uffici delle Nazioni Unite. Che fino ad oggi, nonostante le manifestazioni e i sit-in e l’appoggio ricevuto in rete e dal vivo, non sono riusciti ad ottenere molti risultati. Ecco allora che la Fair internship initiative (un gruppo di ex e attuali stagisti delle Nazioni unite che portano avanti una battaglia per ottenere stage di qualità e retribuiti all’interno dell’Onu) ha ideato una campagna sui social media che vedrà il suo massimo risultato domani, martedì 1° marzo.

«Il 29 febbraio a New York c’è un evento molto importante, il Comitato Quinto, ovvero la Commissione
dell’assemblea generale con responsabilità per l’amministrazione e le questioni di bilancio che consiglia quali misure adottare alle agenzie specializzate. È la migliore occasione al momento per ottenere qualche cambiamento concreto nelle politiche sui tirocini alle Nazioni Unite, da quando è nata la Fair internship initiative un anno fa» spiega alla Repubblica degli Stagisti Fernanda Dutra, che ha curato la campagna mediatica. «È arrivato il momento di mostrare all’Onu che questo tema è appoggiato non solo dagli stagisti di Ginevra e New York. Così abbiamo pensato a una campagna sui social media in cui centinaia di persone possono dire che appoggiano questa battaglia e vogliono vedere un cambiamento».

E in effetti l’appoggio non sembra mancare. A pochi giorni dalla data di scadenza già 320 persone hanno deciso di condividere il messaggio su Thunderclap: «#ZeroDiscrimination also means equal opportunities at the UN. I support Fair Internship Initiative #UNpaidIsUNfair» (tradotto: Zero discriminazioni significa anche opportunità uguali all’Onu. Appoggio la Fair Internship Initiative “non pagato è ingiusto”).

«Lo scopo della campagna social è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema» aggiunge Fernanda Dutra, «e in questo senso abbiamo già raggiunto l’obiettivo. Con l’appoggio ricevuto raggiungeremo sui social oltre 700mila persone, senza aver pagato un solo centesimo per promuovere questa campagna».

Il meccanismo è semplice: chiunque può registrarsi su Thunderclap con il proprio account Facebook o Twitter, appoggiando il messaggio. Poi il 1° marzo, la piattaforma «pubblicherà nello stesso istante il messaggio sugli account di chi lo ha appoggiato, creando un’ondata di attenzione». 

Ma la campagna non si esaurisce qui: è stata creata, infatti, una pagina dal nome «Our Stories» (le nostre storie), dove si scoprire le condizioni vissute da questi stagisti, principalmente in città costose come Ginevra e New York. E leggere, ad esempio, la storia di Kara, arrivata a Ginevra
per seguire un master grazie a un prestito del governo americano, ma costretta a tornare negli Stati Uniti dopo mesi di doppi lavori per pagarsi tutto, visto l'unico stage trovato era alle Nazioni Unite ma totalmente gratuito.

Una delle tantissime storie simili di quanti sono entrati e usciti dai palazzi Onu. Basti pensare ai costi a cui questi giovani sono sottoposti: «Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità gli stagisti possono vivere a Ginevra con circa 1800-2000 franchi svizzeri» dice amara Fernanda alla Repubblica degli Stagisti. Ma la cifra che l’organizzazione identifica come “costo medio” in realtà «è ben al di sotto della soglia di povertà che nella stessa città è di 2200».

Per questo è nata la Fair internship initiative: per dare voce e risonanza alla condizione vissuta da troppi stagisti fino ad oggi. E per lo stesso motivo si è deciso di lanciare questa campagna mediatica. «Il Comitato Quinto dell’assemblea generale dell’Onu  è l’unico organo che può cambiare la politica degli stage, considerando l’atteggiamento attendista e restio del segretario» spiega Matteo De Simone di Fair internship initiative Geneva alla Repubblica degli Stagisti. «Perciò chiediamo sostegno a tutti: la FII di New York ha incontrato più di trenta delegazioni e siamo in contatto con la presidenza della Staff Union e con Un Youth Envoy. Anche se ad oggi l’unico stato membro che ha appoggiato in maniera ufficiale questa battaglia è stato la Francia», grazie all'incessante impegno del collettivo Génération Précaire: «Gli altri stati membri ci sostengono in maniera non ufficiale e premono perché i contributi esistenti, il budget dell’Onu è di circa 42miliardi di dollari, (ndr. come spesa totale in un anno, mentre come spese per staff e categorie professionali per il 2013 arrivava a quasi 5 miliardi di dollari) vengano usati meglio e ritengono che ci sia margine di manovra per istituire una borsa per i tirocinanti a copertura delle spese».

Un’idea che potrebbe radicalmente cambiare la vita dei tanti stagisti passati attraverso questi tirocini, ma che non ha ricevuto ad oggi l’appoggio del segretariato, convinto che «gli stati debbano istituire una nuova linea di budget che si aggiunga ai contributi esistenti».


Un interessante articolo sul perché l'Onu non paga i suoi stagisti, e quanto costerebbe se lo facesse, è apparso sull'Economist, nell'agosto del 2015, dove si scrive che per farlo le Nazioni Unite dovrebbero trovare i soldi: circa 13milioni di euro l'anno. Non proprio bruscolini.

Al momento, quindi, la battaglia di Fair internship initiative è portata avanti senza grandi supporti pubblici: anche il giordano Ahmad Alhendawi, 31 anni, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i giovani ha dato un appoggio non particolarmente convinto, limitandosi a dire che «la politica degli stage delle Nazioni Unite andrebbe rivista» e che «dovremmo cercare di richiamare più persone dal Sud del mondo». Una posizione neutra probabilmente dovuta al fatto che anche in questo ufficio ci sono molti stagisti, non pagati.

E allora mentre il web si prepara a esplodere il 1° marzo con centinaia di messaggi a favore di tirocini economicamente sostenibili, le proteste non mancheranno anche dal vivo. A Ginevra ci sarà un simbolico campeggio in Place des Nations davanti all’Onu, mentre a New York i giovani andranno in giro con zaini da trekking distribuendo materiale informativo. 

Il messaggio che deve passare è chiaro: allineare le condizioni di lavoro dei collaboratori più giovani ai valori che le Nazioni Unite rappresentano. E quando si parla di collaboratori più giovani non pagati, si fa riferimento a più di 4mila persone, secondo il report pubblicato proprio dall’Onu. I dati, però, non sono aggiornati visto che il numero è riferito al 2012-13 e si è ancora in attesa che venga pubblicato il nuovo report, che sarebbe dovuto uscire due anni fa. Proprio i dati delle Nazioni Unite mostrano che di queste oltre 4.500 persone impiegate a costo zero, ben 3900 erano stagisti, la stragrande maggioranza donne. Ma quel che più spaventa è che questi dati non prendono in considerazione gli stagisti nelle agenzie specializzate, come Unesco, Fao, Ilo, solo per citarne alcune. Motivo che fa quindi pensare a un numero decisamente maggiore.

Per questo è arrivato il momento di reagire, di far sentire la propria voce e portare avanti una battaglia che la Repubblica degli Stagisti sostiene da molti anni: i tirocini devono avere sempre un rimborso spese, perché il lavoro – anche nella fase del training on the job – va sempre pagato e mai sminuito. E poi perché altrimenti si finisce con il lasciare fuori da questa opportunità centinaia di giovani qualificati che non hanno alle spalle una famiglia in grado di sostenerli e permettergli di svolgere uno stage gratis, magari alle Nazioni Unite, con la speranza che sia l’inizio di una brillante carriera.

@MariannaLepore

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