Assegno di ricollocazione, cos'è e come funziona

Giulio Monga

Giulio Monga

Scritto il 02 Giu 2018 in Approfondimenti

Assegno di ricollocazione centro per l'impiego Disoccupazione

A metà maggio è entrata in vigore la versione definitiva dell’«assegno individuale di ricollocazione», una misura di sostegno attivo all’occupazione nuova, anche se già parzialmente sperimentata nel 2017. Si tratta di un assegno di importo variabile di cui possono beneficiare i disoccupati che percepiscono la Naspi – cioè il sussidio di disoccupazione – da almeno quattro mesi, i percettori del Rei – il reddito d’inclusione – e i lavoratori in cassa integrazione straordinaria coinvolti in accordi di ricollocazione aziendale che decidano di intraprendere un percorso di formazione finalizzato al reinserimento nel mercato del lavoro.

Una platea di soggetti che, secondo alcune stime, potrebbe essere superiore a mezzo milione e per i quali, in prima battuta, sono stati messi a disposizione 200 milioni di euro. L'assegno di ricollocazione (sinteticamente: adr), che ha tra i suoi grandi e storici sostenitori il giuslavorista Pietro Ichino, aveva già fatto un timido ingresso nel panorama italiano con la legge di stabilità del 2014, rimanendo però lettera morta per mancanza di fondi, ed era stata poi introdotta con il Jobs Act nell’autunno del 2015.
Nel 2017, dopo una serie di rinvii, l’AdR è stato, infine, oggetto di una prima sperimentazione – su un campione di 30mila potenziali beneficiari estratti a sorte su scala nazionale – per testarne gli effetti concreti e fare una stima dei fondi da stanziare per l’ingresso a pieno regime dello stesso.

Differenza fondamentale tra l’adr e gli stessi Naspi e Rei è che il nuovo strumento viene erogato dall’Anpal (l'agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro) non direttamente ai soggetti che ne fanno richiesta come sussidio economico, ma ai centri per l’impiego e agli enti accreditati che si prendono carico della ricollocazione.

Per poter usufruire di tale misura un disoccupato deve farne richiesta attraverso il sito dell'Anpal o recandosi direttamente ad un centro per l’impiego o ad un patronato (Acli, Anmil, Ital ecc.), presentando nello stesso momento una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (la cosiddetta “Did”). Al soggetto che presenta i requisiti richiesti viene fissato un appuntamento con un tutor con cui verrà concordato un progetto personalizzato di formazione e reinserimento («programma di assistenza intensiva») della durata di sei mesi, eventualmente prorogabili a dodici, a cui l’assegno è condizionato.

Solo al termine di tale percorso, e in caso di esito positivo, all’ente che ha contribuito al reinserimento del disoccupato nel mondo del lavoro viene riconosciuto un assegno dal valore variabile a seconda del profilo di occupabilità del richiedente – ossia la possibilità di trovare un impiego calcolata in base a una serie di parametri tra cui il livello di istruzione, l’esperienza professionale, l’età, il genere e il luogo di residenza – e del tipo di contratto ottenuto.

In particolare, l’Anpal erogherà voucher da mille a 5mila euro in caso di contratti a tempo indeterminato (apprendistati compresi: tecnicamente infatti il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato, anche se è prevista la possibilità di interromperlo), e da 500 a 2.500 euro per contratti a termine dalla durata pari o superiore a sei mesi. Per alcune regioni definite «meno sviluppate» (Calabria, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia) è previsto anche un assegno per i contratti a termine inferiori a sei mesi, il cui importo potrà variare da 250 a 1.250 euro, e al termine di questi contratti sarà possibile riprendere il percorso di formazione interrotto. Tale meccanismo di sospensione e ripresa del servizio è previsto anche nelle altre regioni – in questo caso senza beneficio – e per le assunzioni in prova alla conclusione del relativo periodo senza che sia seguita una riconferma all’interno dell’azienda.

 


Nella moltitudine di contratti previsti dal diritto del lavoro italiano, quindi, solamente le forme subordinate – ossia il contratto a termine, il contratto a tempo indeterminato e l'apprendistato – vengono considerate idonee per il conseguimento dello status di «occupato»
, che rappresenta la positiva conclusione dei «patti di formazione personalizzati» centrali nel meccanismo dell’assegno di ricollocazione. Non sono riconosciuti benefici, ad esempio, agli enti che fanno ottenere ai propri assistiti altri tipi di contratti come i cococo o le collaborazioni a partita Iva, mentre per quanto riguarda i contratti part-time si considerano occupati i soggetti che ottengono un contratto con almeno il 50% delle ore lavorative rispetto all’orario pieno. L’ammontare dell’assegno può, inoltre, essere aumentato in caso di contratti a tempo determinato trasformati in indeterminato, indeterminati part-time divenuti a tempo pieno e proroga di contratti a termine con raggiungimento di una durata che permetta l’erogazione dell’assegno di ricollocazione.

E se il percettore di assegno di ricollocazione, nonostante le attività svolte, non viene assunto? All’ente che si è fatto carico del progetto può essere riconosciuto,
nei in cui al termine di un percorso formativo non si raggiunga uno status occupazionale, un importo forfettario – chiamato «Fee4Service» – di un valore massimo di 106,50 euro. Bisogna però tenere a mente che perde il beneficio chi rifiuta un’offerta «congrua» di lavoro, ossia a meno di 50km da casa e con un livello di retribuzione almeno del 20% superiore a quello dell’ultima indennità di cui ha beneficiato, così come stabilito dall’Anpal con una delibera dello scorso febbraio.

Aspetto distintivo dell’assegno di ricollocazione è proprio il suo essere uno strumento di workfare, condizionato allo svolgimento di un percorso di formazione che fornisca al beneficiario gli strumenti necessari per il reinserimento nel mondo del lavoro. Ciò consente quindi di cumulare l’assegno con il Naspi e con il Rei, permettendo al disoccupato che decide di investire tempo in formazione di non perdere tali sussidi economici.

L’altra faccia della medaglia è la non cumulabilità di questo strumento con il tirocinio (la cui indennità, peraltro, è invece cumulabile con la Naspi). Una scelta motivata dal fatto che lo stesso tirocinio dovrebbe essere, in linea teorica, uno strumento di formazione finalizzato all’inserimento di un soggetto nel mercato del lavoro. Allo stesso modo, l’assegno di ricollocazione non è compatibile con programmi di reinserimento analoghi a finanziamento pubblico, mentre lo è con percorsi di formazioni autofinanziati dal soggetto beneficiario.

Venendo agli aspetti critici, i risultati della sperimentazione iniziata a marzo 2017 non sono stati positivi in quanto, su una platea di circa 30mila potenziali beneficiari – estratti a sorte e informati della possibilità di godere del beneficio – ne ha fatto richiesta poco più del 10%. Un dato che ha fatto parlare diversi media di “flop”. Secondo il presidente dell’Anpal Del Conte la sperimentazione non ha dato i risultati sperati per problemi di comunicazione, soprattutto a proposito della cumulabilità dell’assegno con la Naspi. Tra i potenziali beneficiari, molti sarebbero stati frenati dal richiedere l’assegno di collocazione per paura di perdere il sussidio di disoccupazione. Adesso però Del Conte è ottimista: l'obiettivo è reinserire nel mondo del lavoro 60-70mila disoccupati, anche grazie ad una «campagna di comunicazione multicanale» di cui parla anche la delibera dell’Anpal sulle modalità operative della misura.


Oltre alla comunicazione, gli altri nodi da sciogliere riguardano soprattutto la capacità dell’apparato burocratico statale di garantire il concreto funzionamento della misura. In altre parole: i centri per l’impiego, con i propri organici sottodotati, riusciranno a sostenere un eventuale surplus di lavoro dovuto ad un successo della misura? O la loro attività si risolverà nell’attivazione burocratica del meccanismo con la registrazione delle Did, lasciando campo libero alle agenzie di lavoro private per la parte operativa?

L’entrata in vigore della misura sarebbe dovuta avvenire lo scorso 3 aprile, per poi essere rimandata all’ultimo minuto. Questo per permettere la partecipazione dei patronati che potranno sostenere i beneficiari durante la procedura per l’ottenimento dell’AdR, alleggerendo così il lavoro dei centri per l’impiego. Dopo quest'ultimo rinvio, l'adr è diventato definitivamente operativo lo scorso 18 maggio.


Giulio Monga

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