20 anni di Sve, finora 100mila partecipanti: così si promuove «il dialogo tra culture»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 10 Mar 2016 in Notizie

Erasmus+ servizio volontario europeo

Vent'anni di servizio volontario europeo, due decenni di partenze di giovani tra i 18 e i 30 anni per esperienze di volontariato in tutto il mondo. «Centomila viaggi registrati finora» dice Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro, all'evento di celebrazione del ventennale organizzato a Roma dall'Agenzia giovani, l'ente incaricato di distribuire i fondi europei destinati a progetti legati alla mobilità delle nuove generazioni. In primis Erasmus+, in cui è confluito lo stesso Sve, che garantisce un anno all'estero tra i più formativi, di quelli che possono cambiare la vita. Con differenze marcate rispetto al più classico e conosciuto Erasmus («che ha visto in trent'anni tre milioni di partenze» ha ricordato ancora Bobba).

Lo si capisce dal racconto di alcuni dei partecipanti intervenuti all'incontro – che ha visto tra i relatori anche Silvia Costa [nella foto a destra], parlamentare europea, Cinzia Zaccaria del dipartimento Gioventù e servizio civile, il presidente dell'Agenzia Giovani Giacomo D'Arrigo. «Ho conosciuto tante persone diverse e le ho potute aiutare» racconta Emiliano Marega, 32enne con problemi di disabilità, impegnato per nove mesi a Alvines, in Spagna, con l'associazione Anfass di Pordenone, che tutela i diritti dei disabili. Marega si è occupato di insegnamento non formale dell'inglese e dell'italiano, «cosa che mi ha permesso di mettere a frutto i miei studi». Ma sono sopratutto i risvolti umani ad aver segnato il suo soggiorno spagnolo, al fianco di altre persone in difficoltà, come la volontaria italiana che «accompagnavo a fare la spesa».

Helena Chamier, 22enne polacca, sta invece svolgendo i suoi dodici mesi di percorso a Treviolo, vicino Bergamo, con la cooperativa Aeper. Qui aiuta i bambini che provengono da famiglie in condizioni di disagio sociale e economico e li affianca nelle attività quotidiane: «preparazione dei pasti, aiuto dei compiti, laboratori pomeridiani» per esempio. Un momento cruciale del suo cammino di vita per lei che – come tanti partecipanti allo Sve – non poteva permettersi il più classico Erasmus. Lo Sve si caratterizza infatti per la copertura totale delle spese che si devono sostenere dal momento in cui si parte. Se negli scambi internazionali si riceve di solito una borsa mensile piuttosto contenuta, per il volontariato le condizioni prevedono invece di norma vitto e alloggio gratuito all'interno della struttura ospitante, oltre a un piccolo rimborso per gli extra e alla copertura delle spese di viaggio (per il 2016 sono oltre dodici milioni i fondi a disposizione, tutti stanziati sul pacchetto Erasmus+).

Il contesto non è però quello dei party universitari da studente Erasmus. È il senso di appartenenza a una comunità l'insegnamento che questi giovani portano a casa: a Marco Meloni, 26enne di Cagliari, è successo per esempio di andare a Rosario in Argentina come cooperante per l'associazione no profit TDM 2000 della sua città, e collaborare così alla riqualificazione di uno dei quartiei più popolari del centro urbano e alla creazione di percorsi di inserimento per famiglie svantaggiate.

«È un'emozione ascoltare questi ragazzi»: per Cinzia Zaccaria «il significato di questa esperienza è la creazione di un modello diverso che alla solitudine e all'emarginazione contrappone la forza delle relazioni umane». L'effetto è che «si matura nella personalità, si impara a dare il giusto valore ai problemi che tendiamo a ingigantire quando ci troviamo chiusi in un ambiente». E si creano «ponti interculturali».

Su questo aspetto ha molto insistito anche Silvia Costa: «La solidarietà e la fiducia reciproca sono le fondamenta su cui l'Europa si deve tenere» ha detto. Nell'intervento della Costa – tra i più appassionati – anche il riferimento all'emergenza profughi («le misure per la sicurezza senza il dialogo interculturale non bastano» ha ricordato sottolineando il ruolo dello Sve in questa direzione) e alla necessità di dare risalto all'attività dei giovani che operano in questo contesto: «Ci vorrebbe una striscia quotidiana in tv di ragazzi che parlano delle loro esperienze in Europa, è una ricchezza che stiamo sprecando». Anche perché non si tratta di una minoranza, se è vero «come dicono alcune statistiche che un giovane su quattro in Europa svolge o è interessato a iniziare attività di volontariato». Una visibilità su cui è al lavoro anche Ang, ha chiarito D'Arrigo [nella foto a sinistra], grazie «alla collaborazione con Mtv e alla nascita di una web tv».


Lo sve è anche alternativa ai tradizionali canali di ricerca del lavoro. Per chi sente la vocazione del sociale, cimentarsi in un'organizzazione no profit all'estero può significare trovare la propria strada anche professionale. Così è stato per i tre "testimonial": Marco Meloni oggi lavora come project manager per un'azienda di comunicazione e per una società di progetti formativi; Helena
Chamier vorrebbe restare in Italia e dare un futuro alle capacità che sta affinando; e Emiliano Marega è diventato insegnante abilitato di lingua inglese. L'evento stesso è stato occasione per «puntare i riflettori sull'importanza dello Sve, che arricchisce il bagaglio dei giovani da un punto di vista sociale, culturale e professionale perché consente di acquisire competenze spenidibili sul mercato del lavoro».

Ilaria Mariotti 

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