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Stage all'estero, oltre 2mila occasioni d’autunno in scadenza con i bandi Erasmus Plus

Con l’imminente ritorno dell’autunno si ripropongono anche le opportunità relative ai bandi Erasmus Plus. La Repubblica degli Stagisti come di consueto offre ai suoi lettori una carrellata dei bandi con le scadenze più imminenti, elencando anche i requisiti richiesti e le procedure di candidatura. Le opportunità sono complessivamente oltre 2mila, per la precisione 2.181: quanto basta per soddisfare la voglia di partire di molti giovani.Il prossimo lunedì 28 settembre è fissata la deadline del bando dell’università di Ravenna, che stanzia 17 borse di mobilità all’estero per tirocini di quattro mesi destinati a  laureandi di corsi triennali e specialistici per la sessione autunnale 2015 presso l’ateneo, studenti regolarmente iscritti a una laurea magistrale per l’anno accademico 2014/2015 e dottorandi  iscritti sempre nello stesso anno accademico. L’importo mensile delle borse varia dai 480 ai 430 euro, a seconda del costo della vita dei paesi di destinazione. Il contributo  viene erogato per un 70% all’inizio dello stage e per il restante 30% alla fine del periodo di mobilità, successivamente alla presentazione  da parte del tirocinante del Rapporto Narrativo, un resoconto dell’esperienza formativa appena conclusa. La domanda deve essere scaricata,  compilata online, stampata e successivamente inserita in busta chiusa insieme a fototessera e fotocopia di un documento di identità. Tutta la documentazione può essere consegnata a mano o inviata tramite raccomandata all’indirizzo presente nel bando (Fondazione Flamini, via Alfredo Baccarini 27, 48121 Ravenna).Mercoledì 30 settembre è l’ultimo giorno utile per candidarsi alla prima tranche di selezione per una delle oltre 1100 borse di mobilità messe a bando dall’università di Padova nel corso di tutto l’anno accademico 2015/2016. Le scadenze successive sono fissate a febbraio e aprile del prossimo anno. Il programma consente a studenti dell’ateneo di ogni livello (triennale, specialistica o magistrale e dottorato) di partecipare a stage  da un minimo di due fino a un massimo di 12 mesi (da effettuarsi entro il 30 settembre 2016) presso enti che gestiscono programmi comunitari. L’importo mensile delle borse di studio varia dai 480 euro di paesi con un costo della vita alto, tra cui Austria, Francia, Svezia e Ragno Unito, ai 430 di stati caratterizzati da un costo della vita medio basso, ad esempio Germania, Belgio, Spagna, Turchia. Il contributo sarà pagato in due rate: l’80% dell’importo totale entro i 30 giorni dalla firma del Learning Agremeent for Traineeship, ossia l’accordo di tirocinio. Il resto della somma sarà versato entro 45 giorni dalla consegna della documentazione completa finale. L’importo è un contributo ai costi di viaggio e soggiorno durante la mobilità. Fondamentale per iscriversi aver maturato almeno 100/180 crediti formativi per gli studenti di corsi triennali o a ciclo unico ed essere regolarmente iscritti al proprio corso di studi per gli iscritti a corsi specialistici o magistrali. Nel caso dei dottorandi, è necessario essere iscritti a una scuola di dottorato attivata presso l’università di Padova. Per candidarsi bisogna presentare il cosiddetto Application Package al servizio stage dell’università, formato da modulo di candidatura disponibile online, cv in inglese e video CV nella lingua prescelta per il tirocinio, lettera di accettazione emessa dall’ente presso cui si intende effettuare il tirocinio, fotocopia del documento di identità ed eventuali certificazioni linguistiche. C’è tempo invece fino al prossimo 14 ottobre per aggiudicarsi una delle 105 borse di studio destinate a studenti dell’università di Trento. I tirocini dovranno svolgersi dal primo gennaio al 30 settembre 2016 e vanno da un minimo di due a un massimo di quattro mesi. Gli stage possono essere sia curriculari, cioè destinati a studenti e dottorandi che post laurea, da effettuarsi entro 12 mesi dal conseguimento del titolo di primo o secondo livello. Il bando parla di un contributo mensile alla mobilità che oscilla tra i 480 euro di paesi come Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Norvegia, Regno Unito e Svezia ai 430 di Belgio, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovacchia fino ai 420 della Svizzera. Per candidarsi è indispensabile essere iscritti, non oltre il secondo anno fuori corso, all’ateneo di Trento con una media voti pari almeno a 25/30 e un numero di crediti formativi pari a 90 per gli studenti iscritti a corsi di laurea triennale, 52 per gli iscritti a corsi di laurea part time, 180 per quelli iscritti a corsi di laurea a ciclo unico e 42 per gli iscritti a corsi di laurea magistrale. Fondamentale anche il possesso di un livello di conoscenza della lingua utilizzata per il tirocinio pari almeno a B1. La domanda va inoltrata online attraverso la pagina dedicata sul sito dell’università di Trento, indicando un’unica destinazione e allegando lettera motivazionale redatta in italiano, eventuali certificati che attestano il livello di conoscenza della lingua, lettera di accettazione da parte dell’azienda presso cui si effettua il tirocinio e giudizio del supervisor, cioè del proprio coordinatore, nel caso di dottorandi.Ricordiamo poi ai neodiplomati di Puglia, Abruzzo, Molise, Lazio, Umbria, Marche, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna che il 15 ottobre è l’ultimo giorno per accaparrarsi una delle 70 borse di mobilità del progetto FORM-AZIONE II, promosso dalla cooperativa sociale Ferrante Aporti. Meta degli stage nel settore turistico e sociale paesi anglosassoni e Spagna. Le spese effettuate durante il periodo di tirocinio verranno rimborsate al rientro dalla cooperativa. Rientrano nella borsa di studio un soggiorno in pensione completa presso famiglia o ostello e il viaggio andata e ritorno per il paese di destinazione. La candidatura deve essere inviata online attraverso una pagina dedicata e al modulo di domanda vanno allegati cv formato europeo, certificato di diploma ed eventuali certificati linguistici. Il 20 ottobre è invece l’ultima chiamata per studenti con media voti non inferiore a 24/30, neolaureati da non più di 12 mesi e dottorandi dell’università Ca’Foscari di Venezia per effettuare stage all’estero di durata compresa tra i due e i 12 mesi. Nel bando si parla di ben 513 borse di importi mensili variabili tra i 480 e i 430 euro a seconda del costo della vita del paese di destinazione, cui l’ateneo veneziano aggiunge un contributo di 200 euro, preso da parte del cofinanziamento del Miur. La domanda va scaricata dal sito dell’università e a essa vanno allegati cv formato europeo, lettera motivazionale, copia di un documento di identità. Tutta la documentazione va consegnata all’Ufficio orientamento, stage e placement dell’università. Sono infine 376 le borse di studio per mobilità all’estero destinate a studenti, laureati, specializzandi e dottorandi dell’università di Bologna, purché iscritti nell’anno accademico 2015/2016 almeno al secondo anno nel primo caso, all’ultimo e comunque non ancora laureati alla data di pubblicazione delle graduatorie nel caso di laureati. L’ultimo giorno per fare domanda è il 2 novembre.  I tirocini avranno una durata di tre mesi e si dovranno svolgere in un periodo compreso tra gennaio e giugno 2016. Gli importi mensili delle borse di studio variano anche in questo caso dai 430 dei paesi con costo della vita più basso (esempio Bulgaria, Estonia, Lituania) ai 480 di stati come Austria, Francia e Danimarca. Per fare domanda è indispensabile accedere alla piattaforma applicativa dell’ateneo AlmaRM con le proprie credenziali caricare un file pdf con il proprio cv in formato europeo, indicare le motivazioni del tirocinio in un apposito documento e allegare eventuali certificazioni linguistiche.    Chiara Del Priore

Progetto Unipharma Graduates, 70 opportunità di tirocinio presso i centri di ricerca europei

Un bell’otto e mezzo: è un voto di tutto rispetto quello assegnato al progetto di stage Unipharma Graduates dai partecipanti dell'ultima edizione. A quanto pare il livello della formazione è alto e non di rado diventa il preludio a un vero e proprio ingresso nel mondo del lavoro: prendendo come riferimento l’ultima edizione di cui si hanno dati «chiusi», ossia quella 2013-2014 relativa ai tirocini effettuati tra il 2014 e il 2015, tra gli ex partecipanti di questa edizione, su 50 tirocinanti 16 hanno continuato a lavorare presso l’ente dove hanno svolto il tirocinio.Un'occasione dunque ghiotta agli occhi di molti giovani che sognano di lavorare nei settori chimico, farmaceutico, farmacologico, biologico e biotecnologico. E proprio in questi giorni è aperto, fino al prossimo venerdì 25 settembre, il nuovo bando per candidarsi alle borse di mobilità di quest'anno: 70 tirocini presso centri di ricerca europei pubblici e privati. 50 sono destinati a studenti iscritti all’ultimo anno o successivi fino al secondo fuori corso di età non superiore ai 26 anni e una media non inferiore al 27 e 20 a dottorandi iscritti a uno degli atenei partner (La Sapienza, Roma Tre e Tor Vergata di Roma, Università di Bologna, Università degli Studi di Catania, Scuola Normale Superiore di Pisa, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Università degli Studi di Padova). Gli stage possono essere svolti prima o entro i 12 mesi successivi al conseguimento del titolo, come stabilito dal bando. Nel caso degli studenti i tirocini devono avere durata di sei mesi e iniziare tra il primo novembre 2015 e il 31 marzo 2016. Per quanto riguarda i dottorandi invece, gli stage devono avere una durata compresa tra i tre e i sei mesi e concludersi entro il 30 settembre 2016. L’elenco dei centri disponibili ad accogliere stagisti è disponibile nel bando. Attenzione però: indipendentemente dal paese ospitante, la lingua di lavoro è sempre l’inglese.  I contributi mensili variano a seconda del costo della vita del paese di destinazione: si va dai 480 euro per paesi come Austria, Finlandia, Norvegia e Svezia ai 430 di Belgio, Germani, Slovacchia e Romania. Il calcolo preciso dell’importo viene effettuato in base ai giorni di tirocinio. L’80% del contributo viene erogato entro 30 giorni dall’inizio della mobilità. Il saldo del 20% viene erogato entro 45 giorni dal termine della mobilità, previa presentazione della documentazione richiesta.Accanto al rimborso spese mensile «le università di invio forniscono ai partecipanti la copertura assicurativa - infortuni e responsabilità civile terzi sul luogo di lavoro - per il periodo di mobilità» spiega Luciano Saso, responsabile scientifico dei progetti Unipharma-Graduates: «Alcuni dei centri ospitanti offrono delle facilities agli stagisti, che possono essere mensa, salario aggiuntivo, supporto nella ricerca di alloggio, rimborso di un viaggio andata e ritorno Italia/paese di destinazione. I partecipanti possono fruire, facendo un test di valutazione delle competenze linguistiche, di un corso di lingua on line tramite la piattaforma Online Linguistic Support messa a punto dalla Commissione europea».La candidatura va inviata online. In sede di colloquio dovranno essere presentati copia della domanda inviata online, copia della dichiarazione che attesti l’assegnazione di una tesi sperimentale, eventuali certificazioni di conoscenza dell’inglese e pubblicazioni o titoli scientifici e acceptance letter, se rilasciata dall’organizzazione ospitante. I criteri che pesano di più nella selezione sono, nel caso degli studenti, la media aritmetica degli esami e il voto di laurea specialistica o magistrale per i dottorandi.Partiti nel 2003, i progetti Unipharma-Graduates hanno conosciuto 11 edizioni e coinvolto 564 neolaureati italiani. «L’ultima edizione è tuttora in corso, dato che il termine del progetto è fissato al 30 settembre 2015: ha permesso di assegnare un totale di 55 borse di mobilità», conclude Saso. E mentre gli stagisti 2014/2015 si apprestano a terminare il percorso, una schiera di giovani con il sogno della chimica, della farmacologia, della biologia e biotecnologia nel cassetto si appresta a inviare la candidatura, sperando di entrare a far parte della pattuglia di stagisti 2015/2016.Chiara Del Priore 

Brains 2 South, un bando per richiamare al Sud i ricercatori emigrati

Una buona notizia per i tanti ricercatori italiani e stranieri che svolgono la propria attività all’estero o nelle regioni del centro nord: è in corso il bando «Brains 2 South», promosso dalla Fondazione Con il Sud con l’obiettivo di attrarre giovani eccellenze nei dipartimenti universitari o centri di ricerca del Sud. Giunto alla sua quarta edizione, il bando mette a disposizione 3 milioni e mezzo di euro per cercare di invertire quella che ormai è conosciuta da tutti come la “fuga dei cervelli”: l’emigrazione continua di giovani e meno giovani che dopo aver studiato ed essersi perfezionati nelle università italiane finiscono per andare all’estero per continuare a fare ricerca.Secondo il National Bureau of economic research c’è un rapporto di quattro a uno tra italiani emigrati e ricercatori stranieri approdati nel Belpaese: la fuga dei cervelli non sembra avere fine, come più volte la Repubblica degli Stagisti ha documentato, e sembra non essere indirizzata solo verso l’estero. Certo, ci sono i 700mila laureati che tra il 2001 e il 2011 hanno lasciato l’Italia (numeri tratti dall’indagine Editutto 2014). Ma c'è anche una migrazione interna: laureati meridionali formati nelle università delle proprie regioni che si spostano in quelle del nord per trovare un’occupazione. Secondo il rapporto Svimez 2013 in dieci anni questo fenomeno è più che raddoppiato, passando dal 10% circa di emigrati al nord del 2001 al 25% del 2011.Proprio a questi numeri il bando Brains2South cerca di mettere un freno, anche se purtroppo non può rispondere a tutte le richieste. «Le risorse a disposizione sono totalmente private, messe dai singoli soci» spiega alla Repubblica degli Stagisti Manuela Intrieri, dello staff comunicazione della fondazione, «e in media con il budget a disposizione si riesce a finanziare solo l’otto-nove per cento delle proposte di progetto ricevute. Molte di queste potrebbero essere finanziabili se ci fossero altre risorse».L’obiettivo è quello di favorire l’attrazione di ricercatori e studiosi nei centri di ricerca del Mezzogiorno offrendo l’opportunità di condurre ricerche sotto la propria responsabilità, senza il controllo di un supervisore. Per questo il bando è aperto anche ai cittadini stranieri, nella logica del rafforzamento dei legami tra le regioni del Sud e il resto del mondo. Anche perché bisogna ricordare un altro dato che questo bando vorrebbe in parte contribuire a modificare: quello sul numero di ricercatori stranieri che scelgono l’Italia per lavorare e che secondo la ricerca per il National Bureau of economic research del 2012 sulla mobilità dei ricercatori - curata da Chiara Franzoni, Giuseppe Scellato e Paula Stephan - è pari ad appena il 3%. «L’anomalia italiana non è tanto nel tasso di brain drain, assolutamente naturale per un paese della nostra dimensione visto che Germania, Svizzera e UK solo per citarne alcuni ne hanno molto di più» spiega alla Repubblica degli Stagisti Franzoni, professore associato di Ingegneria economico-gestionale al Politecnico di Milano. Il dato preoccupante italiano è «la scarsa attrazione di stranieri che non rimpiazzano i talenti in uscita».Al bando Brains2South potranno arrivare proposte di ricerca scientifica applicata nel campo tecnologico, energetico, manifatturiero, nanotecnologico, ICT, agroalimentare, biomedico, farmaceutico, diagnostico e nello studio e conservazione dei beni culturali o ambientali, che dovranno essere presentate direttamente dal ricercatore entro il 7 ottobre, attraverso questo link. Alla fondazione potrà essere richiesto un contributo finanziario massimo di 400mila euro e il progetto dovrà avere una durata complessiva non superiore ai 48 mesi.Per i cervelli in fuga desiderosi di tornare c’è quindi ancora un mese per fare domanda ed è probabile che le richieste di qualità non mancheranno, visto che secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, del 2013, l’Italia è al di sopra della media mondiale e di quella Ocse per qualità della ricerca scientifica.Anche se proprio sulla volontà dei ricercatori espatriati di tornare nel Bel Paese i dati oscillano: sono possibilisti ma molto dipende dalle opportunità offerte. «In generale tutti i ricercatori mobili si somigliano e decidono di migrare per lavorare in università prestigiose o con più fondi e opportunità di carriera» spiega la Franzoni: «la sola anomalia italiana che è uscita dal nostro studio è che i nostri ricercatori dicono di essere attratti dall’estero anche per salari più alti, variabile che non conta per scienziati migranti di nessun altro paese esclusa l’India». Forse perché  in Italia, secondo dati Carsa, gli sipendi dei ricercatori si aggirano sui 34mila euro l’anno, praticamente la metà rispetto ai 62mila euro annui dei colleghi statunitensi e comunque ben lontani anche dai 53mila euro l'anno delle università tedesche.21 sono finora i progetti realizzati dalla Fondazione, per un budget complessivo di oltre 8 milioni di euro; nel complesso la Fondazione è riuscita a coinvolgere, ad oggi, più di 230mila cittadini - soprattutto giovani - erogando fondi per oltre 134 milioni di euro.Marianna Lepore

L'eccellenza del Made in Italy ha bisogno di nuove leve: 30 tirocini da 700 euro al mese per aspiranti artigiani

«Le nuove generazioni non sono vasi da riempire, ma torce da accendere». La sapeva lunga Quintiliano. È passato qualche secolo dalle parole dell'oratore e maestro di retorica romano, ma i giovani del terzo millennio non sono poi tanto diversi. Ché il sapere non sta solo nei libri, ma pure nelle mani. Gli italiani ne sanno anche loro qualcosa: portano con orgoglio il «made in Italy» in giro per il mondo. Ma forse mai abbastanza: il sapere artigiano non può stare sulle pagine. Va tramandato. Sposa questa filosofia il progetto «Una scuola. Un lavoro. Percorsi di eccellenza» voluto dalla Fondazione Cologni. Mette in palio 30 tirocini, tutti spesati, per l'anno scolastico 2015-2016. Sei mesi al massimo, per «mettere a bottega» 30 giovani talenti e dare loro la possibilità di imparare un «mestiere d'arte» sul campo, fianco a fianco con i maestri artigiani. Il termine per presentare le domande scade il 15 settembre. Il bando è rivolto a neo-qualificati, neo-diplomati, neo-laureati (a massimo 12 mesi dalla data di conseguimento del titolo) di licei artistici, istituti professionali, scuole d'arte o università che abbiano a che fare con l'arte e l'artigianato. Ma attenzione: le candidature non possono arrivare dai singoli ma solo dalle scuole. «Abbiamo messo molti paletti per spingere verso esperienze di qualità», spiega alla Repubblica degli Stagisti Federica Cavriana, referente del progetto per la Fondazione Cologni, realtà privata non profit nata proprio per «formare nuove generazioni di Maestri d'Arte, salvando le attività artigianali d'eccellenza dal rischio scomparsa». «Solo le scuole possono presentare le candidature: conoscendo i loro studenti, sanno già quali sono i migliori. Ma non basta questo. Al nome del ragazzo deve essere già abbinata la bottega che lo ospiterà. Questo ci garantisce che ci sia già una conoscenza preventiva, per capire se hanno il "feeling" giusto per lavorare insieme». L'interesse c'è, tanto che più di qualche volta sono stati gli stessi studenti a stimolare le scuole e cercare informazioni. C'è fame di esperienza. La Fondazione, da parte sua, offre una copertura totale dei costi: 700 euro netti al mese al tirocinante, oltre alle relative coperture assicurative. Il tirocinio, si legge nel bando, «è assimilato a un rapporto di lavoro dipendente, ma non può costituire vincolo per l'azienda ospitante a un'eventuale assunzione». Niente obblighi, dunque, per chi insegna l'arte. Ma da cosa nasce sempre cosa: il bando appena concluso ha mandato a bottega 35 studenti. E «a circa il 70% di loro è stato offerto un altro contratto, nella maggior parte dei casi con la stessa realtà che li ha ospitati per il tirocinio», afferma la Cavriana. Si apre un percorso, insomma. In tutto i tirocinanti a cui la Fondazione Cologni ha voluto dare una chance, dalla prima edizione alla quarta in partenza quest'anno, sono cento. Per ogni ragazzo ci vogliono 5mila euro: in parte li mette la Fondazione, in parte altre donazioni private. «Di esperienze di tirocinio se ne trovano tante in giro, ma non in questo settore, quello dei mestieri d'arte. È un ambito molto specifico, con strade lunghe e difficili, che spesso presenta difficoltà nel passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro». Il sito della Fondazione Cologni racconta di 23 istituti scolastici coinvolti nell'edizione appena conclusa, distribuiti in 11 Regioni. Ci sono, ad esempio, il Centro per la Conservazione e il Restauro dei Beni culturali «La Venaria reale» e l'Accademia Teatro alla Scala. E poi la Civica scuola di Liuteria di Milano, il Politecnico calzaturiero di Vigonza (nel Padovano), la Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo, insieme alla Scuola dell'Arte della Medaglia di Roma, al Centro Restauro Materiale Cartaceo di Lecce e alla Nuova Accademia Arti Pratiche di Catania. «La nostra sede è a Milano e quindi abbiamo molti rapporti con le realtà del Nord, ma stiamo spingendo molto per coinvolgere sempre più realtà  anche al Centro-Sud», precisa la referente della Fondazione Cologni. La rete degli atelier, una trentina, conta grandi glorie nazionali accanto a realtà piccole ma altrettanto preziose. Tra gli altri, hanno aperto ai giovani le loro porte piccole botteghe di liutai piemontesi, milanesi e della Brianza, una floricoltura di Desio, oreficerie di Villabate (Palermo), Marcianise (Caserta), Roma e Macerata, ceramisti di Caltagirone, mosaicisti di Udine e laboratori di sartoria e calzature da Milano al Veneto. Poi c'è chi ha imparato a cesellare bracciali e gioielli da Bulgari o orologi da Richemont. Chi si è tuffato nel reparto camiceria di Dolce e Gabbana e chi nel reparto corse di Ferrari e Ducati. Che anche i motori, in fondo, sono mestieri d'arte. Sarebbe bene che iniziative come questa smettessero di essere un'eccesione e diventassero la regola, in un Paese che sul "saper fare" dovrebbe incentrare l'eccellenza della sua economia. Qualcosa si sta muovendo. E in effetti all'apprendistato sempre più concreto, basato sull'alternanza scuola-lavoro di stampo tedesco si sta guardando con sempre più interesse, soprattutto con le novità contenute nella riforma della cosiddetta Buona scuola (ne avevamo parlato qui). «Questo è il nostro modo di supportare questo settore» conclude Federica Cavriana: «La nostra idea è quella di preservare il made in Italy, in un periodo in cui il modo di formarsi per questi mestieri è cambiato. Ieri i giovani andavano a bottega gratis. Oggi bisogna pagare gli stagisti, e non tutte le botteghe, possono permetterselo». Largo agli apprendisti artigiani, dunque, che siano pronti, come dice il bando, «a realizzare sogni fatti a mano, con cura, con passione e con impegno». Nel nome del made in Italy. Maura Bertanzon maura07 foto di Susanna Pozzoli

Laureati in biologia, ambiti ma "introvabili": ora il database dell'Ordine aiuta l'incrocio

In tempi di forte crisi occupazionale ci sono settori, come quelli della biologia, in cui in realtà le offerte di lavoro ci sono, ma è l’incrocio tra l’azienda che cerca una particolare figura professionale e il biologo che ha quella specializzazione che diventa molto difficile. Per questo motivo l’Ordine nazionale dei biologi ha pensato di lanciare da circa due mesi un nuovo servizio per i suoi iscritti. È un database in grado di rispondere alle richieste di chi cerca e chi offre lavoro e che è stato ideato e realizzato dall’Onb con il supporto di alcuni tecnici informatici e con costi molto bassi. Se, infatti, il match tra domanda e offerta è sempre abbastanza complicato, «nel nostro settore risulta accentuato dal fatto che il professionista potrebbe essere penalizzato dalla limitata evidenza che hanno le offerte di lavoro» spiega Ermanno Calcatelli, 69 anni, dal 2011 presidente dell’Ordine, e oggi anche promotore e responsabile di questo progetto. Sul perché le offerte di lavoro siano poco chiare, il presidente non ha dubbi: «si tratta di mestieri poco noti, perché le declinazioni di questa professione sono molte». Le figure più richieste dal mercato al momento sono i biologi che lavorano nell’ambiente e che si occupano della cura del paesaggio naturalistico, della bonifica delle reflue e della cura dei parchi. A cui seguono i biologi marini e i nutrizionisti. Per tutti c’è la possibilità di iscriversi gratuitamente a questo nuovo database. Basta essere iscritti all’Ordine nazionale dei biologi e compilare una scheda online con i propri dati, allegare il curriculum e scegliere alcune aree di competenza. Sono poi le aziende, pubbliche e private, che su invito anche dell’Ordine visualizzano nella banca dati i vari profili presenti e selezionano il candidato più adatto a cui proporre stage, collaborazioni o contratti di lavoro.  Ad oggi, su un totale di 50mila iscritti all’ordine, hanno già registrato i loro dati in 1.500: la regione che ha visto più iscritti è la Sicilia, con 186 registrazioni, seguita da Lazio e Campania, 179 e 172, e dalla Puglia a 124. Prima regione del nord per numero di iscritti alla piattaforma è la Lombardia, ferma a 111. Considerato, però, il numero di iscritti e il fatto che il portale sia stato realizzato senza inserire limiti di età, ma basando la differenziazione sul livello di specializzazione dei singoli soggetti, Calcatelli si dice convinto che nei prossimi mesi saranno in tanti a inserire i propri curricula. Così per stimolare le iscrizioni, l’ordine sta promuovendo tra i biologi questo nuovo servizio e a breve estenderà la promozione dell’uso del portale anche alle aziende. «Attualmente sul mercato ci sono molti giovani in cerca di lavoro, quindi ci aspettiamo altre adesioni e di avere un quadro più completo a fine anno», spiega alla Repubblica degli Stagisti il presidente dell’Ordine. Che aggiunge anche come questo sistema «sia consultabile da qualsiasi azienda alla ricerca di un biologo, sia essa nazionale o straniera». E tra queste sono sicuramente le imprese che operano nel settore alimentare ad essere sempre più alla ricerca di biologi visto che negli ultimi anni sono alle prese con esigenze normative e di mercato per cui necessitano dell’intervento di biologi con competenze elevate.Visto quindi l’andamento del mercato e gli sbocchi occupazionali, conviene a un giovane interessato alla biologia intraprendere questa strada negli studi? Calcatelli non ha dubbi nel dire «Oggi trovare un lavoro per i giovani è difficile. Ma questo vale per molti settori. Eppure fatta questa premessa consiglierei comunque di seguire questa strada, soprattutto se si è spinti da una forte motivazione».  Anche perché «la biologia è ovunque intorno a noi»: nelle bio e nano tecnologie, negli alimenti, nello smaltimento dei rifiuti, nella cosmesi, nella tutela dei beni culturali. «Una figura sempre più richiesta alle imprese e per cui ci sono margini di crescita per gli anni a venire».  Buoni motivi quindi per continuare su questa strada e, usando le parole del presidente dell’Ordine, «guardare positivamente a un futuro che comincia a mostrare i primi segnali di ripresa economica».    Marianna Lepore

A Trento la Lega insorge denunciando tirocini da 600 euro al mese per i profughi: peccato che sia una bufala

Forse è stato il meccanismo ormai rodato di rivolgersi più alla pancia che alla testa della gente per ottenere consensi. O forse più semplicemente una notizia non verificata gridata ai quattro venti per innescare la solita polemica populista. In un post pubblicato sabato scorso sul profilo Facebook della Lega Nord Trentino e ripreso da quotidiani nazionali e locali, il segretario del Carroccio regionale Maurizio Fugatti denunciava che «in alcune strutture alberghiere trentine stanno iniziando i primi tirocini per i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale la cui durata massima, stante la normativa in corso, verrebbe fissata in dodici mesi e la cui indennità di partecipazione sarebbe di minimo 300 euro mensili o 70 euro settimanali, massimo 600 euro mensili». Soldi che sarebbero stati sborsati dalla Provincia e finiti nelle tasche dei profughi. Tanto è bastato per dare fuoco alle polveri e scatenare i moralizzatori sui social network: “Invece di aiutare i nostri giovani disoccupati…”, quei giovani, secondo il post leghista, «costretti a emigrare all’estero per costruirsi un futuro oppure a compiere (se fortunati) alcuni lavoretti saltuari in provincia». La Repubblica degli Stagisti ha voluto verificare che cosa davvero stesse accadendo. Innanzitutto, i numeri: dal marzo 2014 ad oggi sono giunti in Trentino (che è una provincia autonoma e che insieme a quella di Bolzano costituisce la regione a statuto speciale del Trentino Alto Adige, con un milione di abitanti) oltre un migliaio di profughi - metà dei quali soltanto di passaggio, in transito per raggiungere altre mete. E alcuni, sì, vengono inseriti in tirocinio in realtà produttive del territorio: ma non certo da oggi e, contrariamente a quanto affermato dal dirigente leghista trentino, senza prendere un euro.«La normativa nazionale sui tirocini è stata recepita dal Trentino con la delibera 2780 del 30 dicembre 2013» spiega Valentina Merlo, operatrice del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) del Cinformi, il Centro informativo per l'immigrazione, un’unità operativa del Dipartimento Salute e solidarietà sociale della Provincia Autonoma di Trento, che facilita l’accesso dei cittadini stranieri ai servizi pubblici e offre consulenze sulle modalità di ingresso e soggiorno in Italia, oltre ad un supporto linguistico e culturale. Ed effettivamente secondo quella delibera gli stagisti in Trentino hanno diritto, come in tutta Italia, a ricevere un compenso, che ciascuna Regione ha stabilito e che in Trentino va appunto, come indicato dal post di Fugatti, da 300 a 600 euro al mese. Ma, sorpresa, non per i profughi: «Fra le altre cose la normativa prevede l’esenzione totale o parziale dell’erogazione dell’indennità di partecipazione al tirocinio» prosegue la Merlo «nei confronti di quei soggetti, fra cui i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale, già beneficiari di sussidi economici». Ciò significa che è vero che la Provincia ha attivato dei tirocini, ma a costo zero per l’ente locale: «I richiedenti asilo o i rifugiati usufruiscono già di alcuni benefici, come vitto, alloggio, in alcuni casi denaro: la Provincia non c’entra nulla, sono soldi erogati dallo Stato». A favore di queste persone, spiega ancora Valentina Merlo alla Repubblica degli Stagisti, «il Cinformi attiva dei tirocini di otto settimane, assolutamente non retribuiti, che riguardano mansioni artigianali come pasticcere, panettiere, aiuto cuoco, elettricista, e così via, durante i quali i partecipanti ricevono una formazione adeguata e imparano le basi della lingua italiana. C’è poi la possibilità di prorogare questi tirocini per un periodo massimo di 12 mesi e in questo caso chiediamo all’azienda di erogare una borsa di tirocinio, che può variare da 300 a 600 euro, a seconda dell’impegno e del tipo di lavoro. Chi ottiene la borsa, automaticamente rinuncia a ricevere i benefici derivanti dal suo status». Una bella differenza rispetto al j'accuse della Lega, secondo cui i profughi «vengono tranquillamente fatti lavorare dalla stessa Provincia». La Provincia non mette un euro, semmai è la ditta privata che è libera di scegliere se trattenere o meno il lavoratore, pagandolo a sue spese. «Da marzo 2013 ad oggi abbiamo attivato 182 tirocini destinati ai titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo» precisa alla Repubblica degli Stagisti Lorenzo Rotondi, dell’ufficio stampa provinciale «e attualmente ne sono attivi all’incirca una cinquantina». Numeri che certificano come in Trentino si stia operando in maniera intelligente, ovvero cercando di fronteggiare l’emergenza con percorsi costruttivi di orientamento al lavoro. In questo modo, almeno, nessuno potrà lamentarsi - altra polemica ricorrente - dei profughi che vanno a zonzo per le vie delle città. Una ben magra figura ci fanno le testate che nei giorni scorsi hanno rimbalzato e pompato questa notizia, a cominciare da Il Giornale con il suo titolone strillato «In Trentino tirocini per i profughi da 600 euro al mese» in cima a un articolo che si limita a copincollare le frasi del post della Lega su Facebook senza nemmeno darsi la pena di capire se la "denuncia" fosse fondata. Ancor più triste rilevare che quest'ultima polemica innescata giunge proprio nel centenario dell' "Esodo dei Trentini", una pagina triste della storia nazionale, forse tra le meno conosciute della prima guerra mondiale. Allora furono proprio gli abitanti di questa terra a divenire profughi, colpevoli soltanto di trovarsi al confine tra le belligeranti Austria e Italia. Molti vissero lontani dalle proprie case per anni: 60mila furono costretti a combattere contro i russi, 75mila deportati nei campi austriaci e ciechi, tanti altri divisi nelle regioni italiane, con molte famiglie smembrate. Tutto questo accadeva soltanto un secolo fa. Ma oggi la memoria è labile, e ad agosto la caccia allo scandaletto estivo attiraclic è più aperta che mai e non guarda in faccia niente e nessuno.Marco Panzarella 

Programma Eye, con l'Erasmus per imprenditori si fa esperienza all'estero

Non solo studenti come da tradizione, ma anche giovani che muovono i primi passi nel mondo dell’imprenditoria. Da qui il nome del programma Erasmus for Young Entrepreneurs, abbreviato Eye, finanziato dalla Commissione Europea e per il quale è possibile fare domanda tutto l’anno. Destinatari nuovi imprenditori che abbiano già avviato una propria attività negli ultimi tre anni o aspiranti tali. Non ci sono limiti d’età, ma è fondamentale essere residenti in uno dei paesi partecipanti al programma. L’Eye dà la possibilità di trascorrere un periodo di durata variabile da uno a sei mesi in uno dei 37 paesi che aderiscono all’iniziativa presso un imprenditore già affermato da cui poter apprendere i «trucchi del mestiere» per la gestione di un’azienda. Nel corso del soggiorno all’estero i partecipanti al programma ricevono un rimborso spese mensile proporzionato al costo della vita del paese di destinazione, di importo solitamente compreso tra i 500 e i 1100 euro. Si va infatti dai 530 dell’Albania ai 1100 di paesi come Norvegia e Danimarca.Quanti progetti vengono approvati mediamente ogni anno? «Nel 2014 sono stati conclusi 853 scambi, coinvolgendo 1706 imprenditori.  In totale, più di 3100 scambi finalizzati dall’anno di inizio del programma, il 2009, con la partecipazione di 6200 imprenditori. 1761 scambi di imprenditori italiani sono stati accettati dall’inizio del programma: il 28% di imprenditori ospiti e il 72% di nuovi imprenditori», spiega alla Repubblica degli Stagisti Guendalina Cominotti dell’ufficio stampa Eurochambres, ente che gestisce il programma per conto della Commissione UE. È proprio l’Italia, insieme alla Spagna, a far registrare il numero più consistente di giovani imprenditori partecipanti al progetto nei suoi primi cinque anni di vita, seguita da Romania, Grecia e Polonia. «La crescita del programma è influenzata da diversi fattori, che variano da un paese partecipante all'altro. L'Erasmus per giovani imprenditori è ancora un nuovo programma» sottolinea la Cominotti: «Ha solo cinque anni e ha un budget modesto, rispetto a programmi come l'Erasmus per gli studenti che si protrae da oltre 25 anni, ha un budget significativamente più grande di Erasmus per i giovani imprenditori, ed è molto più conosciuto in tutta Europa. Inoltre, i primi anni il programma ha dovuto costruire la massa critica che era necessario per cominciare a crescere».«La domanda per il programma varia anche per paesi e settori» continua: «La Germania ha molti imprenditori ospitanti, ma non molti nuovi imprenditori, molto probabilmente a causa della forte presenza di programmi nazionali che vengono utilizzati per sostenere le start-up. Allo stesso modo, gli imprenditori ospitanti nel settore IT sono spesso meglio rappresentati di imprenditori ospitanti nel settore agricolo in quanto hanno una migliore conoscenza  e competenze linguistiche». La candidatura va inoltrata online in pochi step: innanzitutto è indispensabile registrarsi al sito e compilare l’apposito modulo online dopo aver effettuato l’accesso all’area dedicata. Successivamente vanno caricati il proprio cv e un progetto di impresa (solo nel caso in cui si tratti di aspiranti imprenditori) segnalando l’imprenditore straniero presso cui si intende svolgere il programma. La scelta può avvenire in due modi: o indicando a un centro di contatto locale – uno dei soggetti intermediari nel progetto, tra cui Camere di commercio, incubatori e altre organizzazioni di sostegno all’impresa, indicati sul sito – il nome di un imprenditore ospitante già conosciuto o  selezionandolo tra quelli aderenti al progetto. L'imprenditore dal canto suo deve possedere una serie di requisiti: risiedere stabilmente in uno dei paesi partecipanti al programma, essere titolare di una piccola-media impresa da diversi anni oppure membro del consiglio di amministrazione di una PMI. Fondamentale è la comprensione di una lingua comune a imprenditore giovane e ospitante, di livello almeno sufficiente.Nella fase successiva è necessario concordare con l’imprenditore «esperto» un progetto di lavoro e apprendimento da sottoporre poi al vaglio del centro di contatto locale di riferimento. Il rapporto che si instaura è una collaborazione tra imprenditori: i nuovi imprenditori non possono essere inquadrati come stagisti, né come dipendenti, spiegano da Eurochambres.«Nel 2014 abbiamo ricevuto 2.688 candidature da tutta Europa, di cui 2.007 approvate: il 61% di nuovi imprenditori e il 39% di imprenditori ospiti», continua la Cominotti. Chi sono questi imprenditori? La maggior parte di essi ha un’età media di 40 anni, un terzo dei partecipanti totali nei cinque anni è di sesso femminile. «Nel programma non chiediamo l'età: quando parliamo di "giovani imprenditori" facciamo riferimento all'esperienza imprenditoriale». Gran parte resta all’estero mediamente per un periodo di tre mesi e mezzo. Quanto alle prospettive successive «di sicuro alcuni giovani imprenditori sono rimasti fuori casa e hanno avviato una propria impresa, anche se non abbiamo dati certi a riguardo», conclude la Cominotti.Di sicuro c'è che per il periodo 2014-2020 sono stati stanziati nell'ambito del bilancio Cosme (acronimo che sta per EU programme for the Competitiveness of Enterprises and Small and Medium-sized Enterprises) 55,3 milioni di euro destinati al programma, che si spera possa crescere e guadagnarsi un posto di riguardo nell'ambito dei programmi di mobilità europei.Chiara Del Priore

Mercato del lavoro, senza gli immigrati in Italia starebbe peggio

Il mercato del lavoro in Italia sta male, ma senza gli immigrati starebbe peggio. A guardare i numeri raccolti dal ministero del Lavoro nel quinto rapporto sul mercato del lavoro degli immigrati, i lavoratori stranieri stanno risalendo la china della crisi più e meglio di quanto non stiano facendo gli italiani. Crescono i disoccupati e gli inattivi, ma anche gli occupati. Si tratta però soprattutto di lavori poco qualificati e scarsamente retribuiti. Come per l’Italia, anche per gli stranieri la disoccupazione si concentra tra i giovani: più della metà di quelli che sono in cerca di un lavoro ha meno di 34 anni. E i Neet, i ragazzi che non sono impegnati né nel lavoro né nello studio, si trovano pure tra gli immigrati. Su oltre 2,4 milioni di Neet italiani, quasi 347mila sono stranieri, ovvero il 14,4 per cento. Ma emerge anche una grossa percentuale di imprenditori stranieri, soprattutto tra i giovani. Se i lavoratori in proprio under 34 italiani sono il 7,5%, tra gli stranieri questa percentuale sale al 23,4. In generale però i giovani immigrati, anche quelli più istruiti, svolgono mansioni di basso livello ben più dei coetanei italiani...→ Continua a leggere l'articolo su Linkiesta

Lavoretti estivi, come orientarsi in Italia e in Europa

Ci sono i classici lavoretti estivi, camerieri, animatori e baristi, o quelli che possono aiutare a trovare la propria strada professionale. Tutti con un comune denominatore: andare all’estero e imparare, o meglio perfezionare, una seconda lingua e confrontarsi con una realtà differente. Il panorama di possibilità, soprattutto per i più giovani, per passare un’estate in un altro paese è vasta e conta su diversi canali, sia istituzionali che privati. Orientarsi non è semplice perchè online si trovano centinaia, se non migliaia, di pagine che promuovo un impiego per il periodo estivo. In generale il consiglio è di iniziare la ricerca per tempo, verso marzo o aprile, perchè spesso viene richiesto un impegno di almeno due o tre mesi. Ma per chi volesse partire last minute si trovano ancora diverse possibilità, soprattutto per settembre.Fondamentale riuscire a far emergere una propria peculiarità. «Bisogna sempre cercare di far emergere una propria specificità» spiegano dall’Informagiovani di Torino «ad esempio qualche tempo fa era venuta una ragazza bravissima nel preparare i cappuccini e che sapeva fare diversi disegni con la schiuma. Questo le ha consentito di essere presa in un bar in Spagna che non avrebbe avuto motivo di assumerla al posto di uno spagnolo, ma per loro quella competenza era preziosa». In generale a questo punto i villaggi turistici e gli hotel hanno già coperto le esigenze di organico e bisogna essere disposti a fare un po’ da jolly e accettare eventuali sostituzioni dell’ultimo minuto.  Per iniziare a cercare si possono utilizzare i siti dell’Informagiovani di ogni città in cui si trovano consigli e rimandi ai siti web europei e di altri paesi che offrono opportunità di lavoro. In tutti viene indicato il sito di Eures, la rete europea di cooperazione dei servizi pubblici per l'impiego in cui sono presenti oltre un milione di offerte di lavoro in 32 Paesi. Il numero maggiore di offerte si trovano tra Regno Unito e Germania, ma anche Paesi Bassi , Polonia, Svezia e Francia. Si possono poi consultare le offerte anche sulle maggiori agenzie per il lavoro che hanno un profilo europeo. Anche il lavoro stagionale ha subito la crisi e ora è tutto più veloce e più facile che in passato trovare qualcosa anche all’ultimo minuto. «Si trovano ancora offerte per settembre» spiegano all’Informagiovani torinese «ad esempio ci sono delle opportunità a Disneyland Paris, ma soprattutto in agricoltura con la raccolta della frutta e in Francia per la vendemmia». Per scegliere bisogna prima di tutto capire per quanto tempo si è disposti a stare fuori casa e a quali condizioni: ci sono opportunità, come i soggiorni alla pari, che consentono  in cambio di aiuto in casa e con i bambini, di avere ospitalità e un piccolo compenso. Si deve anche valutare il proprio livello linguistico, a seconda del paese scelto, e gli eventuali costi da sostenere nel caso si debba procurarsi vitto e alloggio. Per il lavoro alla Pari di solito viene richiesto un impegno di un paio di mesi minimo e cercando si trova ancora qualcosa per settembre anche se le offerte sono molto ridotte.  I diritti e i doveri della persona collocata alla pari, nonché i diritti e i doveri della famiglia ospitante, devono essere concordati per iscritto. Ci sono diverse formule orarie e di compenso a seconda dei paesi. In generale si riceve vitto e alloggio dalla famiglia ospitante, per quanto possibile in camera singola. Il compenso medio settimanale varia, ma in generale non può essere inferiore ai 70 euro settimanali. Per le formule più impegnative, (collaborazione in famiglia sei giorni a settimana per massimo 40 ore) si ha diritto a un pocket money di circa 85-95 euro che arrivano a 120 euro per un impegno di 50 ore settimanali. A tal proposito il sito Easyaupair può risultare molto utile. Tra i  lavori estivi più gettonati ci sono quelli in alberghi, villaggi, navi e ristoranti: animatori, cuochi, baristi camerieri e dj. «Faccio lingue all’università e volevo provare a vedere come me la sarei cavata da solo all’estero» racconta Marco, 22 anni di Torino «così l’anno scorso dopo Pasqua ho iniziato a guardare un po’ su internet quali possibilità c’erano. Volevo qualcosa che mi permettesse anche di divertirmi, era pur sempre la mia estate!». Alla fine Marco, attraverso degli annunci di agenzie online, ha trovato un lavoro di animatore in un villaggio turistico a Palma di Maiorca. «Appena arrivato avrei voluto tornare indietro» spiega «c’erano ragazzi da altri paesi e tutti parlavano senza difficoltà inglese tra loro. Capivo la metà delle cose. Tutti però mi hanno aiutato e dopo una settimana comprendevo quasi tutto. Alla fine del primo mese ero in grado di intavolare una conversazione quasi su ogni argomento senza difficoltà. A volte ho anche fatto qualche sogno in inglese!». Il suo contratto stagionale prevedeva un impegno di 40 ore settimanali «ma alla fine si lavorava sempre di più. Da contratto mi davano 500 euro al mese oltre al vitto e alloggio. Non nascondo che il lavoro è stato abbastanza faticoso, ma mi sono anche divertito. Senza contare che ora me la cavo anche con un po’ di spagnolo!» racconta Marco, che conclude «è un’esperienza che mi ha cambiato, mi ha fatto capire che posso cavarmela da solo». C’è invece chi come Roberta, 28 anni, ha fatto di un’esperienza estiva il suo lavoro. «Ho studiato biologia marina all’università di Genova perchè ho sempre voluto lavorare sul mare»  spiega «per questo l’estate della laurea ho deciso di partire e ho accettato di fare la guida marina per un villaggio turistico in Egitto. Ora lavoro per un tour operator alle Maledive e porto i turisti alla scoperta delle meraviglie della barriera corallina». Oltre al settore turistico esistono anche una serie di opportunità con contratti temporanei in catene commerciali, call center e grande distribuzione che in questo periodo offrono posti per delle sostituzioni. Per lavorare in Europa basta la carta di identità e a  volte è richiesto un certificato medico di buona salute. Per i paesi extra Ue è invece necessario un visto temporaneo con procedure che variano da paese a paese. In questo periodo però è sicuramente più semplice trovare lavori dell’ultimo minuto all’interno dell’Unione Europea. Per farlo bisogna però avere le idee chiare. «Spesso arrivano da noi ragazzi che dicono di voler andare a lavorare all’estero, senza avere un’idea precisa di qual è il loro obiettivo e anche delle proprie possibilità» spiegano all’Informagiovani di Torino. «Noi cerchiamo di fornire gli strumenti per poi riuscire a trovare quello che fa per loro. La cosa fondamentale, anche per un lavoro stagionale, resta comunque la lingua anche se dipende dal tipo di mansione che si va a svolgere. In quelle che non sono a contatto con il pubblico, come ad esempio il lavapiatti, di sicuro incide meno. Però tutti devono mettere in conto che magari gli verrà chiesto di fare un colloqui via skype, pratica ormai molto diffusa. Bisogna informarsi bene e non fare un salto nel buio. Per aiutare a orientarsi tra i vari paesi e i requisiti necessari abbiamo preparato sul nostro sito varie schede orientative». Un'ulteriore opportunità è rappresentata dalle Città dei Mestieri, una rete internazionale nata nel 1993 a Parigi con l'apertura della prima Cité des Métiers, per aiutare a orientarsi su percorsi formativi, lavorativi e professionali in tutta Europa. Nel corso degli anni la Rete si è sviluppata e oggi ne fanno parte oltre 40 realtà  in Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio, Germania, Svizzera, Mauritius e Cile. Nel nostro paese si trova a Milano, Genova, Treviso, Roma, e, da luglio, anche a Torino. L’accesso è libero e gratuito e oltre a materiale informativo si trovano esperti in vari ambiti, dalla formazione all’orientamento scolastico e professionale, a cui chiedere consiglio. Sara Settembrino

Un'università a misura di giovani mamme (e papà), Cagliari e Campobasso apripista della conciliazione

«Studentessa universitaria, sfiori la tua pancia dentro c'è una bella novità, che a primavera nascerà per farti compagnia ... e la sera ti ritrovi a pensare al futuro e ti sembra più vicina la tua serenità» cantava, forse con troppo ottimismo, Simone Cristicchi nel 2008. Ma per le studentesse universitarie che lo hanno ispirato non è facile proseguire gli studi e venire incontro alle esigenze familiari. E, nonostante le continue promesse di politiche in funzione delle famiglie, quasi nessun ateneo italiano prevede misure specifiche per chi ha figli a carico o in arrivo. Non è nemmeno facile capire quante siano nel nostro paese le giovani madri alle prese con esami e lezioni: dalll'ultima analisi statistica sulla maternità, pubblicata alla fine del 2014 dall'Istat,  Avere figli in Italia negli anni 2000, risulta che l’età media della nascita del primo figlio è arrivata a 30 anni. Nel 2014 sono stati partoriti poco più di 500mila bambini e il totale medio di numero di figli per donna è sceso a 1,29. Rispetto a dieci anni fa le madri under 25 sono passate dal 13% all’11,4%: fra di loro solo l'8,7% ha la cittadinanza italiana. Nel 2013 le partorienti sotto i 19 anni sono state 8.085 - con un calo del 17% rispetto a tre anni prima. Interessante la distribuzione sul territorio: le mamme giovanissime vivono soprattutto nel sud e nelle isole (60,4%), mentre nel nord-ovest sono il 16,6%, nel nord-est il 10,3% e nel centro il 12,7%. Un altro dato incontrovertibile che emerge anche dall'analisi Istat è che più il livello d'istruzione è alto, più il numero di figli è basso. Non solo: se la mamma è altamente istruita, partorirà più tardi il figlio.Eppure ci sono ancora giovani donne che vivono una maternità precoce senza rinunciare a portare avanti studi universitari. Larisa Petean, 29 anni, iscritta al corso di laurea specialistica di Economia e commercio all'università di Perugia, racconta la sua esperienza a Repubblica degli Stagisti: pochi mesi fa, il primo aprile 2015, ha messo al mondo una bambina e per il momento ha messo da parte lezioni e prove. «Mi mancano solo quattro esami alla fine e non ho intenzione di lasciar pedere, ma sono sola e in questo primo periodo la mia bambina ha un sacco di necessità. L'ultimo esame sostenuto? A febbraio, con le nausee, ma non sono stata affatto facilitata». Non appena ha scoperto di essere incinta Larisa si è rivolta alle segreterie di ateneo e di facoltà, ma le è stato detto che non erano previste facilitazioni. Anche quest'anno dunque Larisa ha pagato circa 400 euro di tasse, divise in tre scadenze. Poi ha parlato anche coi professori: «Sapendo che non sarei riuscita a frequentare regolarmente le lezioni come negli altri anni, ho chiesto di poter comunque sostenere gli esoneri. Ma tranne in un caso, non mi è stato  permesso». Larisa conclude parlando dei parcheggi: «Non ci sono posti riservati alle donne in gravidanza e non sono mai arrivata tanto in anticipo da trovarlo a meno di un chilometro dalla facoltà. Perugia è una città in salita e all'ottavo mese di gravidanza mi sarei risparmiata volentieri tutte quelle scale». «Il baby parking mentre sostengo gli esami? Se ci fosse lo sfrutterei volentieri, ma la vedo un'ipotesi irrealistica qui».Invece a Cagliari sarà realtà già dal prossimo anno accademico: se ne è parlato pochi giorni fa durante la presentazione dell'offerta formativa dell'ateneo più frequentato della Sardegna. Una delle novità sarà infatti la tessera baby istituita, come ha spiegato lo stesso rettore Maria del Zompo, insieme ad altre misure «per evitare che gli studenti abbandonino gli studi». La speciale card darà diritto a parcheggi riservati negli spazi dell'ateneo, priorità presso gli uffici, agevolazioni nella scelta dell'orario per sostenere esami di profitto. Ma anche l'accesso gratuito al materiale dei corsi on line e alla "stanza baby", uno spazio per stare con il proprio figlio in un momento di pausa tra una lezione e l'altra. L'obiettivo è anche quello di creare due baby parking, uno a Cagliari e l'altro a Monserrato (sede del campus universitario dell'ateneo) dove poter lasciare i bambini durante l'attività accademica. «L’iniziativa è nata da una mail: una studentessa "in dolce attesa", intenzionata a non abbandonare gli studi, esponendo le sue difficoltà ha chiesto se fossero già previste agevolazioni per la sua particolare condizione» racconta alla Repubblica degli stagisti il responsabile dell'ufficio stampa dell'ateneo: «Il prorettore Mola ha voluto incontrarla e, grazie all’attività del Comitato unico di garanzia presieduto dalla dottoressa Orrù, abbiamo predisposto queste iniziativa. A breve, e in base alle risposte che riscontreremo, arriveranno anche altre attività». Cagliari sembra seguire il buon esempio dell'ateneo di Campobasso, che a marzo ha aperto la prima nursery universitaria italiana, riservata a  mamme studentesse, ricercatrici e docenti dell'università del Molise. "Universomamma" è uno spazio sperimentale allestito all'interno del Dipartimento di Scienze umanistiche, sociali e della formazione primaria dell’ateneo molisano, unica nel suo genere. Si tratta di un'area comfort dotata di fasciatoio, giochi, riviste di settore.  Ma come è nato il progetto? «L'idea, come spesso accade, è venuta fuori da una situazione reale, davanti ai nostri occhi. Alcune ragazze del dipartimento di Scienze della formazione frequentavano i nostri corsi con bambini al seguito, così abbiamo pensato di dare loro un aiuto tangibile nel conciliare tempi di studio, di lavoro e di maternità. Speriamo di contribuire in questo modo alla loro realizzazione» racconta alla Repubblica degli Stagisti Elisa Novi Chavarria, consigliera del rettore per le Pari opportunità, soddisfatta dei primi risultati di questo piccolo grande esperimento: «Facciamo parte di un ateneo e un territorio di modeste dimensioni, quindi mentirei se le parlassi di centinaia di adesioni, ma sicuramente c'è stata una grande risposta da parte degli studenti e di chi lavora all'università. E proprio  l'entusiasmo di chi ha partecipato ci ha spinto a proseguire l'esperimento puntando a una vera e propria calendarizzazione per tutto l'anno accademico». Infatti per il 2015 sarà inaugurato un servizio aggiuntivo con personale specializzato che si prenderà cura dei piccoli quando le mamme o i papà saranno a lezione. Inoltre, grazie a una convenzione con il Centro sportivo universitario sarà possibile inserire alcune lavoratrici con contratti part-time, in base al numero delle richieste ricevute. A parte queste due eccezioni, e pochi altri casi - per esempio il Politecnico di Torino che previa compilazione di una domanda specifica, offre un servizio di babyparking cui hanno accesso i figli di studenti e dipendenti dell'ateneo - gli atenei italiani non riservano grandi attenzioni alle studentesse mamme o in dolce attesa, che possono al massimo usufruire dell'estensione di servizi previsti per altre categorie. «Abbiamo molti tipi di agevolazioni, come il "bonus Fratelli e Sorelle"» dice per esempio alla Repubblica degli Stagisti Valentina Alvaro dell'ufficio stampa della Sapienza di Roma, il più grande ateneo d'Europa: «Ma per il momento per le mamme e neo mamme non sono previste agevolazioni». Idem l'università Cattolica di Milano: l'ateneo non prevede alcuna agevolazione, ma «i singoli casi possono essere esposti alla Commissione contributi» specificano dall'ufficio stampa «che verifica di volta in volta se e in quali termini offrire un supporto agli studenti/ studentesse che ne fanno richiesta». . Da qualche anno poi all'università Statale di Milano è stato introdotto il «tempo parziale», una formula che prevede l’adattamento del percorso di studio, dal punto di vista organizzativo ed economico, ai singoli casi degli studenti. nche in questo caso non si tratta di un servizio pensato apposta per gli studenti-genitori, dato che può essere fruito da chi assiste un nonno o un familiare non autosufficiente e da chi lavora almeno sei mesi all’anno, nonché da sportivi e artisti con impegni professionali comprovati; ma è aperto anche a chi sta per diventare mamma (o papà) o ha figli piccoli sotto i cinque anni. Anche l'università di Padova si è dotata del tempo parziale, e anche in questo caso tra i potenziali beneficiari figurano gli studenti genitori.Un'altra possibilità è quella di sospendere momentaneamente l'attività accademica in concomitanza con la nascita del figlio, e qui il vantaggio è sopratutto economico: evitare di pagare le tasse universitarie per i periodi in cui si sa già che non si potranno frequentare le lezioni né sostenere esami. A questo proposito, all'università di Bologna - l'ateneo più antico d'Europa - è possibile avviare la procedura d'interruzione anche per le studentesse in stato di gravidanza o che abbiano appena partorito un figlio. L'interruzione dà diritto alla sospensione del pagamento delle tasse per un anno. Dall'anno prossimo tasse dimezzate per le mamme con un figlio piccolo o in dolce attesa all'università di Torino. Agevolazioni previste anche per le mamme iscritte all'università di Catania: «Già da molti anni, le studentesse ragazze madri con figli di età inferiore ai cinque anni, sono esonerate dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio, fissata dalla Regione Siciliana in 140 euro» spiega alla Repubblica degli Stagisti il capoufficio stampa dell'ateneo siciliano Mariano Campo: «Il Senato accademico dell’università di Catania ha inoltre appena approvato delle proposte per agevolare la carriera universitaria di studentesse con figli fino a cinque anni di età, studentesse in gravidanza, dall’ottavo mese o con diagnosi di gravidanza a rischio. Le mamme  dunque dal prossimo anno accademico potranno usufruire della riduzione dell’obbligo di frequenza, sostenere gli esami negli appelli straordinari e partecipare a specifiche attività di supporto didattico».Dunque agevolazioni a discrezione dell’ateneo e nessun dato ufficiale. Ma il problema esiste e c’è chi ha aperto un blog sul tema: mammastudia ha attualmente 30 anni, è ingegnere e ha avuto suo figlio Dede a 4 esami dalla laurea. Le sua pagina Facebook ha più 700 mi piace e il forum è pieno di lettere di ragazze di diverse facoltà, ma nella medesima situazione. Nella sua presentazione l'autrice (che mantiene l'anonimato) spiega perché ha aperto un blog: «Ho iniziato a scoprire il mondo delle mamme blogger e alla fine mi sono decisa e ho pensato: "perchè no? Lo apro anche io così intanto scrivo e mi sfogo, in più dò qualche notizia utile o faccio ridere qualche mamma, e magari chissà mi viene un lampo di genio e poi torno a studiare" . Ho ritrovato la motivazione e la forza, ho finito i miei progetti per l'esame e mi sono messa sotto a studiare... ho passato l'esame finale, preparato la tesi e finalmente mi sono laureata!». E con tutta probabilità in prima fila ad applaudire il neoingegnere c'era anche il piccolo Dede.Silvia Colangeli