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348 opportunità di stage in ambasciate, consolati e istituti di cultura: 300 euro al mese di rimborso, bando aperto fino al 23 ottobre

Tornano i tirocini al ministero degli Esteri. Il bando, aperto la settimana scorsa e online fino al 23 ottobre, mette in palio 348 posti in ambasciate, rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali, consolati e istituti di cultura. Qualcosa di simile al vecchio Mae-Crui: ora però questi tirocini si chiamano Maeci-Crui. Il programma Mae-Crui era stato interrotto nel 2012 e poi sostituito nel 2015 con questo nuovo Maeci-Crui, ma soltanto in via sperimentale, con tre mini-bandi: il primo da 82 posti (il bando, uscito a luglio 2015, riguardava tirocini da svolgersi da ottobre a dicembre 2015); poi il secondo da 77 posti (bando di ottobre 2015, con tirocini da gennaio ad aprile 2016); e il terzo da 82 posti (bando di gennaio 2016, tirocini da aprile a luglio 2016). Per un totale di soli 241 posti. Un numero davvero molto basso, sopratutto considerando che l'originale Mae-Crui metteva a bando più o meno 1.800 posti all'anno. Poi, da gennaio 2016 a settembre 2017 più niente. Fino ad oggi. Il bando attualmente aperto è frutto di un lungo lavoro: al tavolo ministero dell'Istruzione, ministero degli Esteri, Conferenza dei rettori, e alcuni parlamentari particolarmente sensibili al tema, prima fra tutte la giovane democratica Lia Quartapelle. Rispetto al vecchio Mae-Crui, le differenze più rilevanti sono due. La prima è che questi tirocini sono esclusivamente curriculari. Sono esclusi a priori dalla partecipazione, cioè, i laureati (anche neolaureati). Per candidarsi bisogna essere tassativamente studenti - anzi, non ci si può nemmeno laureare in itinere. Lo status di studente deve essere confermato dal momento della candidatura a quello dello svolgimento dello stage, fino alla sua conclusione. La seconda differenza è che, a differenza del Mae-Crui che per i partecipanti non prevedeva un euro, finalmente c'è un minimo di indennità. Qui bisogna notare che, rispetto ai tre mini-bandi “di transizione”, invece c'è stato di fatto un piccolo peggioramento. Per le tre sessioni 2015-2016 a favore dei tirocinanti era previsto un emolumento di 400 euro, 200 erogati dall'università e 200 dal Maeci. Il Maeci, se forniva l'alloggio, era esonerato dal pagamento dei suoi 200. Adesso per i tirocinanti è previsto un compenso pari a 300 euro, tutti erogati dall'università. Il che sembra sia un miglioramento, se non fosse che il Maeci non ci mette più soldi. Ci mette l'alloggio, ove possibile, ma quante sedi diplomatiche effettivamente lo mettono a disposizione? Solo 21 su 251. Dunque di fatto possiamo dire che il compenso dei tirocinanti è diminuito del 25%, salvo un piccolissimo 8% di partecipanti che riceverà il compenso ma anche l'alloggio.  In realtà non è proprio così. «Alcune sedi diplomatiche potranno erogare delle indennità integrative ai loro Maecicruini, in aggiunta ai 300 euro del Miur» assicura Lia Quartapelle. Però ciò significa che i candidati non potranno sapere in anticipo se riceveranno un'integrazione ai 300 euro mensili, oppure no. Il che è un tema non da poco: la sostenibilità economica è da sempre il tallone d'Achille di questo programma di tirocini, pensati per chi ha famiglie benestanti, in grado di pagare viaggi (a volte anche intercontinentali), assicurazioni mediche, stanze in affitto. Perché non insistere per una maggiore uniformità e trasparenza?«Sembra incredibile per un programma che è win-win per i ragazzi e l’amministrazione pubblica e che costa relativamente poco, ma... trovare le risorse per riattivare il programma non è stato facile» aggiunge Quartapelle: «Il rimborso non è solo una questione di dignità per i giovani che hanno voglia di mettersi al servizio dell’Italia e delle sue rappresentanze all’estero, ma può essere il discrimine che permette la partecipazione al programma o meno. Per questo abbiamo lavorato per mettere una soglia, quella dei 300 euro mensili, al di sotto della quale non si potesse assolutamente scendere: è un modo per affermare che non si lavora gratis e per venire incontro a quei ragazzi che senza almeno un minimo riconoscimento economico sarebbero stati esclusi dal programma perché troppo costoso. Questa soglia vale per tutti i tirocini curricolari, per i quali in teoria, il riconoscimento dei crediti formativi avrebbe potuto sostituire il rimborso. Ma la nostra è stata una battaglia di principio». Adesso la partita sarà quella di riammettere i neolaureati alla possibilità di fare questo tipo di esperienze: «Ora puntiamo anche ai tirocini extracurriculari» aggiunge Quartapelle: «Il nostro prossimo obiettivo è far riaprire i Maeci-Crui anche ai neolaureati, attraverso un bando ad hoc. E per questo avremo bisogno di ulteriori risorse economiche, perché gli extracurriculari hanno già finito i loro studi, hanno delle competenze più solide e, nel quadro dei programmi di inserimento al lavoro, hanno diritto ad un rimborso certamente superiore ai 300 euro». Dunque, ricapitolando. Ci sono 348 posti a disposizione, sparsi su 251 sedi diplomatiche in giro per il mondo (da notare: non sono previste stavolta posizioni all'interno della Farnesina), a cui ci si può candidare compilando l'apposito form entro le 17 di lunedì 23 ottobre. Coloro che verranno selezionati cominceranno lunedì 15 gennaio 2018 il proprio tirocinio nella sede a cui saranno stati assegnati e lo termineranno venerdì 13 aprile (salvo la possibilità di concordare una proroga, della durata massima di un mese). I requisiti principali per poter provare a cogliere questa opportunità sono avere la cittadinanza italiana, essere iscritti a uno dei 48 atenei aderenti all'iniziativa, avere meno di 28 anni, parlare l'inglese almeno a livello B2. Vi sono 12 classi di laurea ammesse per le candidature ai tirocini presso ambasciate, rappresentanze permanenti e consolati; mentre la platea si allarga enormemente se si vuole concorrere ai tirocini presso gli istituti di cultura. In questo caso sono 37 le classi di laurea per le quali è prevista la possibilità di candidatura, compresa quella di Lingue che era la grande esclusa nel passaggio da Mae-Crui a Maeci-Crui. Nell'elenco delle opportunità disponibili, tra i quali i giovani candidati sono chiamati a esprimere due preferenze, spiccano gli 8 posti presso il settore politico della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea a Bruxelles, i 7 posti presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Onu a Ginevra e altrettanti presso la rappresentanza permanente d'Italia all'Onu a New York, i 5 posti presso il Consolato generale di Londra, i 4 posti presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Onu a Ginevra e altrettanti presso il settore culturale di quella presso l'Unione europea a Bruxelles, e i 3 posti presso il Consolato generale a Curitiba, in Brasile. Ma attenzione: candidarsi per questi posti non conviene affatto. In termini statistici, infatti, la stragrande maggioranza dei candidati esprime preferenza per le sedi diplomatiche più blasonate e le città e i Paesi più glamour – a chi non piacerebbe andare tre mesi nella Grande Mela? – e la probabilità di essere scelti crolla. Se si vogliono più chance di fare il Maeci-Crui, è molto più lungimirante invece scegliere sedi diplomatiche periferiche. Volete provarci? Qui un approfondimento su come funziona il bando e come si fa a candidarsi.Eleonora Voltolina

Bando Maeci Crui 2017, ecco come candidarsi agli stage nelle sedi diplomatiche italiane nel mondo

Sognate un'esperienza nel mondo della diplomazia internazionale? Il nuovo bando Maeci-Crui può fare al caso vostro. C'è tempo fino al 23 ottobre per candidarsi per uno dei 348 stage trimestrali che avranno luogo a partire dal 15 gennaio 2018 presso le sedi all’estero del ministero degli Esteri: ambasciate, rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali, consolati, istituti di cultura (IIC).Il bando riguarda tirocini curriculari, dunque è riservato agli studenti universitari; in particolare a chi sia attualmente iscritto a uno dei 48 atenei che aderiscono all'iniziativa (l'elenco è in fondo alla pagina), e che non preveda di laurearsi prima della metà di aprile del 2018.Per i partecipanti è previsto un rimborso spese mensile forfettario di 300 euro, più la possibilità di alloggio gratuito nelle sedi diplomatiche che dispongono di appartamenti per dipendenti e collaboratori (purtroppo si tratta di sole 21 sedi sulle 251 presenti nel bando). Possono candidarsi gli studenti iscritti a 12 specifiche classi di laurea: Giurisprudenza (LMG/01), Finanza (LM-16), Relazioni internazionali (LM-52), Scienze dell'economia (LM-56), Scienze della politica (LM-62), Scienze delle pubbliche amministrazioni (LM-63), Scienze economiche per l'ambiente e la cultura (LM-76), Scienze economico-aziendali (LM-77), Scienze per la cooperazione allo sviluppo (LM-81), Servizio sociale e politiche sociali (LM-87), Sociologia e ricerca sociale (LM-88) e Studi europei (LM-90).La facoltà di Lingue è tra quelle escluse, ma viene ripescata tra le 37 classi di laurea ammesse alla candidatura per i tirocini presso gli istituti di cultura, che rappresentano 62 dei 348 posti a disposizione (pari al 18% del totale). Anche in questo caso, per semplicità l'elenco è in fondo alla pagina.  I requisiti per candidarsi sono, in sintesi: avere la cittadinanza italiana; non essere stati condannati o imputati in procedimenti penali; non essere destinatari di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione; avere acquisito almeno 60 crediti formativi universitari (cfu) nel caso delle lauree specialistiche o magistrali e almeno 230 cfu nel caso delle lauree magistrali a ciclo unico. Seerve inoltre una conoscenza certificata dell'inglese a livello B2 e, a titolo preferenziale di una seconda lingua straniera. Necessario infine avere una media non inferiore a 27/30 e un’età non superiore ai 28 anni.Non possono invece ricandidarsi coloro che abbiano già svolto un tirocinio Maeci-Crui e i vincitori di passate edizioni che abbiano rinunciato in precedenza - per qualsiasi motivo - al posto offerto. Possono invece ricandidarsi i candidati selezionati per un subentro che avessero rinunciato al posto offerto.I tirocini hanno durata trimestrale, a tempo pieno, con partenza il 15 gennaio e termine il 13 aprile, e la possibilità di concordare una proroga (di massimo un mese).Ci si candida online, compilando il form entro le ore 17 di lunedì 23 ottobre. Tra i documenti da inserire, un modulo di autocertificazione della veridicità delle informazioni fornite, la scannerizzazione di un documento di identità, una lettera motivazionale.Ogni candidato deve indicare obbligatoriamente la sua preferenza per due sedi di destinazione, una nel Gruppo 1 (ovvero Paesi UE, Norvegia, Principato di Monaco, Santa Sede, Svizzera, USA) e l'altra nel Gruppo 2 (resto del mondo). Tutte le candidature verranno preselezionate dalle università di appartenenza, che verificheranno il possesso dei requisiti indicati nel bando; al termine della preselezione, le candidature ritenute idonee verranno esaminate da una Commissione congiunta Maeci - Miur - Fondazione Crui che effettuerà la selezione finale. I 348 candidati prescelti avranno tre giorni, una volta ricevuta la comunicazione di ammissione da parte della propria università, per accettare o declinare l'offerta. I tirocini comportano il riconoscimento di almeno 1 credito formativo universitario per ciascun mese di attività effettiva, ferma restando la valutazione del periodo formativo di competenza degli atenei di riferimento.Elenco atenei:1) - Alma Mater Studiorum Università di Bologna2) - Libera Università "Maria SS. Assunta"3) - LUMSA4) - Libera Università di Lingue e Comunicazione5) - IULM6) - Sapienza Università di Roma7) - Università Ca' Foscari Venezia8) - Università Cattolica del Sacro Cuore9) - Università Commerciale "Luigi Bocconi"10) - Università degli Studi dell'Insubria11) - Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"12) - Università degli Studi di Bergamo13) - Università degli Studi di Brescia14) - Università degli Studi di Cagliari15) - Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale16) - Università degli Studi di Catania17) - Università degli Studi di Firenze18) - Università degli Studi di Genova19) - Università degli Studi di Milano20) - Università degli Studi di Milano Bicocca21) - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia22) - Università degli Studi di Napoli "Federico II"23) - Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"24) - Università degli Studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"25) - Università degli Studi di Padova26) - Università degli Studi di Palermo27) - Università degli Studi di Parma28) - Università degli Studi di Pavia29) - Università degli Studi di Perugia30) - Università degli Studi di Roma Tor Vergata31) - Università degli Studi di Roma Tre32) - Università degli Studi di Salerno33) - Università degli Studi di Sassari34) - Università degli Studi di Siena35) - Università degli Studi di Teramo36) - Università degli Studi di Torino37) - Università degli Studi di Trento38) - Università degli Studi di Trieste39) - Università degli Studi di Udine40) - Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"41) - Università degli Studi di Verona42) - Università degli Studi Internazionali di Roma43) - UNINT44) - Università del Salento45) - Università per Stranieri di Perugia46) - Università Politecnica delle Marche1) Bari - Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"2) Bari Politecnico - Politecnico di Bari3) Bergamo - Università degli Studi di Bergamo4) Bologna - Alma Mater Studiorum 5) Università di Bologna6) Brescia - Università degli Studi di Brescia7) Cagliari - Università degli Studi di Cagliari8) Camerino - Università degli studi di Camerino9) Campania Vanvitelli - Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli10) Catania - Università degli Studi di Catania11) Firenze - Università degli Studi di Firenze12) Genova - Università degli Studi di Genova13) Insubria - Università dell'Insubria14) Macerata - Università degli Studi di Macerata15) Messina - Università degli Studi di Messina16) Milano - Università degli Studi di Milano17) Milano Bicocca - Università degli Studi di Milano-Bicocca18) Milano Bocconi - Università Commerciale "Luigi Bocconi"19) Milano Cattolica - Università Cattolica del Sacro Cuore20) Milano IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM21) Napoli Federico II - Università degli Studi di Napoli "Federico II"22) Napoli L'Orientale - Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"23) Napoli Parthenope - Università degli Studi di Napoli "Parthenope"24) Napoli Suor O. Benincasa - Univesità degli Studi "Suor Orsola Benincasa”25) Padova - Università degli Studi di Padova26) Palermo Università degli Studi di Palermo27) Parma - Università degli Studi di Parma- Pavia 28) Università degli Studi di Pavia29) Perugia Stranieri - Università per Stranieri di Perugia30) Piemonte Orientale - Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"31) Pisa Scuola S. Anna - Scuola Superiore "S.Anna" di Studi Universitari e di Perfezionamento32) Roma LUISS G. Carli - Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli”33) Roma LUMSA - Libera Università "Maria SS. Assunta" – LUMSA34) Roma Sapienza - Università degli Studi di Roma "La Sapienza"35) Roma Tor Vergata - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"36) Salerno - Università degli Studi di Salerno37) Sassari - Università degli Studi di Sassari38) Scuola Normale Superiore - Scuola Normale Superiore39) Siena - Università degli Studi di Siena40) Siena Stranieri - Università per Stranieri di Siena41) Teramo - Università degli Studi di Teramo42) Torino - Università degli Studi di Torino43) Trento - Università degli Studi di Trento44) Trieste - Università degli Studi di Trieste45) Udine - Università degli Studi di Udine46) Urbino - Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"47) Venezia Ca' Foscari - Università Ca' Foscari Venezia48) Verona - Università degli Studi di VeronaElenco classi di laurea ammissibili per candidature a posizioni in IIC:- Giurisprudenza (LMG/01) - Antropologia culturale ed Etnologia (LM-01) - Archeologia (LM-02)- Archivistica e Biblioteconomia (LM-05)- Conservazione dei beni architettonici e ambientali (LM-10)- Conservazione e Restauro dei beni culturali (LM-11)- Filologia moderna (LM-14)- Filologia, Letterature e Storia dell’antichità (LM-15)- Finanza (LM-16)- Informazione e Sistemi editoriali (LM-19)- Lingue e letterature dell’Asia e dell’Africa (LM-36)- Lingue e letterature moderne europee e americane (LM-37)- Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale (LM-38)- Linguistica (LM-39)- Metodologie informatiche per le discipline umanistiche (LM-43)- Musicologia e beni culturali (LM-45)- Progettazione e gestione dei sistemi turistici (LM-49)- Relazioni internazionali (LM-52)- Scienze dell’economia (LM-56)- Scienze della comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità (LM-59)- Scienza della politica (LM-62)- Scienze delle pubbliche amministrazioni (LM-63)- Scienze delle religioni (LM-64) - Scienze dello spettacolo e produzione multimediale (LM-65)- Scienze economiche per l’ambiente e la cultura (LM-76)- Scienze economico-aziendali (LM-77)- Scienze filosofiche (LM-78)- Scienze per la cooperazione allo sviluppo (LM-81)- Scienze storiche (LM-84)- Servizio sociale e politiche sociali (LM-87)- Sociologia e ricerca sociale (LM-88)- Storia dell’arte (LM-89)- Studi europei (LM-90)- Tecniche e metodi per la società dell’informazione (LM-91)- Teorie della comunicazione (LM-92)- Traduzione specialistica e interpretariato (LM-94)- Conservazione e restauro dei beni culturali (LMR/02)Qui il link diretto al bando

I fuori sede riusciranno a votare alle prossime elezioni? Tutto dipende da un emendamento

Giovani che vengono da Bari e studiano a Pavia, che da Palermo si trasferiscono a Roma, a Padova da Napoli, a Bologna da Torino. Adulti che lavorano in una regione diversa dalla loro, e magari tornano a casa soltanto per le feste comandate. Sono i “fuori sede”, coloro che, per motivi di studio, lavoro o magari di salute, sono lontani da casa, anzi, per essere più precisi, dal loro comune di residenza. E quando si tratta di votare per le elezioni, sono grane. Per poter votare dall’estero il meccanismo è già consolidato da qualche anno, e basta essere registrati all’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, per imbucare il proprio voto nella cassetta postale (anche se, va detto, ci sono moltissimi italiani all’estero che non sono iscritti nei suoi registri). All’interno dei confini italiani, però, paradossalmente questo diritto non esiste: il voto è strettamente vincolato alla residenza, e l’unica agevolazione che lo Stato concede ai suoi cittadini è un rimborso spese sulla tariffa intera del treno. Un italiano quindi potrebbe ritrovarsi a dover andare da Aosta a Siracusa, dovendo affrontare 23 ore di treno e un esborso di 200 euro, unicamente per votare. Com’è possibile che per poter esercitare un proprio diritto/dovere (che peraltro sarebbe anche opportuno facilitare, considerando che in Italia abbiamo un’affluenza pari al 60%, stando ai dati delle ultime amministrative) si debba complicare la vita in questo modo ai cittadini?Se l’erano chiesti, già diversi anni fa, anche i fondatori di quello che nel 2008 è diventato il Comitato Iovotofuorisede, nato proprio per sollevare la questione e consentire il voto in mobilità ai cittadini italiani che vivono lontani dalla propria regione. Dopo una petizione e il contatto con alcuni parlamentari e senatori, negli anni sono state elaborate diverse proposte di legge per rendere possibile l’early vote, la procedura di “voto anticipato” per le elezioni politiche, europee e referendarie per questi soggetti. Ben sei proposte, presentate dai deputati Carmelo Briguglio, Roberto Occhiuto, Federica Mogherini (oggi Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'UE) e Annagrazia Calabria e dai senatori Francesco Pardi e Stefano Ceccanti, che si erano però risolte in un nulla di fatto, visto il parere negativo del ministero dell’Interno che sosteneva “difficoltà organizzative“ e “rischio brogli e manomissioni” con questa procedura. Ieri, però, la proposta di emendamento alla legge elettorale è stata nuovamente presentata in una conferenza stampa alla Camera da Andrea Mazziotti, presidente della Commissione Affari istituzionali, rimettendo sul tavolo la questione.«Noi ci battiamo da dieci anni perché questo provvedimento venga attuato, dalla nostra prima petizione abbiamo ricevuto tante promesse, ma non si è mai concretizzato nulla» dice Stefano La Barbera, presidente del Comitato Iovotofuorisede. «Ieri abbiamo avuto la conferenza stampa per presentare la proposta, ma a metà giornata è stata emessa la fiducia, quindi l’emendamento è decaduto. Adesso stiamo spingendo perché venga discusso in Parlamento già questo giovedì». Il Comitato ha lanciato proprio oggi una petizione su Change.org perché il governo metta all’ordine del giorno l’emendamento e lo discuta il prima possibile. «Questo è un cambiamento che va introdotto se non vogliamo rimanere indietro rispetto al resto d’Europa. Siamo l’unico paese dell’Unione a non avere ancora una legislazione che consenta il voto in mobilità» aggiunge La Barbera.Già molti paesi europei, tra cui Danimarca, Francia e Germania, infatti, utilizzano diverse modalità di voto da remoto. In Italia l’ipotesi più plausibile sarebbe quella dell’advanced voting, ovvero la votazione presso una sezione elettorale diversa da quella a cui si è iscritti nel comune di residenza, come già si usa in Danimarca - «un esempio utile di un sistema con cui vota il 5% della popolazione e si conserva la segretezza del voto», specifica il presidente del Comitato. Se dovesse andare in porto, l’emendamento potrebbe essere applicato in due modi: con una modifica alla legge elettorale, oppure attraverso un decreto da parte del governo in cui si regolamentino le modalità di voto in mobilità. «Non chiediamo un meccanismo specifico, ma di interrompere questa “astensione forzata” che vale per un milione di italiani, e parliamo di una stima elaborata per difetto» aggiunge La Barbera.Sono molte le organizzazioni che hanno già dichiarato il loro appoggio all’iniziativa. Tra queste, oltre a Iovotofuorisede, anche l’Erasmus student network, i Giovani democratici, la Rete per l’eccellenza nazionale, Skuola.net, l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca (ADI), il Comitato Ventotene e l’Associazione nazionale famiglia emigrati. Andrea Mazziotti, che ha presentato la proposta, peraltro, si è distinto per aver promosso in passato diverse proposte di legge, tra cui la riforma dell’articolo 38 della Costituzione per garantire l’equità generazionale delle pensioni, sottoscritta da deputati di maggioranza e opposizione, e il compenso minimo per tirocinanti e praticanti negli studi professionali, con un restyling delle norme elettive per i vertici di alcune categorie professionali e uno “svecchiamento” degli ordini.Dal Comitato si dicono speranzosi di vedere la misura entrare in vigore entro le elezioni politiche della primavera 2018. «Il provvedimento era già stato appoggiato da più parti, sappiamo che il Parlamento è favorevole e speriamo che venga approvato in blocco soprattutto dal PD. La nostra richiesta è che non si rimandi più, questa è l’ultima occasione che abbiamo in questa legislatura di attuarlo», incalza La Barbera. Tra gli esponenti che si sono schierati a favore della proposta, Maria Elena Boschi, Anna Finocchiaro e Anna Ascani, dell’intergruppo giovani del Parlamento, con cui “abbiamo un’interlocuzione costante”, specifica il presidente del comitato.«Le promesse che l’attuale governo ci ha fatto devono essere mantenute. I disegni di legge presentati finora sono quelli che hanno portato all’approvazione del voto all’estero anche per chi ci vive solo temporaneamente, e secondo lo stesso principio chiediamo che venga applicato anche qui». E in effetti, se il problema si può considerare risolto per gli italiani all’estero, oltre 4,8 milioni nel 2016 (nonostante l’iscrizione all’Aire e le tempistiche rimangano un po’ macchinose), basti dire che gli studenti che frequentano l’università al di fuori della propria regione sono ben 349mila (dato Istat del 2015), il che rappresenta solo una parte degli italiani in mobilità in altre regioni.Dal Comitato, infine, tengono a sottolineare come si tratti di un emendamento tecnico e non politico. «L’early vote in prefettura garantisce segretezza e certezza, libera il diritto di voto e combatte l’astensione», riporta Andrea Mazziotti sul suo blog. E, soprattutto, «l’early vote assicura poi risparmi». Infatti, stando ai dati riportati, i rimborsi delle agevolazioni ferroviarie o marittime hanno richiesto l’impiego di circa 30 milioni di soldi pubblici tra il 2004 e il 2009, mentre la stima del governo sul voto dei cittadini temporaneamente all’estero nel 2011 si fermava a 700mila euro.Dopo tante vicissitudini e rinvii, sembrerebbe essere arrivato il momento di dare una svolta alla questione, consentendo a tutti, a partire dai giovani, di esprimere il proprio voto anche a distanza, cercando di recuperare un almeno un po’ sul cronico ritardo italiano nello scenario europeo. «La legge elettorale è l’occasione per innovare le procedure di voto. Con l’Italicum abbiamo dato la possibilità di votare all’estero ai cittadini temporaneamente fuori dai nostri confini, come gli studenti Erasmus» incalza Mazziotti. «Ora facciamolo anche per chi studia o lavora a Milano, Bologna o Roma e risiede in un’altra regione. Una scelta di innovazione democratica».Irene Dominioni

Generazione cultura, il bando per fare stage nelle istituzioni culturali - e poi aprire una startup

Un mese e mezzo di formazione alla Luiss di Roma, sei mesi di stage con indennità in una delle tante istituzioni culturali italiane, dagli Uffizi di Firenze alla Reggia di Caserta, e l’opportunità di ricevere un finanziamento per un’idea di startup in ambito culturale. Questo è quel che si prospetta ai 50 giovani neolaureati entro i 27 anni che saranno ammessi a Generazione Cultura, il progetto promosso e finanziato dal Gioco del Lotto in collaborazione con il MiBact, Ales (Arte lavoro e servizi, la società in house del Mibact) e Luiss Business school. Le candidature aprono da oggi fino al 1° novembre, e lo scopo è di promuovere innovative idee imprenditoriali nel campo dei beni culturali, notoriamente uno dei più preziosi e al tempo stesso bistrattati del nostro Paese, attraverso l’intraprendenza e la creatività delle nuove generazioni.«L’idea di fondo è che noi abbiamo fondamentalmente due asset non sfruttati a pieno, i beni culturali, di cui abbiamo la maggiore concentrazione al mondo, e i giovani», dice alla Repubblica degli Stagisti Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School. «Generazione Cultura tende a mettere insieme la freschezza, l’innovazione e la capacità di sviluppo imprenditoriale di giovani ad alto potenziale al servizio dello sviluppo del settore culturale, e lo fa fornendo strumenti formativi di conoscenza del settore della cultura ma anche dell’innovazione in questo campo, offrendo uno stage all’interno di enti e fondazioni culturali, per sperimentare cosa significa veramente gestire, valorizzare e mantenere i beni culturali e, non meno importante, un contest di idee per lanciare dei progetti innovativi che potrebbero essere oggetto di incubazione all’interno dell’università Luiss».Per partecipare al programma bisogna essere nati dopo il 2/10/1989, possedere un titolo di laurea magistrale in qualsiasi disciplina e avere un buon livello di inglese. Il test di ammissione e il colloquio per sondare motivazione e conoscenza della lingua inglese avverranno da novembre e, per gli ammessi, le lezioni partiranno a gennaio 2018. La formazione di 200 ore, spalmata su 6 settimane, è curata dalla Luiss Business School e verte sui temi della Digital transformation e comunicazione, Marketing dell’arte e della cultura, Adventure Lab, Cultural project management ed Economia e gestione delle istituzioni culturali pubbliche italiane. Gli stage sono previsti da marzo a settembre 2018 in uno dei 25 istituti tra musei, fondazioni e gallerie aderenti, con un rimborso spese pari a 3mila euro sui sei mesi, erogati in due tranche. Ma l’elemento cruciale e più intrigante è lo step dedicato allo sviluppo di idee di impresa: alla fine del percorso di stage i ragazzi presenteranno i loro progetti e i cinque più meritevoli saranno avviati alla fase di incubazione, dove potranno completare la stesura del business plan e usufruire di un servizio di tutoring on demand per l’analisi competitiva, il posizionamento di mercato e la definizione di tutte le fasi che caratterizzano il pre-seed delle nuove idee imprenditoriali.Quella in apertura domani è la seconda tornata di selezioni. La prima, avviata a marzo, ha già portato il gruppo iniziale dei partecipanti alla fine del periodo di formazione, e proprio in questi giorni si stanno apprestando ad iniziare lo stage. La Repubblica degli Stagisti li ha sentiti per sapere se finora sono stati soddisfatti del programma. «La formazione è stata una pagina molto importante del progetto, perché ci siamo confrontati con i maggiori esperti del settore della cultura. L’aspetto fondamentale è poter acquisire delle competenze che attualmente sono richieste, perché in Italia c’è una crescente necessità di digitalizzare qualsiasi cosa, e noi abbiamo studiato un po’ come si fa» racconta Anna Maria Maselli, 26enne campana, laureata in Filosofia con un master in Management delle organizzazioni no profit. Quali aspettative hanno verso lo stage? «Mi aspetto soprattutto di imparare il più possibile, e soprattutto da un punto di vista pratico, come mettere a frutto i miei studi e la formazione che ho ricevuto in una realtà concreta. Da quanto mi è stato detto mi occuperò principalmente di gestione degli eventi e di comunicazione» dice Sara Da Ronch da Padova, 25 anni, laureata in Lettere e Filologia moderna e in procinto di iniziare il tirocinio alle gallerie dell'Accademia di Venezia. E quanto riguarda le idee di startup? «Durante il percorso formativo abbiamo tutti ideato un progetto» racconta Piercarlo Zizzari, salentino laureato in Giurisprudenza: «Chi di noi ha pensato a proposte simili si è unito in un unico gruppo, e devo dire che il corso, da questo punto di vista, ha forse dato la giusta carica a più di qualcuno per mettersi in moto. E’ proprio per questo che mi sento di poter consigliare Generazione Cultura».Sembrano tutti soddisfatti, management compreso, tant’è che «si sta già discutendo per ripartire con una nuova edizione di Generazione Cultura», racconta Boccardelli. C’è un però. Il settore culturale nel nostro Paese è notoriamente in crisi da lungo tempo, tanto da essere definito «il più grande disinvestimento settoriale che si sia avuto in Italia negli anni 2000», secondo l’ultimo report dell’Agenzia per la coesione territoriale. Secondo le stime di Eurostat, l’Italia ha più siti culturali Unesco di tutti gli Stati Europei, e nonostante il settore culturale sia il terzo in Italia per numero di occupati (880mila nel 2015), il suo livello di impiegati è minore della maggior parte degli altri paesi europei. In più, la spesa pro capite in cultura continua a diminuire (dai 121 euro pro capite del 2014 ai 119 del 2015), segno di un’Italia che, seppur ricca di cultura, non sa fruirne o non vuole valorizzarla a dovere. E’ possibile che un progetto come Generazione Cultura riesca a cambiare le carte in tavola? «E’ vero che esiste un tema di domanda di mercato, nel senso che i beni e i servizi culturali hanno subìto una flessione legata in parte al ciclo economico e alla crisi, e in Italia forse si potrebbe fare di più per far crescere la nostra società verso un consumo di prodotti culturali più ricco» dice Boccardelli. «Però c’è anche un problema di offerta: in altri mercati, il bene di natura culturale viene fruito in maniera più efficace. In questo senso Generazione Cultura non è un progetto di formazione, ma un progetto culturale che pone le basi per costruire una classe di talenti che hanno a cuore lo sviluppo del patrimonio culturale, e soprattutto lo sviluppo dell’offerta di beni e servizi culturali che permettano anche di alimentare la domanda». Eppure, secondo Almalaurea, i laureati in materie umanistiche sono i più penalizzati, a un anno dal diploma: quante possibilità hanno i partecipanti al programma riuscire a trovare un impiego in questo campo? «Se le persone che approcciano Generazione Cultura pensano di utilizzare le proprie competenze culturali solo per fare il sovrintendente, questo non è il programma per loro: la domanda è quella dei concorsi per sovrintendenti ai beni culturali» scherza Boccardelli. «Il programma che noi offriamo è un programma di sviluppo di competenze gestionali, con un approccio innovativo e imprenditoriale applicato al settore culturale, quindi un percorso diverso. Quelle lauree hanno uno sbocco naturale nelle professioni culturali, ma sicuramente la domanda è superiore per le professioni gestionali legate al mercato dei servizi culturali. La promessa è di costruire una professionalità solida che questo mercato riconoscerà, perché è quello di cui ha bisogno».E’ anche per questo che il progetto rimane aperto ai laureati di tutte le discipline, vedendo nell’interdisciplinarietà un valore aggiunto nella formazione di team innovativi. Anche chi possiede competenze più tecniche, quindi, può metterle a disposizione per esempio per il lancio di un’iniziativa digitale o la progettazione di una nuova customer experience all’interno di un museo. Alla fine, l’elemento distintivo è la passione per il prodotto cultura, al di là del background di studi.I partecipanti a Generazione Cultura potrebbero quindi sì trovare collocazione all’interno delle istituzioni culturali esistenti, ma anche nel mondo delle imprese che offrono servizi nei settori culturali, come eventi, servizi di gestione, o società di consulenza; o, infine, sviluppare progetti imprenditoriali che colmino un bisogno del mercato non soddisfatto pienamente dall’offerta culturale attuale. Certo è che un mese e mezzo di formazione suona come un periodo un po’ breve per costruire una professionalità solida, in grado di dare vita ad una startup. «La formazione imprenditoriale è legata a tutto il percorso, l’importante è acquisire strumenti e conoscenza del settore culturale, sperimentare all’interno di alcune organizzazioni cosa significa gestire beni e servizi culturali. Fare la startup invece è tutta un’altra storia: c’è la fase di incubazione, con un’attività di assistenza, di formazione e di mentorship, è un processo che si sviluppa in un tempo molto più lungo. Quello che noi facciamo è portare i ragazzi all’inizio di questo percorso, stimolando la loro creatività e cercando il collegamento con altre risorse e competenze che possono completare il team imprenditoriale» replica Boccardelli. «Noi offriamo una piattaforma di relazioni e di opportunità tali per cui, se ci sono in campo gli ingredienti giusti e la giusta motivazione, qualcosa di buono si riesce a fare».La partita è aperta, ed è inevitabilmente destinata a giocarsi su più piani, sia su quello del talento individuale, sia sulla capacità del sistema di incanalare e sviluppare questo talento. «Il settore dei beni culturali in Italia è e rimarrà in crisi anche dopo questo esperimento; se e come questo progetto migliorerà la situazione delle realtà culturali italiane, dipenderà esclusivamente dalla destrezza degli agenti di questo settore di poter cogliere al volo l'enorme potenzialità che la Luiss sta mettendo in campo» riflette Piercarlo Zizzari. «Spero che Generazione Cultura possa darmi un aiuto nell'aprirmi un varco in questo settore e soprattutto nel potervi dare un contributo, ma penso anche che questo dipenda in prima persona da noi stessi, da come viviamo quest'opportunità e da ciò che seminiamo durante il percorso», aggiunge Sara Da Ronch. Se questa è la strada da intraprendere, la scommessa di Generazione Cultura dovrebbe iniziare a portare i suoi frutti nella prossima primavera, quando le prime idee di startup verranno incubate.  Almeno per il momento, però, sembrerebbe di aver imboccato la giusta direzione: la valorizzazione culturale, insieme a quella dei giovani, non potrà che rappresentare un passo positivo per il progresso del Paese.Irene Dominioni

600 posti di stage da 1.250 euro al mese al Parlamento europeo, tutte le informazioni per candidarsi

Il 15 ottobre è l’ultimo giorno utile per candidarsi ai tirocini presso il Parlamento europeo, da effettuare nel periodo che va dal primo marzo al 31 luglio del prossimo anno nelle sedi di Bruxelles e Lussemburgo. L’importo – aspetto non di poco conto di questi tempi! – è di 1.252 euro mensili, più un rimborso per le spese di viaggio. Un trattamento economico di tutto rispetto... che fa gola a molti. L'ufficio stampa del PE conferma alla Repubblica degli Stagisti che per la tornata di tirocini del 2017 sono arrivate al PE, per 677 posti, ben 16mila le domande presentate, di cui poco meno di 5mila (il 30%, una percentuale enorme) presentate da nostri connazionali. I candidati italiani prescelti poi sono stati per la cronaca 98 – gli stage negli organismi europei, garantiscono infatti un numero equo e fisso di posti per ognuno dei 28 stati membri, dunque il numero di italiani inseriti in stage al PE è sempre lo stesso di anno in anno a prescindere dal numero di candidati, perché è un numero prestabilito e preassegnato ad ogni Stato membro, indicativamente in proporzione alla sua popolazione.Tornando al bando in questione, vi sono differenti tipologie di tirocinio disponibili: per i cosiddetti tirocini «Robert Schuman»  è possibile scegliere tra opzione generale, opzione giornalismo, destinata a candidati iscritti all’ordine dei giornalisti nel proprio paese, con esperienza professionale comprovata da pubblicazioni o comunque in possesso di formazione giornalistica. L’opzione «premio Sacharov» infine, punta ad approfondire la conoscenza dell’azione del Parlamento europeo nell’ambito dei diritti umani. È possibile inoltrare la candidatura per un massimo di due settori. La deadline del 15 ottobre vale anche per un’ulteriore tipologia di tirocini, ossia quelli per traduttori.Nel caso dei tirocini Schuman per poter inviare la propria candidatura è indispensabile avere più di 18 anni, essere cittadino UE, avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione Europea, non avere usufruito di un impiego nell’ambito delle istituzioni europee per più di quattro settimane consecutive.Per quelli di traduzione è necessario, in aggiunta ai requisiti elencati, conoscere in modo approfondito due lingue dell’Unione Europea oltre a una delle lingue ufficiali UE. Le candidature possono essere inoltrate esclusivamente online attraverso la pagina dedicata. Bisogna prestare molta attenzione alla compilazione del modulo in quanto una volta inoltrata la domanda non è più possibile modificarla. Dopo circa otto settimane dall’invio della candidatura è possibile sapere se si è stati selezionati, inseriti in un elenco di riserva oppure se la propria candidatura non ha avuto esito positivo.L’iter di selezione, spiegano sempre dall’ufficio stampa, prevede che sulla base delle domande scritte ciascuna unità selezioni i candidati più rilevanti per il proprio ambito.Quali sono le prospettive di assunzione alla fine del tirocinio? Lo stage purtroppo non dà garanzia di un eventuale proseguimento del percorso lavorativo al Parlamento o in altre istituzioni europee. Da Bruxelles non si sbilanciano. I ruoli e le figure professionali in ambito UE sono tante, ma è necessario seguire l’iter stabilito dall’ufficio europeo di selezione del personale (EPSO).Chiara Del Priore

Quando la scuola ha una marcia in più: Ashoka premia gli istituti changemaker italiani

Scuole in cui si insegnano programmi antiquati con metodi standardizzati, dove agli studenti viene somministrato un pacchetto prestabilito di conoscenze e non esiste spazio per approfondimenti individuali o attività extrascolastiche; scuole in cui magari si utilizzano pure le lavagne interattive, ma che finiscono per essere usate come si farebbe con il gesso; scuole dove il tasso di stranieri si alza sempre di più, ma che non sanno davvero come integrare e valorizzare la diversità; scuole in cui gli studenti vivono qualsiasi lezione o compito come un peso, piuttosto che come un’opportunità di crescita, perché non hanno la possibilità di metterci del loro. Chi non ha mai visto almeno una di queste situazioni da vicino? I problemi del mondo dell’istruzione in Italia sono ben noti, e i tempi per il cambiamento della macchina scolastica, malgrado le riforme, pure.Ma non dappertutto è così. All’istituto tecnico/scientifico ISS Majorana di Brindisi, per esempio, non ci sono cattedre e si impara e si lavora con le nuove tecnologie e la realtà virtuale. Il Collegio del Mondo Unito UWC Adriatic di Duino, invece, raduna nelle classi del triennio studenti da più di 80 paesi diversi, facendo lezione unicamente in inglese. L’IC San Giorgio di Mantova propone una didattica basata su aule feng shui, progetti europei e scambi internazionali già alle elementari e medie, mentre il Città Pestalozzi di Firenze promuove l’apprendimento collaborativo, accompagnato da attività extra come teatro e falegnameria. All’Attilio Bertolucci di Parma, infine, oltre alle normali lezioni gli studenti intraprendono attività di educazione alla pace e volontariato, ma anche coding e stampa 3D, avendo anche a disposizione una redazione scolastica e un orto. Veramente esistono scuole del genere in Italia? Ebbene sì, nessun trucco. Sono istituti “con una marcia in più”, che si distinguono da tutti gli altri per i loro metodi innovativi e perché mettono i propri studenti al centro, investendo su competenze e autonomie concrete, utili non solo per il successo durante il percorso formativo, ma anche nella vita. Scuole, in breve, che cambiano il modo di fare scuola e che Ashoka, organizzazione non profit che seleziona e connette imprenditori sociali nel mondo (e di cui Eleonora Voltolina, direttrice della Repubblica degli Stagisti, è di recente diventata una Fellow), ha selezionato come le prime cinque Scuole Changemaker d’Italia, inserendole così in una rete globale di istituti all’avanguardia di cui fanno già parte oltre 200 scuole da più di 30 Paesi.In questi inediti istituti, i ragazzi maturano qualità come l’empatia, la creatività, il lavoro di gruppo, l'innovazione e l’Intraprendenza, quelli che Ashoka riconosce come i paradigmi del cambiamento sociale. E, più di tutto, viene stimolata in loro la consapevolezza della propria capacità di poter creare un impatto nella società. “Everyone a changemaker”, dice Ashoka: un messaggio chiaro e positivo, volto a convincere tutti, giovanissimi compresi, del proprio potenziale sociale. Ecco perché l’organizzazione, in Italia ormai da un paio d’anni, ha voluto impegnarsi nell’applicare il proprio format di selezione degli imprenditori sociali anche nelle scuole, creando per loro un programma mirato che le mette in connessione tra loro e le porta a condividere le buone pratiche, massimizzando la portata dei loro esempi positivi. Anche perché un gran numero dei suoi Fellow opera già da anni in ambito giovanile. Tra questi Dario Riccobono, co-fondatore di AddioPizzo Travel, che dal 2009 organizza viaggi in Sicilia per scuole, università e chiunque sia interessato ad intraprendere un tour in maniera etica, andando a soggiornare, mangiare e visitare strutture che si rifiutano di pagare il pizzo, ribellandosi alla mafia; Paulo Lima, fondatore di Viração, un’associazione nata in Brasile nel 2003 e arrivata in Italia nel 2016, che promuove l’educazione alla cittadinanza e alla partecipazione attraverso l’insegnamento degli strumenti e delle tecniche di comunicazione (di cui uno dei principali esempi è l’Agenzia di Stampa Giovanile); e infine Alfonso Molina, fondatore della Fondazione Mondo Digitale, che promuove l’inclusione sociale e digitale dei giovani attraverso progetti orientati alla partecipazione per mezzo della tecnologia.«Gli oltre 500 Fellow Ashoka impegnati a livello internazionale nel settore educativo dimostrano che trasmettere il valore dell’empatia nei primi anni di vita, partecipare a lavori di gruppo e di leadership condivisa, mettere i ragazzi al centro della didattica, è il metodo migliore per aiutarli ad essere e percepirsi come attori del cambiamento» riassume Alessandro Valera, direttore di Ashoka Italia. «Per questo motivo abbiamo ritenuto importante e altamente strategico lanciare anche in Italia il programma delle Scuole Changemaker, coordinato da Lorenzo Newman. Un intenso lavoro durato due anni che ci ha permesso di individuare i cinque istituti di eccellenza. Il prossimo obiettivo sarà quello di rendere virali le loro buone pratiche».Come fa Ashoka a individuare le scuole changemaker? «Noi ci accorgiamo di loro perché il nostro sistema prevede dei referaggi», spiega alla Repubblica degli Stagisti Lorenzo Newman, responsabile scuola di Ashoka Italia: «Chiediamo a esperti di segnalarci le scuole e alle scuole segnalate di indicarcene altre. Tra quelle che arrivano in selezione svolgiamo interviste e visite molto rigorose, per essere sicuri che corrispondano alla visione didattica condivisa, e soprattutto che abbiamo voglia di assumere un ruolo di leadership. Le scuole premiate si sono distinte per questo, avendo saputo mettere insieme un apparato amministrativo forte».Da sole, queste scuole hanno saputo emergere e adottare programmi innovativi rispetto al resto del sistema, senza ricevere direttive dal Ministero dell’Istruzione o altre autorità. Il loro spirito di iniziativa e la volontà di non rassegnarsi allo status quo delle cose si sono rivelati cruciali per poter cambiare le carte in gioco, diventando quindi esempi positivi a cui guardare. Ma si tratta di “illuminati”, di istituzioni e personalità che hanno saputo distinguersi proprio perché erano fuori dal comune già in partenza, oppure no? In sostanza, cos’è che di un changemaker lo rende tale? «Soprattutto un senso delle proprie capacità e la capacità di empatizzare con i problemi degli altri per trovare soluzioni insieme» risponde Lorenzo Newman:  «Non serve essere un supereroe, con proattività e spirito di collaborazione si possono ottenere dei risultati eccezionali: molti degli imprenditori sociali di Ashoka non sono grandi studiosi o uomini d’affari, sono persone normali». Chiunque, proprio chiunque, insomma, può fare qualcosa per cambiare il mondo intorno a sé. Anche i più giovani, quella “generazione zeta” che invece, secondo l’immaginario collettivo, è solo capace di stare attaccata allo smartphone, tra Snapchat e Instagram, ignara di chi sia l’attuale Presidente della Repubblica e impreparata persino quando si tratta di rifare il letto. Non è così, e Ashoka ha le prove anche di questo: si chiamano Francesca e Martina, Luigi e Adriano. Hanno tra i 14 e i 15 anni e hanno lanciato dei progetti innovativi per risolvere alcune delle problematiche che vivono sulla loro pelle di adolescenti. Francesca Laudisa e Martina Caracciolo, dell’istituto Galilei-Costa di Lecce, hanno contribuito a fondare MaBasta! - Movimento Anti Bullismo Animato da Studenti Adolescenti. Il nome parla da sé: il progetto punta a contrastare gli spacconi convinti di poter dettare legge a scuola e aiutare gli studenti che ne sono vittime, sia online che offline, generando una serie di strumenti utili per tutti. Così sono state istituite le figure dei “Bulliziotti” e delle “Bulliziotte” in ciascuna classe, agenti che operano per prevenire fenomeni di prevaricazione tra compagni, ma anche una “Bullibox” dove segnalare anonimamente su un bigliettino gli episodi di bullismo subiti o di cui si è stati testimoni a scuola, e pure una challenge che spinge gli studenti a girarsi un video e a metterlo in rete per sensibilizzare sul tema. La pagina Facebook conta già più di 34mila like, e nell’ultimo anno i ragazzi del movimento sono saliti sul palco di Sanremo 2017, hanno incontrato il presidente Mattarella, il Papa e diversi personaggi del mondo dello spettacolo, ricevuto riconoscimenti, finanziamenti pubblici e donazioni.Luigi Ruggieri e Adriano Lopez de Onate, invece, vengono da Palermo e hanno fondato Books&Stuff, una piattaforma online per la condivisione e la recensione di una lista personale di romanzi letti, pensata per incentivare gli studenti alla lettura. Sono stati i più giovani speaker di sempre al TedX di Roma e a breve lanceranno ufficialmente il loro sito. Alla Repubblica degli Stagisti raccontano: «Abbiamo notato che le nostre insegnanti erano piuttosto affrante, perché a scuola la lettura è forzata, non si leggono libri per piacere. Con il nostro progetto vogliamo far riscoprire il valore della lettura, ed entro fine anno intendiamo attivarlo a partire dalla nostra scuola, ma mantenendolo comunque accessibile a tutti», dice Adriano. La piattaforma l’hanno sviluppata da autodidatti, senza ricevere nessuna formazione specifica a scuola. «Ho ricevuto cinque certificazioni Microsoft, e dal 2016 collaboro con un blog», aggiunge Adriano, orgoglioso. Leggono un libro al mese ciascuno e da grandi vogliono lavorare nel mondo dell’informatica. Si trovano ovunque esempi concreti, insomma. E l’iniziativa individuale e l’azione collettiva rappresentano la combinazione vincente per creare un impatto, il principio che sottende tutta l’attività di Ashoka. L’obiettivo finale? Influenzare, ovviamente, i livelli più alti della società e i loro processi decisionali. Questo è il senso della premiazione delle scuole changemaker italiane, una prova che il cambiamento è possibile, ed è possibile che parta dal basso: «Questo riconoscimento pubblico consente a queste scuole di diventare più autorevoli e di aiutare meglio gli altri. Le facciamo incontrare per condividere le buone pratiche, e stiamo lavorando per creare un filo diretto tra le scuole changemaker e le istituzioni» precisa Newman. «Le scuole abitualmente si espongono a livello pubblico sui temi della didattica: riteniamo che far esprimere le scuole eccellenti, con un’ottica di leadership, in modo corale su questi temi possa essere più influente sui policymaker». Ashoka mantiene rapporti molto forti ma volutamente informali con il ministero dell’Istruzione, in modo da consentire libertà di azione e rimanere fedeli al contatto con la società civile. Organizza regolarmente workshop e formazione (dove si impara anche come diventare una scuola changemaker) e a breve avvierà una seconda selezione di istituti. Insegnando così la lezione più importante di tutte: se si vuole cambiare il modo di fare scuola, è proprio da lì che bisogna partire.Irene Dominioni

Valorizzare le donne sul lavoro, trenta aziende firmano il «Manifesto per l'occupazione femminile»

Valorizzare la diversità, il talento, la leadership femminile nelle aziende, promuovendo un approccio concreto per superare lo storico gap tra i due sessi nei luoghi di lavoro. È animati da questa volontà che trenta amministratori delegati d’importanti aziende italiane e straniere hanno firmato, nella sede della Luiss Business School di Roma e alla presenza di rappresentanti istituzionali quali la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Maria Elena Boschi e la viceministra allo Sviluppo economico Teresa Bellanova, il Manifesto per l’occupazione femminile promosso da Valore D, associazione d’imprese nata nel 2009 che raggruppa oltre 160 aziende che hanno scelto d’impegnarsi, appunto, nella promozione dell’occupazione femminile. Il Manifesto si propone come un documento programmatico in 9 punti, per ognuno dei quali «l’azienda si impegna, con gradualità e compatibilmente con le proprie specificità di settore e dimensionali, a dotarsi di obiettivi chiari e misurabili» che assicurino «il riconoscimento del valore della diversità di genere come risorsa chiave per l’innovazione, la produttività e la crescita». Essenziale in questa direzione è anzitutto l’impegno da parte delle aziende, in fase di selezione, ad avere un gruppo di candidati rappresentativi di entrambi i generi (punto 1). Stando ai dati Eurostat per il 2016, infatti, la presenza delle donne nel mondo del lavoro è piuttosto scarsa: solo la metà delle donne in Italia lavora (il 51,6% contro il 71,7% degli uomini), a differenza di quanto si verifica in paesi come Norvegia e Svezia (le cui percentuali sono rispettivamente il 76,7% e il 79,2%) ma anche in Francia e Germania, dove le donne lavoratrici sono il 66,3% e il 74,5%. Eppure una maggiore occupazione femminile significherebbe anche una maggiore crescita economica per le aziende e per l’intero paese, come dimostra l’indagine di The Boston Consulting secondo cui l’allineamento del tasso di occupazione femminile a quello maschile porterebbe il Pil italiano a crescere del 12%. Per questo, ha sottolineato la presidente di Valore D Sandra Mori, «il percorso sostenuto dal Manifesto dovrebbe diventare un tema d’attualità anche nell’agenda paese, ed essere intrapreso da tutte le aziende, non solo da quelle attualmente firmatarie». Ma un incremento quantitativo non basta. Accanto al numero delle donne lavoratrici deve necessariamente aumentare anche la qualità del lavoro. Per questo le aziende devono impegnarsi a monitorare, analizzandone i principali indicatori, come le opportunità di crescita e il divario salariale, e la presenza femminile al loro interno (punto 3), oltre che a favorire un incremento della presenza femminile nelle posizioni di rilevanza strategica (punto 8). Le donne lavoratrici guadagnano infatti in media un quinto in meno rispetto ai colleghi uomini e il loro numero, già in partenza nettamente inferiore, diminuisce man mano che ci si avvicina ai ruoli di responsabilità (il 29% del totale), come ha evidenziato l’amministratore delegato del Gruppo Generali Philippe Donnet: «Generali ha in tutto il mondo 75mila dipendenti, di cui la metà sono donne; quindi potremmo pensare di essere a posto. Ma così non è. Nei ruoli dirigenziali le donne sono molte meno e il nostro dipartimento di risorse umane sta lavorando affinché la presenza femminile ai vertici aumenti». A fargli eco è la presidente del Gruppo Ferrovie dello Stato Gioia Ghezzi: «In nessuna azienda si è al 50 e 50 tra uomini e donne, e più si sale ai vertici più cresce il gap nei salari e, dunque, nelle pensioni. Anche in Fs siamo indietro ma stiamo lavorando per migliorare, adottando una policy che prevede, nei meccanismi di selezione, il 50% di donne a tutti i livelli». Sulla qualità, oltre che sulla quantità, del lavoro femminile si è soffermato anche l’intervento di Maria Elena Boschi: «Nonostante l’Istat abbia rilevato a giugno il record storico dell’occupazione femminile (49,1%) a partire dal ’77», sia ancora necessario migliorare non solo la quantità dell’occupazione femminile (l’obiettivo fissato dall’Ue è quello del 70% entro il 2020), ma anche la qualità del lavoro, dando la possibilità a molte donne di «assurgere a ruoli dirigenziali». È proprio per far fronte a queste scarse opportunità che tante donne hanno infatti dato vita a imprese proprie, «facendo dell’Italia il secondo paese in Europa per numero di aziende femminili». «Il governo è da tempo impegnato su tutti i punti evidenziati dal Manifesto» ha proseguito «come dimostra lo stanziamento di 55 milioni per il 2018 e di altrettanti per il 2019 per la contrattazione aziendale di II° livello, che mira a valorizzare le misure che favoriscono nelle aziende la conciliazione vita-lavoro, ma anche l’introduzione, a partire da quest’anno, di misure atte alla valutazione dell’impatto che le varie riforme hanno sulla differenza di genere». Insomma bisogna ancora lavorare molto «affinché ogni donna sia messa nelle condizioni di dimostrare quanto vale, nelle stesse condizioni degli uomini. Non vogliamo favoritismi, ma uguali condizioni di partenza».Ed essenziale alla parità nelle condizioni di partenza è l’impegno dell’azienda a supportare le proprie dipendenti in uno dei momenti più “critici” per la loro vita lavorativa, la maternità, proponendosi di migliorare la gestione del periodo di assenza e favorire una più fluida riorganizzazione del lavoro che tenga in considerazione le esigenze delle neo mamme al rientro (punto 4). «Molte donne madri corrono infatti il rischio di essere licenziate, e queste interruzioni e discontinuità nel lavoro le conducono ad avere poi, a fine carriera, una pensione bassa» ha evidenziato il presidente Inps Tito Boeri: «Una donna che decide di avere un figlio senza tornare poi a lavorare perde mediamente il 35% delle retribuzioni, mentre una che dopo la maternità rientra a lavoro perde circa il 10%. Un valido aiuto sarebbe in questa direzione anche il congedo di paternità (punto 5), se non fosse che solo 1/3 dei papà ne ha usufruito» Per questo, secondo Boeri, il congedo di paternità dovrebbe essere «imposto e ampliato», dando così un segnale forte di cambiamento nella cultura del lavoro. Un segnale forte può venire anche dall’impegno delle aziende a sviluppare politiche di welfare aziendale a sostegno dei propri dipendenti (punto 6), così come dall’implementazione di modalità di lavoro flessibile (punto 7). È in questo senso che molte aziende come Bip, Microsoft e Dla Piper si stanno muovendo, dando ai propri dipendenti la possibilità di lavorare anche da casa, in quanto «ciò che conta è il risultato, non il numero di ore passate in sede». Ma attenzione a che queste forme di smart working non finiscano per «togliere l’orario di lavoro e, allo stesso tempo, far sì che il lavoro invada la vita», ha fatto notare il partner Dla Piper Giampiero Falasca, secondo cui «lo smart working non va adottato in maniera neutra, ma applicato a progetti determinati, prestando dunque una certa attenzione». A generare condivisione ma allo stesso tempo confronto è stato il secondo punto del Manifesto, secondo cui «l’azienda riconosce l’importanza sempre crescente delle competenze in ambito Stem (science, technology, engineering e mathematics)» ma, «consapevole che, se da un lato queste saranno le professioni del futuro, dall’altro le donne rischiano di essere ancora più penalizzate perché meno presenti in queste discipline, s’impegna a raggiungere una situazione quanto più paritetica possibile tra i generi a parità di competenze e professionalità». I presidenti di varie aziende tecnologiche hanno infatti osservato a tal proposito come sia per loro difficile assicurare la parità di genere in un contesto in cui il numero di ragazze formate in discipline tecnologiche risulta nettamente inferiore a quello dei ragazzi. Per questo, come evidenziato dagli amministratori delegati di Avanade e General Electric Mauro Meanti e Sandro De Poli, «l’impegno dell’azienda non basta. Serve anche un intervento sul sistema scolastico che parta dalla scuola secondaria, dove i ragazzi iniziano a decidere cosa fare da grandi. Un ottimo mezzo risulta in quest’ottica l’alternanza scuola-lavoro, che deve però essere estesa. L’impegno deve poi proseguire nell’università, che deve dotarsi di meccanismi che consentano di produrre talenti di entrambi i generi». Il mito secondo cui il lavoro scientifico è «roba da uomini» deve infatti essere sfatato, deve essere oggetto di un cambiamento culturale che riguardi più in generale il ruolo delle donne nei luoghi di lavoro. Per questo serve un impegno, da parte delle aziende, a coinvolgere attivamente il management sui temi dell’occupazione e della crescita professionale femminile (punto 9), con «attività di formazione per manager aventi moduli dedicati alla differenza di genere», ma anche di «networking e mentoring, per dare fiducia e sostegno alla donne, affinché credano nelle loro capacità», ha affermato la vicedirettrice della Banca d’Italia Valeria Sannucci. Nella stessa direzione è andato anche l’intervento di Teresa Bellanova, che ha sottolineato come il governo abbia fatto un’importante riforma del lavoro, ottenendo il congedo a ore ma anche quello baby-sitting. «Ma il cambiamento non può venire solo dall’alto, dalle istituzioni, perché gli interventi devono anche essere accettati e messi in opera. Serve quindi un cambiamento dal basso, un cambiamento culturale, poiché ancor oggi capita di trovare annunci di lavoro rivolti a soli uomini; e non si tratta di lavori fisici, ma di impieghi normalissimi». «Questi pregiudizi non si cambiano con una legge» ha ammesso Bellanova «È una sfida che deve essere affrontata dalle imprese e dalle organizzazioni sindacali e che, se accettata, migliorerà non soltanto la vita delle donne, ma anche quella delle imprese. Perché più aumenta la soddisfazione nel fare il proprio lavoro, più aumenta la produttività».Giada Scotto

SpeedUProgram di Bricocenter, 10 posti direttamente a tempo indeterminato

Dieci posizioni a tempo indeterminato destinate a giovani neolaureati di talento per sviluppare progetti innovativi da implementare in azienda: questa è la promessa che Bricocenter Italia, azienda leader nei prodotti e nei servizi orientati al fai da te e da poco entrata a far parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, offre attraverso il suo nuovo talent program, SpeedUProgram. Attraverso questo format, alla sua prima edizione, Bricocenter punta a individuare nuove soluzioni nel campo dei negozi di prossimità e ad acquisire giovani talenti su cui investire nel lungo periodo. Per farlo ha deciso di offrire a ciascuno dei dieci candidati che supereranno la selezione un contratto a tempo indeterminato: un’opportunità rara, che premia il valore e offre una sicurezza notevole rispetto alle chance che il mondo del lavoro attuale consente. C’è tempo fino al 1 ottobre per fare domanda attraverso il modulo di partecipazione online e caricare il proprio curriculum. I requisiti sono l’essersi laureati tra il gennaio 2016 e il settembre 2017, parlare bene l’inglese o il francese (l’azienda fa parte di Adeo), avere un’esperienza all’estero di studio o di lavoro di almeno sei mesi alle spalle ed essere disponibili per trasferte a livello nazionale ed internazionale.Il talent program è rivolto sia all’esterno che all’interno, quindi anche ai collaboratori Bricocenter che rispettino i criteri. Ai selezionati viene offerta una RAL, che sta per retribuzione annua lorda, di tutto rispetto: intorno ai 24.600 euro.Il processo di selezione è piuttosto strutturato. Al momento dell’invio della candidatura si partecipa innanzitutto ad uno skillgame, un test psicoattitudinale con una lista di 48 domande su argomenti di logica e innovazione, che seleziona i primi 300 partecipanti. Superato questo step, i candidati partecipano ad una breve video intervista per sondare motivazione e idoneità, mentre un terzo passaggio prevede la partecipazione ad un business game in 4 round che testerà le capacità di risoluzione delle sfide che la leadership d’impresa pone, attraverso il lavoro di squadra. Nella stessa giornata ci sarà la possibilità di presentarsi e distinguersi anche attraverso due momenti: pitch yourself, una breve presentazione di sé in inglese o in francese in 3 minuti di tempo, e pitch strategy, con cui il gruppo di lavoro presenterà le soluzioni elaborate durante il business game. Se l’esito di questo ulteriore step è positivo, i venti candidati che più si saranno distinti passeranno infine alla contest idea, una giornata in cui presenteranno la propria idea innovativa di negozio di prossimità del futuro, con un pitch di 5 minuti, il 7 novembre.I profili che riusciranno a superare tutte le fasi diventeranno gli “Speedupper” di Bricocenter. I giovani passeranno il primo mese dedicandosi al networking e alla conoscenza dell’azienda, per poi intraprendere un percorso di altri 7 mesi dedicato allo sviluppo di un progetto personale innovativo, sotto la guida di un mentor, con l’obiettivo di implementarlo in azienda.«Questo programma nasce dall’esigenza di accelerare la costruzione del vivaio talenti proponendo un percorso innovativo che permetta loro di esprimere le proprie potenzialità con autonomia» racconta alla Repubblica degli Stagisti Laura Arioli, responsabile HR di Bricocenter. «Credo sia una bellissima opportunità per quei ragazzi che hanno nel loro DNA passione per gli altri e per il fare, voglia di conoscere, iniziativa e una grande motivazione a lasciare il segno».In che posizione verranno inquadrati gli Speedupper allo scadere degli otto mesi? La particolarità del talent program di Bricocenter è che i giovani non vengono selezionati pensando già ad un ruolo specifico da occupare alla fine del percorso, ma sono indirizzati verso le diverse funzioni aziendali a seconda delle proprie inclinazioni e capacità: «Quando i ragazzi termineranno gli 8 mesi del programma, avranno già avuto modo di esprimersi e maturare una propensione verso funzioni e progetti aziendali, e quindi sarà normale sviluppare un percorso coerente», specifica Arioli. I giovani Speedupper potranno così vedersi inseriti in diversi rami di Bricocenter, dai servizi informativi a quelli immobiliari, dal settore dell’amministrazione e finanza a quello degli acquisti, e infine controllo di gestione, franchising, marketing e comunicazione, supply chain e logistica, risorse umane o vendite e negozi, assumendo il ruolo più adatto a sé. Rimangono ancora pochi giorni per accedere alla prima fase di selezione e tentare di diventare uno Speedupper in Bricocenter. Come prepararsi al meglio per lo skillgame? «Ci rivolgiamo a giovani laureati che vivono il digitale con naturalezza. Per le domande di logica non c'è da preoccuparsi né da prepararsi, perché riguardano le attitudini che tutti i giorni mettiamo in campo quando ragioniamo!», conclude la responsabile Risorse umane. La posta in gioco è alta e la competizione serrata, ma è giusto che sia così: un’opportunità di valore non potrà che far emergere le qualità migliori dei candidati.Irene Dominioni

50 opportunità di stage al Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea, via alle candidature

Buone notizie per i tanti giovani che sognano di metter piede in un’istituzione europea iniziando magari con un'esperienza di tirocinio. Non tutti sanno infatti che, oltre a Parlamento e Commissione, anche il Consiglio dell’Unione europea offre ai giovani cittadini dell’Ue la possibilità di svolgere programmi di tirocinio al Segretariato generale, l'organo deputato a «coordinare i lavori del Consiglio» e a «sostenere la presidenza nei negoziati all'interno dello stesso e con le altre istituzioni dell'Ue». Attenzione però, perché non tutti gli stage presso il Segretariato prevedono un compenso. Ve ne sono infatti due tipologie: remunerati, destinati a cittadini dell'Ue in possesso di un titolo accademico almeno triennale, e obbligatori non remunerati, destinati a studenti universitari del terzo, quarto o quinto anno che debbano svolgere un periodo di formazione obbligatorio nel quadro del loro corso di studi.Ma iniziamo da quelli remunerati. I posti complessivi sono 100 all'anno, distribuiti in maniera equa (50 e 50) in due periodi della durata di cinque mesi ciascuno: il primo va dal primo febbraio al 30 giugno 2018, e per candidarsi c’è tempo dall'11 settembre scorso fino al 16 ottobre; il secondo va invece dal primo settembre 2018 al 31 gennaio 2019, e sarà possibile candidarsi tra il 15 gennaio e il 15 marzo 2018. Occhio però alle tempistiche: a fronte dello stesso numero di posti disponibili, bisogna infatti notare una sostanziale differenza riguardo i tempi di candidatura; se per candidarsi al primo periodo si ha infatti a disposizione un mese, per il secondo si può usufruire esattamente del doppio, ossia due mesi. Questo non può evidentemente non incidere anche sulla probabilità di essere selezionati: in trenta giorni arriveranno infatti ragionevolmente meno candidature che in sessanta e, se i posti sono equamente suddivisi, chi si candida adesso avrà un numero decisamente inferiore di competitor. All'incirca la metà!Per quanto riguarda il rimborso spese, la cifra è di 1159,44 euro mensili a cui si aggiungono una tessera per la riduzione delle spese di vitto e un contributo per le spese di viaggio calcolato in base alla distanza geografica tra Bruxelles e l’indirizzo indicato sul modulo di candidatura (non è prevista alcuna indennità per distanze inferiori a 50 km da Bruxelles).I tirocini «non conferiscono lo status di funzionario o impiegato dell’Unione europea né danno alcun diritto ad essere reclutati nelle istituzioni dell’Ue», ma forniscono di certo un bagaglio di esperienze che continua ad attrarre tanti giovani: in primis italiani.Fin dall’avvio del programma nel 2007, dicono i responsabili del programma tirocini del Segretariato alla Repubblica degli Stagisti, gli italiani hanno infatti mostrato grande interesse per questa possibilità, piazzandosi al primo posto in assoluto tra i “richiedenti stage”. Il picco si è registrato nel 2014 quando ben 2.558 delle 5.265 candidature arrivate in Consiglio erano italiane. Vuol dire il 49%: un candidato su due, quell'anno, proveniva dall'Italia. Un'enormità. Tanti gli italiani anche negli anni successivi, con 492 candidature delle 2.398 totali nel 2015 e 892 delle 2.056 totali nel 2016 (pari rispettivamente al 21% e al 43%).I requisiti per candidarsi sono, in linea di massima, gli stessi richiesti delle altre istituzione europee: in primis bisogna essere cittadini europei o dei paesi candidati che hanno concluso i negoziati di adesione all’Ue; è necessario poi aver completato almeno la prima parte dei propri studi universitari e avere, quindi, un diploma di laurea o equivalente, nonché una buona conoscenza e capacità di comunicazione in inglese o francese. La materia di laurea, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non è invece così vincolante: nonostante la maggioranza delle domande, fanno sapere dal sito, sia presentata al momento da candidati in possesso di qualifiche in giurisprudenza, scienze politiche, relazioni internazionali, studi sull’Unione europea ed economia, il Segretariato generale del Consiglio «cerca tirocinanti in possesso di qualifiche anche in altri settori, come quelli di traduzione, risorse umane, comunicazione, scienze della formazione, informatica, grafica, multimedia, tecnologia agricola, ingegneria biochimica, sanità e sicurezza alimentare, gestione energetica, ambiente e ingegneria aerospaziale». Non possono invece candidarsi, si legge sul sito, «coloro che hanno già beneficiato di qualsiasi tipo di formazione (retribuita o non) o di occupazione di durata superiore a sei settimane nell’ambito di un’istituzione, organo, agenzia o ufficio dell’Ue».Per candidarsi basta registrarsi, inserire i propri dati anagrafici, i titoli di studio, le esperienze professionali e le conoscenze linguistiche. Dopodiché è necessario compilare e spedire online (qui) sul sito Epso l’application in lingua inglese o francese. I candidati, fanno sapere dal portale del Consiglio, «potrebbero essere invitati anche a sostenere un colloquio telefonico o via Skype» e, in caso di parità di merito, «l’Ufficio tirocini cercherà di assicurare un sano equilibrio geografico e di genere, favorendo la presenza del maggior numero possibile di nazionalità e mirando a raggiungere il 40% del genere sottorappresentato».I giovani selezionati per il primo periodo di tirocinio (quello in partenza a febbraio) saranno contattati al più tardi in dicembre, mentre gli altri riceveranno notizie entro maggio. Chi sarà selezionato dovrà fornire prova di tutte le informazioni indicate nel modulo di candidatura e presentare quindi una copia cartacea del passaporto o della carta d’identità, una dei diplomi o certificati ufficiali, una prova dell’esperienza professionale (ove richiesta) e della conoscenza delle lingue indicate. Tali documenti giustificativi non devono dunque essere inviati al momento della candidatura online ma solo in caso di accettazione della domanda di ammissione.Saranno informati per posta elettronica o tramite il loro account Epso anche i candidati esclusi, che rischiano di non essere pochi: «Il Segretariato generale del Consiglio» fanno sapere infatti dal sito «riceve ogni anno circa 4mila candidature per tirocini con compenso, ma i posti disponibili sono solamente cento».Accanto a questi 100 posti remunerati ci sono poi altri 20 posti non remunerati riservati a studenti universitari del terzo, quarto o quinto anno che devono svolgere un periodo di formazione obbligatorio all'interno del loro corso di studi o effettuare ricerche ai fini della tesi o di un dottorato. Anche questi tirocini, che possono durare da uno a cinque mesi, sono come gli altri suddivisi in due tranches (1 febbraio - 30 giugno; 1 settembre - 31 gennaio): per la prima è possibile candidarsi fino al primo ottobre, mentre per la seconda c'è tempo fino al primo aprile 2018.Per quanto riguarda l’aspetto economico, i tirocinanti non remunerati non beneficiano chiaramente di una sovvenzione mensile, ma soltanto di un contributo alle spese di viaggio  e di una tessera per la riduzione delle spese di ristorazione valida per la mensa del Consiglio.I requisiti d’accesso sono gli stessi richiesti per i tirocini remunerati e per candidarsi basta registrarsi sul sito Epso, compilare il modulo di candidatura disponibile in inglese o francese e allegarvi un attestato ufficiale dell’istituto d’insegnamento superiore frequentato che certifichi l’obbligo o la necessità, per il candidato, di effettuare tale tirocinio. Ai candidati selezionati sarà richiesto, come ai “colleghi remunerati”, l’invio dei documenti giustificativi a sostegno delle informazioni indicate nel modulo di candidatura.Ma di cosa si occuperà uno stagista al Segretariato? Sebbene «dipenda dalle necessità del servizio», si apprende dal regolamento, il lavoro quotidiano del tirocinante sarà «equivalente a quello svolto dai giovani funzionari amministrativi all’inizio della loro carriera»: si tratterà quindi di «organizzare e partecipare a incontri e gruppi di lavoro, redigere verbali, archiviare pratiche, tradurre documenti, cercare e compilare documentazioni, rispondere alle varie domande». Lo stagista parteciperà inoltre a programmi di formazione che includono conferenze e visite ad altre istituzioni europee e «sarà posto sotto la responsabilità di un consigliere addetto ai tirocini che lo guiderà e supervisionerà il suo lavoro».Giada Scotto

Regole sui tirocini, balzo in avanti del Lazio: il rimborso minimo sale a 800 euro

Buone notizie per i futuri stagisti laziali, che a partire dal 1° ottobre potranno contare su un rimborso spese mensile non inferiore agli 800 euro. È la principale novità introdotta dalla nuova disciplina sui tirocini extracurriculari - ovvero i tirocini formativi e di orientamento o di inserimento/reinserimento lavorativo - approvata il 9 agosto dalla giunta regionale laziale.E proprio la regione Lazio è stata la prima ad approvare la delibera di adeguamento  alle “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” contenute nell’accordo adottato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano il 25 maggio scorso.Una delibera che evidenzia una clamorosa eterodossia rispetto alle linee guida nazionali, ancor più significativa se si pensa che la funzione delle linee guida dovrebbe essere quella di uniformare le normative regionali. In particolare, se a livello nazionale il rimborso spese minimo era stato fissato a 300 euro, il Lazio ha deciso di elevarlo a 800 euro, il doppio rispetto alla cifra contenuta nelle precedenti linee guida della regione, risalenti al 2013. Ma la regione Lazio non si è discostata solo nell’ammontare del rimborso spese. Ha anche ridotto il periodo massimo di durata del tirocinio da 12 a 6 mesi.«Con un rimborso economico così basso e con un periodo così lungo il rischio è quello che si assista a uno sfruttamento del tirocinante. Il tirocinio» spiega Lucia Valente, assessore al Lavoro, Pari opportunità e Personale della regione Lazio «è una misura di politica attiva finalizzata all’orientamento, all’arricchimento delle conoscenze e all’inserimento lavorativo e non deve mai sostituire un contratto di lavoro».Da qui la scelta di intervenire sulle linee guida nazionali. «Riteniamo che sei mesi siano un arco temporale sufficiente» aggiunge Valente «per garantire al tirocinante l’acquisizione delle competenze necessarie per la sua occupabilità. A fronte dell’inserimento in un’organizzazione produttiva, riteniamo necessario che al tirocinante, che può essere chiunque, dal giovane inoccupato al disoccupato adulto, sia corrisposto un contributo economico che sia dignitoso».In effetti, già stando alle linee guida in attesa di aggiornamento, la situazione era piuttosto frammentata. Il rimborso spese minimo variava dai 300 euro della Sicilia e della provincia autonoma di Trento - ovvero la stessa cifra contenuta nelle linee guida nazionali del 2013 - ai 600 di Abruzzo e Piemonte. Tra le altre novità del testo regionale, ente promotore ed ente attuatore potranno rinnovare lo stesso progetto formativo solo per una volta nell’ambito di sei mesi complessivi. Le uniche deroghe sono previste per i soggetti svantaggiati e per le persone con disabilità, per i quali la durata massima del tirocinio è rispettivamente di 12 e 24 mesi. Inoltre, vigerà il divieto di svolgere il tirocinio nelle ore notturne; e a partire dai 16 anni gli studenti potranno svolgere mini tirocini da un minimo di 14 giorni a un massimo di 3 mesi, ma solo durante l’estate.Importante sottolineare anche l’aspetto delle sanzioni: chi non rispetterà le regole potrà incorrere nell’interdizione fino a 24 mesi dall’ospitare tirocinanti. Un chiaro deterrente contro gli abusi. Inoltre, tutti i soggetti promotori, pubblici e privati saranno tenuti a sottoscrivere un codice etico a garanzia della qualità dei tirocini.«Con queste regole vengono inserite nella disciplina regionale maggiori garanzie: l’ingresso o il reinserimento nel mondo del lavoro. Il tirocinio» conclude l’assessore «deve rappresentare un'esperienza incoraggiante, positiva e tutelata e non una forma di sfruttamento in danno di giovani e disoccupati».Anche i sindacati - Cgil di Roma e del Lazio, Cisl del Lazio e Uil di Roma e del Lazio - hanno espresso la propria soddisfazione in una nota, affermando che «la nuova impostazione riduce considerevolmente le degenerazioni a cui abbiamo assistito in questi anni; sei mesi infatti sono un tempo congruo per imparare qualsiasi mestiere, anche quelli con un contenuto professionale elevato; gli 800 euro di rimborso scoraggiano inoltre chi intende sfruttare i ragazzi o chi ha perso il lavoro. Roma e il Lazio avevano bisogno di una simile inversione di tendenza perché i dati sull’occupazione delineano un aumento consistente del lavoro povero».Le altre regioni hanno tempo fino al 25 novembre per approvare la propria delibera in materia di tirocini extracurriculari. La curiosità è ora quella di capire se ci saranno nuove regioni divergenti rispetto alle linee guida. Rossella Nocca