Oltre 5mila ex stagisti in enti pubblici calabresi in attesa di uno sbocco

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 21 Ott 2019 in Notizie

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Trovare una soluzione per i tanti tirocinanti calabresi al momento fermi in attesa di nuovi provvedimenti: all'appello di Gianluca Gallo, consigliere regionale e presidente del gruppo della Casa delle Libertà nel Consiglio regionale della Calabria, si contrappone un “muro di gomma”, almeno finora. Non si parla di un territorio facile sotto il profilo occupazionale: gli ultimi dati Istat, infatti, raccontano di una regione con il tasso di disoccupazione più alto in Italia: il 21,6 per cento, il triplo della media nazionale. 

Il problema è trasversale e coinvolge tanto i giovani quanto gli adulti: negli ultimi anni si è
cercato di trovare spesso soluzioni temporanee con l’attivazione di vari progetti di tirocinio. Quello che ha coinvolto più lavoratori riguardava un accordo siglato nel dicembre 2016 «tra Regione e sindacati in ordine al riutilizzo di risorse finanziarie per tirocini semestrali in favore di lavoratori già percettori dell’indennità di mobilità in deroga», spiega Gallo alla Repubblica degli Stagisti.

«I tirocini per oltre 5mila persone sono partiti nel giugno 2017, impiegando risorse all’interno di Comuni e Province». Enti locali già segnati dalla precarietà e nei quali «nell’ottica della promozione delle politiche attive del lavoro, era stato proposto di intraprendere un percorso di qualificazione con la prospettiva di un accompagnamento nel mondo del lavoro». Solo sulla carta, però, perché una volta usate le risorse disponibili ed esauriti i bandi «ci si ritrova con un bagaglio di competenze da non poter spendere. Una situazione assurda» rimarca Gallo, perché «la Regione ha investito somme ingenti per formare personale che oggi lascia a spasso senza curarsi che in Comuni e Province molti servizi essenziali erano garantiti proprio da questi lavoratori».

I destinatari sono ex percettori di mobilità in deroga che avevano acquisito questo “status” entro il 2014 e che hanno potuto presentare domanda. In “palio” una opportunità tirocinio con un rimborso spese mensile di 800 euro: non pochissimi, considerando che si sarebbe trattato di un'attività part-time. Gli aspiranti tirocinanti dovevano, quindi, essere disoccupati e non essere stati avviati ad altre iniziative di politiche attive per il lavoro come i tirocini presso gli uffici giudiziari, quelli del comparto Mibac e Miur.

I progetti sarebbero dovuti durare sei mesi, con un monte ore massimo di venti ore settimanali. Poi nel febbraio 2018, dopo verifiche di risparmio per il fatto che i tirocini effettivamente attivati erano stati un numero inferiore al previsto, è stata consentita una proroga di altri sei mesi «in coerenza con le previsioni delle manifestazioni di interesse approvate che autorizzavano tirocini della durata massima di dodici mesi». Il tirocinio non è, però, partito subito. Soltanto a fine luglio 2018 è stato approvato definitivamente l'impegno di spesa e gli elenchi dei destinatari. Stabilendo, peraltro, che il periodo di tirocinio finanziato
«sia ridotto da 12 a sei mesi, salvo la possibilità di stabilire proroghe a seguito di ulteriori stanziamenti di risorse». E si stabilisce che al tirocinante verrà corrisposta un'indennità di 500 euro lordi mensili.  

Dunque, nel dicembre 2016 la Regione Calabria firma un accordo con le organizzazioni sindacali per spostare alle politiche attive del lavoro
alcune risorse destinate a quelle passive. Così fondi residui per l’ex mobilità in deroga confluiscono sui tirocini negli enti locali destinati a chi aveva già percepito l’indennità della mobilità in deroga. Si aspetta l’ok del ministero e alla fine solo sei mesi dopo, nel giugno 2017, viene stilata la graduatoria e partono i tirocini. Ognuno con tempistiche diverse, visto che ogni ente pubblico doveva valutare le domande e far partire gli stage.

Tra gennaio e febbraio 2018 tutti gli stage si sono conclusi, peraltro con forti ritardi nei pagamenti delle indennità; il Presidente della Regione Oliverio,
visto il risparmio del budget inizialmente stanziato, aveva annunciato una proroga del tirocinio. Ma questa proroga non era partita immediatamente: l'attesa si è protratta per qualche mese.

Il via libera è arrivato gli ultimi giorni del mese di luglio 2018, per uno stage di sei mesi e un’indennità mensile ridotta a 500 euro lordi. A questo punto a partire dal mese di settembre dello scorso anno, anche qui con tempistiche diverse da città a città
–  basti pensare che gli stagisti assegnati al comune di Cosenza solo in questi giorni stanno terminando il loro stage sono ripartiti i nuovi tirocini. Che, alcuni prima alcuni dopo, al termine dei sei mesi si sono conclusi. Risultato: a partire da marzo di quest’anno i partecipanti sono rimasti in balia delle decisioni politiche, senza uno stage e senza un inserimento lavorativo.

Il tirocinio era stato pensato
come ponte tra la precarietà della mobilità in deroga e le prospettive che si sarebbero verificate al termine del periodo formativo. Ma, come spesso capita in questi casi, un unico grande bacino aveva accomunato persone tra di loro diversissime, con l'unico comune denominatore di essere ex percettori di mobilità in deroga. La platea destinataria coinvolge i trentenni, nati a partire dagli anni Ottanta, ma anche 40enni, 50enni e, pare, perfino qualche ultra 60enne. C'è chi ha solo un diploma, chi è perito elettrotecnico, chi in tasca ha una laurea, a volte perfino un master. Per tutti l'unica offerta è un tirocinio che, ad oggi, non ha prodotto nulla. «In extremis la giunta regionale si è attivata per cercare di far partire i tirocini di inclusione sociale, che sarebbero una soluzione provvisoria, ma finirebbero per peggiorare lo stato di precarietà sconfessando il senso stesso dei tirocini: formazione per avvio al lavoro», ricorda Gallo.


Infatti a inizio agosto di quest'anno la giunta ha approvato una variazione di bilancio di 28 milioni di euro per proseguire percorsi di politiche attive attraverso tirocini per soggetti inseriti nel bacino dei percettori di mobilità in deroga. Una variazione che aveva fatto dichiarare al presidente della Regione Mario Oliverio di aver trovato «risorse finanziarie per la copertura di ulteriori 12 mesi per i tirocini formativi di quasi cinquemila persone che stanno svolgendo un’esperienza interessante nei Comuni calabresi. Sarebbe necessaria una programmazione di investimenti da parte del Governo nazionale per creare nelle regioni del Sud e in Calabria opportunità di lavoro al fine di consentire che progetti di inclusione sociale messi in atto nei mesi scorsi trovino sbocchi occupazionali stabili».

C’è un punto però da chiarire: la proroga promessa da Oliverio non sarebbe a norma. La legge, infatti, come più volte ricordato dalla Repubblica degli Stagisti, prevede che i tirocini non possano durare più di 12 mesi, proroghe comprese, a meno che non siano attivati in favore di disabili o altre categorie particolarmente svantaggiate. Se quindi un ente decide di prorogare uno stage non destinato ad invalidi oltre i 12 mesi, di fatto va contro la legge.

Nel frattempo il bando non è stato ancora pubblicato e in ogni caso, sottolinea Gallo, aumenterebbe solo nuovi rivoli di precarietà senza prevedere alcuna luce al fondo del cammino. D’altro canto la proposta di prevedere il tirocinio come titolo preferenziale o punteggio aggiuntivo nei concorsi ha ricevuto solo silenzio da parte della Regione.

Non ci sono però solo i 5mila tirocinanti impiegati negli enti locali: in Calabria ci sono numeri da record anche per gli stagisti Miur e Mibac. La Regione, infatti, aveva deciso di adottare lo strumento dei tirocini per rispondere in maniera strutturata alle urgenze poste dalla crisi occupazionale e costruire delle concrete opportunità di lavoro. Che come da sempre la Repubblica degli Stagisti ripete, è difficile  che queste concrete possibilità possano esserci all’interno di enti pubblici, dove si può entrare solo tramite concorso e dove un eventuale stage potrebbe al massimo, in seguito a provvedimenti normativi ad hoc, valere un punto sul totale post selezione.

Ad oggi anche gli stagisti del comparto Mibac e Miur, entrambi impiegati dopo intese raggiunte tra la Regione e i due ministeri, si trovano a spasso. Nel primo caso si parla di circa 600 tirocinanti reclutati con un bando del maggio 2016 per un tirocinio part-time di 12 mesi presso gli uffici periferici calabresi del Mibac. Il bando era destinato ai lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga e prevedeva un impegno massimo di 20 ore settimanali per 5-6 giornate lavorative, con un’indennità mensile lorda di 400 euro per i diplomati e 600 per i laureati. «In realtà questi stage sono cominciati due anni dopo, nel marzo 2018; alla fine, anche qui tutti fermi» riassume Gallo. Non solo: viste le competenze concorrenti tra ministero e Regione, si assiste a un rimpallo continuo senza esiti: «Avevo suggerito la costituzione di un tavolo di confronto e nonostante la proposta abbia ricevuto voto favorevole di maggioranza e minoranza in Consiglio regionale, stiamo ancora aspettando».

Infine ci sono altre 600 persone, lavoratori espulsi dai processi produttivi e percettori di ammortizzatori sociali in deroga o disoccupati, che rispondendo a un bando del 2016 sono stati “prestate” per dieci mesi agli istituti scolastici calabresi firmatari di apposita convenzione. I tirocinanti selezionati dovevano svolgere massimo venti ore settimanali su 5 o 6 giornate lavorative ed era riconosciuta un’indennità mensile lorda di 500 euro per chi fosse in possesso della sola licenza media e di 600 euro per chi aveva la laurea o il diploma universitario. Anche in questo caso il destino è sospeso in attesa di risposte da parte degli enti. «La giunta regionale ha alzato un muro di gomma. Decidendo di non rispondere a richieste arrivate con voto unanime anche dal Consiglio regionale: mozioni, ordini del giorno, appelli. Tutto cestinato», spiega Gallo.

Nel frattempo i tirocinanti restano nel limbo, in attesa di un’eventuale proroga. E sullo sfondo resta l’uso distorto dei tirocini: usati negli ultimi anni per coprire vuoti di organico anche in enti pubblici, con miraggi di punteggi aggiuntivi o eventuali inserimenti, o come ammortizzatori sociali impropri, perdono la loro funzione iniziale. Quella di insegnare un mestiere sul campo e consentire, alla fine, di iniziare un vero e proprio lavoro.


Marianna Lepore

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