Coronavirus e mercato del lavoro, la scellerata scelta delle Regioni di vietare gli stage

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 08 Apr 2020 in Editoriali

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Un’azienda, cento aziende, mille aziende nonostante l’improvvisa emergenza Coronavirus stanno andando avanti. Meno male. Per fortuna. Grazie a loro sopravviveremo. Grazie a loro, quando il confinamento sarà finito, l’economia potrà ripartire. Si spera.

Queste aziende continuano la propria attività. Perlopiù grazie al lavoro da remoto. Meno male. Per fortuna. I loro dipendenti non subiscono sospensioni, non si trovano in cassa integrazione. Non oggi, non domani. Speriamo nemmeno tra un mese, tra un anno. I loro dipendenti mantengono intatti i loro salari. Meno male. Saranno persone in grado di badare a sé stesse in questa crisi. Non peseranno sullo Stato, già fortemente provato dagli ingenti stanziamenti inevitabili per sostenere tutte le persone e le aziende in difficoltà. Saranno addirittura in grado di aiutare altri, in alcuni casi.

Queste aziende continuano ad accogliere stagisti. Offrono occasioni di formazione di qualità e sopratutto offrono una indennità mensile. A volte buona. A volte ottima. A volte talmente alta da avvicinarsi a uno stipendio: mille euro al mese, perfino di più. Lo abbiamo documentato, abbiamo raccontato le storie delle aziende virtuose del network della Repubblica degli Stagisti, prima – nel mondo “normale” – e adesso, nel pieno dell’emergenza Coronavirus. Sono aziende che provvedono generosamente al benessere dei propri stagisti. Meno male. Per fortuna. Danno in questi tempi bui delle opportunità a qualche giovane. Permettono che si possa proficuamente usare questo tempo di lockdown. E anche in questo caso, questi stagisti sono in grado di badare a se stessi, economicamente. Non avranno bisogno di sussidi.

Queste aziende sono abbastanza tecnologiche da essere state in grado di trasformare in pochissimo tempo le proprie policy e modalità di formazione e lavoro. Per permettere ai loro dipendenti e ai loro stagisti di svolgere le attività da casa. Strumenti tecnologici, nuove modalità di interazione online, mille innovazioni sono state messe in campo per diventare “smart” e permettere lo “smart working” e anche lo “smart internshipping”. Meno male. Per fortuna. In questo modo il lavoro non si ferma, l’economia non si ferma.

Oppure sì. Si ferma, a volte. Perché il legislatore è ottuso. E dice: no. Fermi tutti. Dice: no, gli stagisti mica possono fare lo stage da casa. No. Gli stage vanno sospesi.

Fino a quando?
Fino a nuovo ordine.

Ma i ragazzi restano senza far niente!
Non importa.

Ma i ragazzi restano senza entrate economiche!
E che ci dobbiamo fare.

Ci sarà un sussidio per gli stagisti?
Per ora no. Poi vedremo.


E nel tempo che passa tra ora e poi?
Si arrangeranno.

Ma davvero non si può pensare che uno stage si possa fare da casa? Alcune Regioni hanno detto di sì. Meno male. Per fortuna. La prima è stata la Lombardia, già a fine febbraio. Altre ne sono seguite. Alcune addirittura stanno cambiando idea, e dopo aver inizialmente detto di no, ora stanno cominciando a dire di sì, che effettivamente si può.

Ovviamente non tutti gli stage possono essere trasformati in senso “smart”.
Se uno faceva uno stage in una biblioteca, e quella biblioteca deve restare chiusa, è ben difficile che la sua attività possa proseguire online. Lo stesso vale per lo stage in un negozio. O in una fabbrica di qualcosa che non rientra nell’elenco delle attività essenziali. Per quegli stage purtroppo non c’è soluzione: la loro sorte è la sospensione.

Ma tutti gli altri? Quelli che oggettivamente possono essere svolti da casa? A marzo l’Italia si è divisa in due: da una parte le Regioni che permettevano la prosecuzione degli stage da remoto. Dall’altra le Regioni che la vietavano.

Ora siamo ad aprile, e un altro passo è stato fatto. Ora la Regione Lombardia ha detto nero su bianco: per gli stage già in corso va bene la modalità da remoto. Per quelli ancora da attivare, invece, no. Stop alle nuove attivazioni. Stop ai nuovi stage.

Aspetta. Perché? Che senso ha? Se gli stage da remoto sono ammessi, autorizzati per quelli che già erano partiti, perché mai vietare di attivarne ex novo?

Eh ma per quelli già partiti c’era stato un minimo di formazione di persona. Certo, i burocrati diranno questo. E’ l’unica giustificazione che abbia una – pur debolissima – parvenza di logica.

Ma il tempo è eccezionale, e richiede misure eccezionali.

Adesso vanno salvaguardate le cose più importanti. Tre elementi prima di tutto.

Dal punto di vista delle persone la possibilità di essere attivi anche dentro casa e la possibilità di guadagnare qualcosa. Poter avere qualcosa di concreto da fare nelle lunghe giornate a casa. Poter avere il supporto economico rappresentato dall'indennità mensile.

Dal punto di vista dello Stato, aiutare il più possibile il sistema produttivo che sta in piedi da solo, agevolarlo, non ostacolarlo. Perché ogni posto di stage o di lavoro, ogni stipendio o indennità mensile erogati da un’azienda privata, significano per lo Stato un cittadino – a volte un’intera famiglia – in meno per cui provvedere. Una richiesta in meno di sussidio.

E’ davvero incredibile che le Regioni non si rendano conto del danno incalcolabile che stanno producendo ai singoli cittadini e allo Stato con questa decisione improvvida di vietare l’attivazione di stage in questo periodo. Spero davvero che qualcuno ragioni e cambi idea. Che le disposizioni cambino alla svelta. Ogni giorno di ritardo è un giorno perduto.

Eleonora Voltolina


[L'immagine a corredo di questo articolo è di Chiot's Run tratta da Flickr in modalità CreativeCommons]

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