Archon Droninstics, la startup italiana che fa volare i droni (da soli)

Massimiliano Cocchi

Massimiliano Cocchi

Scritto il 23 Mar 2015 in Approfondimenti

Quello che fa Francesca Lorenzoni in Italia è (ancora) illegale. La sua startup si chiama Archon Dronistics sta sviluppando un software per permettere ai droni di volare da soli, senza un pilota a terra che li controlli. stage lavoro startupperArchon Droninistics è una startup ad alto tasso di innovazione, nasce dalla competenza e dall’intraprendenza di una ragazze che con la matematica ci sa fare. Per la sua idea Francesca  è stata inserita nella lista Girls in Tech 2014, l’associazione internazionale che riunisce tutte le donne che hanno fondato startup con una forte componente tecnologica.

Francesca Lorenzoni ha 27 anni e una laurea in matematica applicata all’università di Ferrara. Archon Drones nasce dopo un viaggio nella terra dove fioriscono le idee: la Silicon Valley, in California. «Sono stata a San Francisco, ho visitato l’università di Stanford, i laboratori della Nasa e una volta che tocchi con mano quella realtà ti rendi conto della differenza che c’è fra quei posti e l’Italia: lì hai la sensazione che niente sia impossibile» racconta alla Repubblica degli Stagisti. L'idea nasce proprio in California da Davide Ghezzi e Davide Venturelli, due 31enni, il secondo con un posto di lavoro alla Nasa. Da un'idea diventa un progetto e Francesca, che ha la passione dei droni fin da bambina sale a bordo con un unico obiettivo: inventare un sistema per far volare i droni da soli. Insieme a loro c'è anche Matteo Ruina, il più grande del gruppo con i suoi 40 anni.

«La startup ci è costata circa mille euro, ne servono altri 5mila all'anno per gestirla e a parte fondi personali abbiamo ricevuto finanziamenti dalla regione Emilia Romagna attraverso i programmi Spinner ed Emilia Romagna Startup e da Horizon 2020» racconta Francesca «per adesso non abbiamo un ufficio anche perché i componenti del team vivono fra Ferrara, Milano, Lugano e la Silicon Valley».  

archon drones girls in techMa cosa farsene di un drone che vola da solo? La risposta della giovane startupper è svelta: «Sorveglianza, pattugliamento, monitoraggio senza bisogno dell’intervento umano. Basti un esempio che è stato un altro finanziamento importante per la nostra azienda: Startup Cile, è un programma governativo che mette a disposizione 40mila dollari [circa 36mila euro, ndr] per lo sviluppo delle nuove aziende. Dopo che ci siamo iscritti al programma siamo stati subito selezionati. In Cile ci sono molte miniere a cielo aperto che vanno monitorate costantemente perché c’è il rischio che al loro interno si formino dei piccoli vulcani. Oggi l’attività di controllo è svolta dagli uomini e in alcuni casi è molto pericolosa. Con un drone si può sorvegliare la miniera e tutte le procedure potrebbero essere automatizzate.

E proprio in Cile Francesca Lorenzoni e la sua Archon hanno fatto la prima vera esperienza sul campo. «Sono stata in Sudamerica otto mesi e in cambio di conferenze ed eventi dove abbiamo presentato il nostro progetto ai giovani studenti cileni abbiamo ricevuto sostegno per lo sviluppo della nostra startup. Quello che sta facendo il governo cileno è semplice: vuole far crescere una mentalità imprenditoriale nei suoi cittadini più giovani e per attrarre startupper da tutto il mondo offre loro risorse».

Non potendo entrare sul mercato per i vincoli di legge - i droni senza pilota sono illegali in tutta Europa e in molti altri paesi del mondo; in Cile è stato avviato un programma di sperimentazione - l’attività prevalente di Archon è la ricerca: «Ne esistono di vari tipi» spiega la startupper superesperta di droni: «noi ci stiamo concentrando sui multicotteri, la “specie” più leggera e versatile. Il compito più difficile e quello che richiede un grande lavoro è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale che permetta al mezzo di essere “autonomo”». Insomma algoritmi e matematica, tanta matematica. Obiettivi a lunga scadenza? «Vorremmo già essere pronti per andare sul mercato quando i paesi adegueranno la legislazione. E non ci dispiacerebbe, un giorno, entrare a far parte dei progetti della Nasa». Si punta nientemeno che a Washington, insomma.

Community