Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 14 Mar 2009 in Editoriali

C'è un grande potere nelle mani dei giovani, forse sottovalutato: il potere del «no».
Vuol dire che se una proposta è meschina, la retribuzione proposta troppo bassa, la tipologia di contratto impropria - come accade purtroppo nel caso di molti lavori camuffati da stage - ciascuno di noi ha un'arma in mano: rifiutare. Rispondere «No, grazie, io ho terminato il mio percorso formativo e penso di avere già acquisito le competenze per fare questo», oppure «No, grazie, io ho già fatto due stage nello stesso ambito e non me ne serve un terzo: cerco un contratto vero, con uno stipendio vero». O ancora: «Questa proposta di stage mi interessa molto: ma non sono disposto a rimetterci, e quindi potrò accettarla solo se mi garantirete un giusto rimborso spese».
Ancora a monte: se un annuncio è palesemente scorretto (proposte di stage lunghi 5-6 mesi come commesse o salumieri o centralinisti...), o incompleto (magari perchè non è specificato quale sarà il rimborso spese, o se uno stage è orientato all'inserimento lavorativo o no), si può scegliere deliberatamente di non rispondere, di ignorare quell'annuncio, di non mandare il proprio cv a quell'azienda, di non perdere tempo a fare un colloquio.
C'è il momento per la lamentela, la frustrazione, l'invettiva, e c'è il momento per l'azione
. Ma l'azione deve partire da ciascuno, senza scuse, senza autogiustificazioni (della serie «Tanto, se questo stage non lo accetto io, ce ne saranno dieci dietro di me pronti ad accettarlo»).
Ciò che ancora, per fortuna, ci differenzia da una dittatura è la possibilità di dissentire, boicottare, rifiutare. E allora la rivoluzione, ragazzi, deve partire da ognuno di noi
. Non possiamo aspettare che il miglioramento arrivi dall'alto, perchè se mai una nuova legge sugli stage vedrà la luce, passeranno comunque mesi o anni. Se i sindacati decideranno di difendere anche gli stagisti, non sarà certo da domani. Se le Direzioni provinciali del lavoro si accorgeranno dei tanti casi di stage farlocchi, ci vorrà comunque molto tempo perchè gli iter giudiziari giungano a termine. Che fare nel frattempo? Restare in silenzio a guardare? No.
Ciascuno deve dare il suo piccolo contributo. Un «no» detto al momento giusto, e con la giusta determinazione, può valere davvero molto
. Dobbiamo lavorare tutti per un obiettivo ambizioso: cambiare la mentalità di questo Paese. Quella dei manager delle aziende, quella dei politici, e anche - forse prima di tutto - la nostra.

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