In vigore il 'Jobs act' del lavoro autonomo, una «rivoluzione culturale» ma con alcune criticità

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 22 Mag 2017 in Approfondimenti

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Da qualche giorno i lavoratori autonomi italiani circa 5 milioni – possono finalmente contare su una legge che regolamenta il loro settore. È il ddl sul lavoro autonomo e agile, approvato in Senato il 10 maggio con 158 sì, 9 no e 45 astenuti, dopo una gestazione di oltre un anno. «A breve uscirà anche in Gazzetta Ufficiale», conferma alla Repubblica degli Stagisti Andrea Dili, membro della rete di giovani, studenti e precari Alta Partecipazione, «perché ogni provvedimento può tardare al massimo quindici giorni prima di essere pubblicato», e a quel punto l'operatività sarà piena. Tutti i potenziali beneficiari potranno cioè cominciare a usufruirne perché, sottolinea Dili, «non sono richiesti decreti attuativi».

Scatteranno così da subito tutte le importanti novità che dovrebbero – almeno nelle intenzioni – rafforzare le tutele dei freelance. Solo per citarne alcune: le donne in gravidanza iscritte alla Gestione Separata dell'Inps potranno richiedere il sussidio di maternità senza la condizione dell'astensione obbligatoria dal lavoro, e accedere all’estensione del congedo parentale da tre a sei mesi; in caso di malattia si applicherà  la  sospensione del versamento  dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi se l'attività lavorativa viene meno per oltre sessanta giorni; dal primo luglio entrerà poi a regime la Dis-Coll, ovvero l'indennità di disoccupazione per i cosiddetti cococo, anche in favore di collaboratori, assegnisti e dottorandi di ricerca. E infine
per l'asse smart working partirà l'equiparazione di trattamento economico rispetto ai colleghi per chi lavora fuori dalle mura dell'ufficio.

Per quanto riguarda le norme di natura fiscale che consentono di dedurre fino a 10mila euro le spese di aggiornamento professionale sostenute la validità è retroattiva, ossia «sono applicabili a far data dal primo gennaio 2017» specifica Dili. «Se quindi hai svolto un corso di formazione a febbraio 2017 per esempio, potrai scaricarti i costi già dalla dichiarazione dei redditi del prossimo anno». Nel 2018, quando si rendiconteranno al fisco le spese del 2017.

Fanno eccezione però due norme per cui, spiega Dili, «è prevista la delega al Governo». La prima all'articolo 5 del testo di legge che «Delega al Governo in materia di atti pubblici rimessi alle professioni ordinistiche». «Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche». In pratica un ampliamento delle competenze normalmente in capo alla Pubblica amministrazione per chi esercita professioni regolamentate. E ancora l'articolo 6, dove la delega si riferisce «alla materia di sicurezza e protezione sociale delle professioni ordinistiche». Tempo sempre un anno, l'esecutivo «su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze» dovrà legiferare sulla «abilitazione degli enti di previdenza di diritto privato, anche in forma associata, ove autorizzati dagli organi di vigilanza, ad attivare, oltre a prestazioni complementari di tipo previdenziale e socio-sanitario, anche altre prestazioni sociali, finanziate da apposita contribuzione». Lo scopo sarebbe qui incrementare le indennità associate alla previdenza aggiuntiva per i titolari di posizioni presso la Gestione separata non pensionati e senza altre casse.

Nel complesso il testo fa sperare in un cambiamento in positivo per il mondo dei freelance. «Una rivoluzione culturale» la descrive Giorgia D'Errico,
assistente parlamentare di Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera  «che ricomprende nella cultura del lavoro anche chi non è dipendente e chi non appartiene a nessun ordine professionale». Ma non mancano le criticità. In primis c'è la norma che prevede una stretta sui tempi di pagamenti da parte del committente. Le regole per i pagamenti tra imprese e Pubblica amministrazione si estendono infatti ai professionisti, che potranno esigere il saldo della fattura emessa entro 60 giorni, pena lo scattare di interessi di mora e sanzioni. Funzionerà davvero? «È come chiedere se la legge che vieta le rapine in banca sia nei fatti davvero efficace» ragiona Dili, «Come si fa a assicurarlo?». Però di buono c'è che si fissa un principio molto importante, e cioè «si dà ai freelance la possibilità di «far valere in via giudiziale gli interessi».

Dopodiché quello su cui si dovrebbe agire è «l'efficienza della giustizia: si dovrebbe fare una riforma che preveda un filone a parte solo per la giustizia commerciale, quella dei pagamenti» osserva. D'accordo anche la presidente del Coordinamento libere associazioni professionali Colap Emiliana Alessandrucci [nella foto a sinistra]: «Chi non vuole pagare potrà farlo comunque, la norma non sarà risolutiva in tal senso». La vera soluzione sarebbe stata quella di «ampliare l'applicabilità dei decreti ingiuntivi anche sotto certe cifre». Per chi svolge qualunque servizio, da quelli alla persona a prestazioni di ogni tipo, il problema è non poter disporre di strumenti di recupero crediti per importi piccoli, di poche centinaia di euro. Anche per le penali, «la reale efficacia riguarderà solo le commesse di grandi opere».

L'altro grande errore secondo Alessandrucci è l'aver ricompreso in un unico provvedimento materie di per sé distanti come il lavoro autonomo e agile, lo smart working. «Storicamente e culturalmente si è sempre fatto coincidere le false partite Iva con quelle vere, che invece non hanno nulla in comune». Lo smart working andrebbe insomma regolamentato a parte, colmando anch
e alcune lacune: «Se devo cucire dei jeans, chi mi coordina se sono inquadrato come smart worker?». E ancora, «chi mi mette in sicurezza?». E qui il riferimento è all'articolo 20 della nuova legge, che parla di copertura Inail per gli infortuni quando «la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza» recita l'articolo. Un passaggio che, dice Alessandrucci, potrebbe dar luogo a situazioni dubbie e probabilmente richiederà ulteriori aggiustamenti normativi. 

Ci si dovrà tornare sopra perché anche questa «come ogni norma non è perfetta». Fuori dal ddl c'è per esempio il tema dell'equo compenso, «un argomento vastissimo su cui è richiesta l'intesa di tutte le parti in gioco» ricorda D'Errico. Per ora, aggiunge, «è come se fosse iniziata una sperimentazione: aspettiamo i dati e i feedback per capire se ciò che è stato approvato porterà i suoi frutti».

Ilaria Mariotti 

 

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