Nestlè lancia il Baby Leave: ai neopapà tre mesi di congedo retribuito

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 20 Apr 2022 in Notizie

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Da poche settimane a tre mesi interi di congedo di paternità: si chiama Baby Leave ed è la svolta nelle politiche per la famiglia messa in atto da Nestlé, multinazionale dell'alimentare e da oltre un decennio tra le aziende virtuose dell'Rds network. Il gruppo ha deciso così di «favorire la genitorialità condivisa e il gender balance» si legge nel comunicato dell'azienda. Che non è nuova all'introduzione di policies finalizzate a migliorare la conciliazione vita lavoro dei dipendenti e, è scritto ancora, «a agevolare la carriera femminile attraverso il bilanciamento dei carichi familiari». Già nel 2012 infatti, quando in Italia con un provvedimento del ministro del Lavoro Elsa Fornero fu introdotto un giorno di congedo obbligatorio più due facoltativi per i neopadri, Nestlé aveva previsto – tra le poche aziende in Italia due settimane di congedo aggiuntive. Quattordici giorni che ora passano a dodici settimane consecutive.

«Le iniziative a supporto della genitorialità e dell’abbattimento delle barriere di genere sono da sempre una priorità per Nestlé» è il commento di Giacomo Piantoni, direttore Risorse umane del gruppo in Italia [nella foto a destra]. «La maternità impatta sull’avanzamento di carriera delle donne, rendendo necessario riequilibrare i compiti nel contesto familiare». Il riconoscimento di un congedo anche ai padri va in questa direzione, ma il loro coinvolgimento nell'accudimento di un neonato ha effetti anche oltre la parità di genere o la possibilità per le neomadri di continuare a lavorare.

«I bambini crescono meglio dal punto di vista dello sviluppo psicofisico» è il parere dello psicoterapeuta Alberto Pellai
[nella foto sotto], che alla Repubblica degli Stagisti specifica: «Il padre sperimenta nuove dimensioni emotive grazie all'accudimento, e stabilisce una relazione precoce con il bambino». Una condizione che si ripercuote poi sull'adolescenza, quando i rapporti genitori figli sono soliti complicarsi, e un padre presente già dalle prime settimane di vita del bebè «trova maggiore riconoscimento». C'è poi l'aiuto concreto nei confronti delle donne: «La presenza paterna è uno stabilizzatore emotivo per la compagna, che in questa fase può arrivare perfino a sperimentare una condizione di depressione post partum».

«Tre mesi di congedo come la Svezia sono il modello a cui aspirare» 
perché i benefici sono per tutta la famiglia. Peccato che a metterci lo zampino è spesso una certa arretratezza culturale, la visione distorta del papà che svolge il suo compito genitoriale «come mammo e non appunto come padre» prosegue Pellai.
Si scopre così dai dati Istat che i congedi parentali per Covid sono stati usufruiti solo dal 29% degli uomini, contro il 71 delle donne. Il discorso che c'è dietro, ragiona lo psicoterapeuta, è quello della «rottura del patto di alleanza con i colleghi, con i quali si fa gruppo», con il risultato che il papà finisce per essere additato «come il furbo che se ne sta a casa». Qualche miglioramento in questo senso potrebbe arrivare dai numeri che usciranno sugli studi fatti sui due anni di pandemia, «ma ancora non li abbiamo». Lo smartworking si è diffuso su larga scala, e chissà che alcune reticenze in questo senso non si siano sciolte.

Il nuovo Baby Leave assicura l’erogazione di tutti gli elementi retributivi
e sarà fruibile sia dal padre che dal secondo caregiver in maniera consecutiva entro i sei mesi di vita del bambino, sia nato che adottato dalla famiglia. «Siamo stati i primi, nel 2012, a prevedere due settimane di congedo di paternità» sottolinea Piantoni e «oggi, dieci anni dopo, continuiamo a essere apripista su queste tematiche». Non potrebbe essere altrimenti per un'azienda per cui «l'attenzione ai bisogni di bambini e genitori è incisa nel dna».

Ma il Baby Leave va proiettato anche sul piano sociale: «L’intesa raggiunta delinea una strategia lungimirante» dichiarano Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, organizzazioni sindacali degli alimentaristi intervenute nell'accordo. La convinzione è «che la tutela della genitorialità sia al contempo una opportunità in favore delle attuali generazioni e un investimento per quelle future». E l'auspicio è che «questo accordo possa fare da apripista sia nella contrattazione collettiva che nel Paese», dove il congedo parentale è ancora fermo a dieci giorni, pur essendoci alcune novità in arrivo riguardo una sua estensione.

I dati aziendali di Nestlè sembrano confermare l'efficacia della misura del congedo. Secondo l'Istat nel 2020 l'Italia ha raggiunto il picco negativo di nascite, con un tasso di sette neonati ogni mille abitanti. Il tasso di natalità interno all’azienda è arrivato invece al valore di 1,6 figli per donna nel 2021, dato ben più alto della media italiana, che si attesta a 1,24. Il lavoro di Nestlé è stato riconosciuto anche dal Bloomberg Gender Equality Index che nel 2022, per il quarto anno consecutivo, ha premiato l’azienda per i progressi compiuti nel perseguimento di una cultura aziendale inclusiva, che comprenda parità di genere e salariale.

Ilaria Mariotti

L'immagine è di Andress Kloss, tratta da Flickr in modalità Creative Commons

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