Uno studente dell'alberghiero chiede: «È legale che io debba pagare 150 euro per fare uno stage?». Risponde l'avvocato degli stagisti

Sergio Passerini

Sergio Passerini

Scritto il 11 Nov 2010 in Approfondimenti

Prosegue «L'avvocato degli stagisti», rubrica bisettimanale della Repubblica degli Stagisti curata da Evangelista Basile e Sergio Passerini, avvocati dello studio legale Ichino Brugnatelli. Basile e Passerini approfondiscono di volta in volta casi specifici sollevati dai lettori. La domanda anche questa settimana arriva dal Forum.

«Sono uno studente di un istituto alberghiero e per svolgere uno stage formativo hanno chiesto un pagamento di una quota di circa 150 euro per chi svolge l'attività fuori regione; lo stesso hanno chiesto a me che invece svolgerò lo stage nella mia città in un azienda da me stesso contattata. Vorrei chiedere se è giusto che io paghi e se c'é una legge che dice che lo stage richiede una "tassa" da pagare».


Le ragioni della richiesta di denaro formulata al lettore per la partecipazione a uno stage non sono chiare e meriterebbero di essere approfondite; in linea generale, è però possibile escludere che le norme che nel nostro ordinamento disciplinano i tirocini formativi e di orientamento possano di per sé giustificare richieste di denaro a chi è interessato a partecipare a uno stage.
Com’è noto e come da sempre afferma la giurisprudenza, la finalità specifica e preminente dell'addestramento professionale e dell'immediata e diretta strumentalità dell'inserimento ai soli fini dell'apprendimento – tipica dello stage – è in linea di massima compatibile con l'assenza di un compenso per il tirocinante, essendo la copertura assicurativa antinfortunistica e quella relativa alla responsabilità civile verso terzi gli unici oneri posti a carico del oggetto ospitante lo stagista.
Infatti, ai sensi del dell’art. 1 comma 2 del decreto ministeriale 142/98, il tirocinio formativo o di orientamento «non costituisce rapporto di lavoro», e quindi il soggetto ospitante non è in linea generale tenuto a pagare alcuna retribuzione né contribuzione al tirocinante (tale soggetto può invece decidere di erogargli un compenso, quale rimborso spese per gli oneri sostenuti, che è assoggettato alla ritenuta d’acconto a fini Irpef).
Non si rinviene invece alcuna norma di legge che preveda l’obbligo dello stagista di corrispondere una certa somma per poter utilmente iniziare la propria attività lavorativa, nemmeno per ciò che concerne la copertura assicurativa INAIL o quella relativa alla responsabilità civile verso terzi, che sono a carico dell’ente promotore (fatta eccezione per il caso delle strutture pubbliche competenti in materia di collocamento, per le quali talvolta sarà il datore di lavoro a farsi carico di tali oneri). Gli unici obblighi che lo stagista deve rispettare sono quelli di seguire le indicazioni dei tutor e fare riferimento agli stessi per qualsiasi esigenza di tipo organizzativo; rispettare i regolamenti aziendali e le norme in materia di igiene, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro; e mantenere la riservatezza sui dati, le informazioni o le conoscenze sui processi produttivi acquisiti durante lo svolgimento del tirocinio.
È bene dunque che chi si appresta a svolgere uno “stage” ponga particolare attenzione a eventuali richieste di denaro, perché tali richieste non hanno fondamento nelle norme di legge e regolamentari che disciplinano lo stage; se queste richieste hanno altre giustificazioni (come, per esempio, l’acquisto di materiale didattico necessario allo svolgimento del percorso formativo), tali diverse giustificazioni devono essere chiaramente esplicitate e documentate, e la loro legittimità deve essere valutata caso per caso.


Sergio Passerini

avvocato associato dello studio legale Ichino Brugnatelli

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