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Nuove testimonianze dei lettori: «Il mio stage alla Fondazione DNArt? Un reality senza premio finale»

Dopo l'approfondimento sulla Fondazione DNArt di Milano, scaturito dalla richiesta di Help di due ex stagiste, alla redazione della Repubblica degli Stagisti sono giunte altre due segnalazioni, che confermano le irregolarità e i punti critici già evidenziati. In particolare la violazione del primo articolo del decreto ministeriale 142/1998 che stabilisce il numero massimo di tirocinanti che enti e aziende possono ospitare, ma anche  il difficile ambiente lavorativo. Motivi che due mesi fa avevano indotto due importanti università milanesi all'avvio di verifiche ad hoc, e in un caso anche alla chiusura della convenzione di stage. La prima delle nuove segnalazioni parte dal Forum: una ragazza - che preferisce rimanere anonima e che chiameremo  M. R. - interviene definendosi una «superstite  della Fondazione». Racconta di aver svolto uno stage presso la Fabbrica delle idee, srl "gemella" della Fondazione DNArt, da metà maggio a fine luglio 2009, fresca di laurea specialistica in arte alla Iulm di Milano. Allora la società contava quattro dipendenti "fissi" e due cocopro, e ospitava tre stagiste: un numero comunque superiore al limite previsto dalla legge, anche nell'ipotesi più generosa in cui le due realtà "avessero diritto" a un tirocinante ciascuna. Nel progetto formativo l'inizio stage era fissato al 29 maggio, ma M. R. racconta di essere entrata in ufficio due settimane prima di quella data, su esplicita richiesta dei titolari. Poco chiari pure giorni e orari di ufficio: la domenica diventa giorno lavorativo - nero su bianco nel progetto - a partire dalle nove di mattina, ed è previsto solo un giorno di riposo, in settimana. Spesso si è costretti a rimanere in ufficio oltre le sette di sera e capita di dover lavorare al buio «per risparmiare sulla luce», confida M.R. alla redazione, definendo il clima «grottesco». «La cultura ve la dovete dimenticare, l'università ve la dovete scordare, dovete imparare a trattare male la gente, dovete imparare a bluffare»: nella sua relazione, consegnata all’ufficio tirocini della Iulm a fine stage, M. R. attribuisce queste parole a Riccardo Bertollini, allora presidente della Fondazione, ruolo poi passato alla compagna Elena Fontanella [sotto, l'immagine della homepage del sito ufficiale].«Un momento tristemente divertente», commenta l'ex stagista con la testata. L'esordio dello relazione, in verità, ha toni molto positivi («Sono entusiasta in generale del lavoro» e «dal punto di vista della coerenza con i miei studi meglio di così non potrei chiedere») ma presto vira verso un elenco dei punti critici di quei tre mesi. L'ex stagista solleva perplessità circa le modalità con cui i titolari portano avanti il lavoro, i loro modi burberi, l'organizzazione che costringe a salti mortali all'ultimo momento, la mancanza di ricerca culturale, l'andirivieni continuo di stagisti e cocopro, spesso scontenti. «Questa esperienza è stata come vivere una sorta di reality con continue prove da superare ma senza nessun premio finale», sintetizza. La relazione, consegnata a fine estate 2009 all'ufficio stage della Iulm, in quel momento non dà avvio ad alcuna procedura di verifica e la convenzione tra ateneo e DNArt va avanti. È con l'inchiesta della Repubblica degli Stagisti dello scorso febbraio, e gli approfondimenti della redazione partiti dalle nuove segnalazioni, che le lamentele di M. R. ritornano alla luce. Marco De Candido, responsabile dell'Area orientamento, stage & placement dell'ateneo, riconosce la svista e ipotizza che l'incipit entusiastico abbia potuto portare ad un'archiviazione affrettata della pratica, promettendo più attenzione e una linea dura contro gli enti ospitanti inaffidabili [leggi qui l'intervista], a cominciare dalla Fondazione a cui non verranno più inviati stagisti.La seconda testimonianza proviene da Alessandra G., che invece ha avuto meno pazienza: il suo tirocinio trimestrale presso DNArt, cominciato nel giugno 2008 dopo una laurea in comunicazione sempre alla Iulm, lo ha interrotto dopo un mese, cogliendo l'opportunità di un altro stage non retribuito alla Rai Corp New York. «Meglio essere sfruttati nella Grande Mela che nel grigiore di Milano» sintetizza con ironia. Lo scenario della Fondazione descritto da Alessandra è sempre quello: surplus di stagiste (tre per quattro dipendenti), clima lavorativo teso, domeniche in ufficio, mansioni poco stimolanti - come gestire le prenotazioni dell'acquario civico di Milano per le scolaresche di medie ed elementari. Ricorda però anche i lavori di preparazione di una mostra al Palazzo Reale di Milano e puntualizza che DNArt avrebbe potuto essere un «ente autorevole presso cui effettuare uno stage», se non fosse stato per il clima irrespirabile in ufficio. Alessandra fa autoanalisi e riconosce, oggi, che un po' di timidezza e noncuranza le hanno impedito di denunciare le condizioni critiche dello stage in Fondazione. Per aver scelto di interrompere lo stage in anticipo, Alessandra non è stata nemmeno tenuta a redigere quella relazione finale che avrebbe potuto essere utile ai responsabili in Iulm. Come sottolinea lo stesso ufficio stage dell'ateneo, i ragazzi sono il primo e più affidabile metro di valutazione della qualità di uno stage, e l'unico mezzo attraverso cui si può venire a conoscenza di certe storture. Il consiglio è sempre quello: se qualcosa non va, bisogna tirare fuori la voce.Annalisa Di Palo con la collaborazione di Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - «La convenzione con la Fondazione DNArt è sospesa»: parla Marco De Candido della Iulm- «Qui alla Fondazione DNArt siamo in troppi stagisti»: e scatta il reclamo all'ufficio stage dell'università- «La norma che regola la proporzione tra dipendenti e stagisti andrebbe rivista» parla Aida Riolo, responsabile dell'ufficio stage della Bocconi- Barbara Rosina dell'ufficio stage della Statale: «Ecco perchè abbiamo deciso di chiudere la convenzione con la Fondazione Dnart»E anche:- Problemi con lo stage: vanno segnalati subito all'ente promotore- Quanti stagisti può prendere un'azienda? Tanti, anzi: troppi - Normativa sugli stage, la Repubblica degli Stagisti vigila: un caso di illegalità «sventato» grazie alla segnalazione di un lettore

«Qui alla Fondazione DNArt siamo in troppi stagisti»: e scatta il reclamo all'ufficio stage dell'università

Alla rubrica Help della Repubblica degli Stagisti all'inizio di febbraio arriva una mail di denuncia. Virginia L., neolaureata, e Lorenza S., studentessa di Storia e critica dell'arte, raccontano di aver interrotto da pochi giorni uno stage perché l'ente ospitante non rispettava il limite posto dalla normativa in merito al numero massimo di stagisti ospitabili contemporanemente.  «Abbiamo scoperto, grazie al sito della Repubblica degli Stagisti, che questa fondazione ha commesso un atto illegale. Citiamo testualmente dal dm 142/1998 art. 1: "I datori di lavoro possono ospitare tirocinanti in relazione all'attività dell'azienda, nei limiti di seguito indicati: aziende con non più di cinque dipendenti a tempo indeterminato, un tirocinante". In questa fondazione le persone a tempo intederminato sono in quattro e noi eravamo tre stagiste, più una quarta: una ragazzina delle superiori che andava in Fondazione solo durante il pomeriggio per sistemare le fatture».L'ente ospitante in questione è la Fondazione DNArt, che ha sede a Milano in via dell'Orso. Alla fondazione è correlata un'azienda, la Fabbrica delle idee srl; nel dettaglio, Virginia L. risulta essere stata in stage presso la srl, mentre Lorenza S. presso la Fondazione. Stando al racconto delle ragazze, Fondazione ed srl sono la stessa cosa: «Mentre abbiamo lavorato lì, abbiamo sentito i collaboratori dire "Firmiamo come Fondazione DNArt o come Fabbrica delle Idee?"». In effetti indirizzo e recapito telefonico coincidono; inoltre l'amministratore unico della srl è Elena Fontanella, che è anche presidentessa della Fondazione DNArt che della srl risulta "socio unico". Virginia e Lorenza scelgono di scrivere una lettera all'ufficio stage della propria università per esplicitare le motivazioni che le spingono ad abbandonare lo stage, inviano per conoscenza la lettera anche alla redazione della Repubblica degli Stagisti e la postano sul Forum del sito. Nel documento le ragazze lamentano insoddisfazione rispetto a diversi punti: dal progetto formativo («è stato detto a tutte che avremmo svolto un certo tipo di lavoro che avrebbe dovuto essere in linea con il nostro percorso di studi. Una volta giunte in Fondazione invece ci sono stati affidati incarichi del tutto diversi e per nulla pertinenti al nostro percorso di studi; addirittura a una di noi è stato affidato "l'importante incarico" di fare etichette per cd») agli orari («durante il colloquio ci sono stati comunicati gli orari lavorativi: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19 con tre quarti d’ora di pausa per il pranzo. Abbiamo accettato tali orari; tuttavia, una volta iniziato lo stage ci è stato comunicato, con poca educazione, che se non avessimo accettato di lavorare anche la domenica 9 ore saremmo state lasciate a casa […] e ci è stato fatto divieto assoluto di uscire prima dell’orario prestabilito»), a vari episodi di incomprensione con la direttrice. Per chiudere, le ragazze fanno esplicito riferimento al punto della normativa sugli stage che prevede un tetto massimo di stagisti ospitabili contemporaneamente, evidenziando come la proporzione non sia stata rispettata dalla Fondazione DNArt - Fabbrica delle idee srl: «segnaliamo che il numero di dipendenti fissi è di 5 persone, mentre il numero di stagisti presenti era di 4 persone». Tra i "dipendenti fissi" in questione figurerebbe anche un cocopro.Alcune copie di queste lettere vengono consegnate a mano agli uffici stage dell'università Statale di Milano e della Bocconi. A questo punto i rispettivi responsabili si muovono per verificare la veridicità dei contenuti. Al termine delle verifiche, la Statale decide di chiudere i rapporti con la Fondazione, come conferma alla Repubblica degli Stagisti Barbara Rosina, responsabile del Cosp - Centro per l'orientamento allo studio e alle professioni dell'università di Milano: «Dopo attente verifiche abbiamo deciso di rescindere la convenzione; stiamo preparando la lettera di notifica, manderemo in questi giorni la raccomandata». E aggiunge: «Purtroppo molte piccole società  organizzano attività legate all'ambito culturale e artistico muovendosi in maniera molto libera rispetto alla normativa sugli stage. Anche perché i ragazzi che vogliono lavorare in quel settore sono tantissimi e accettano qualsiasi cosa pur di farlo. Il settore è molto saturo».La Bocconi sceglie invece una linea più soft: sospende temporaneamente la Fondazione DNArt, stabilendo che se in futuro vorrà attivare stage con loro studenti o neolaureati, dovrà dichiarare di accogliere unicamente quello stagista e non altri, cioè di rispettare il dm 142/1998.La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare la Fondazione per chiedere in particolare quattro dettagli: il numero preciso di dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato presso Fondazione DNArt, il numero di quelli assunti presso Fabbrica delle Idee srl, i rapporti tra queste due realtà e le aree di operatività specifiche di ciascuna, e infine la conferma che a gennaio 2011 presso la sede di via dell'Orso abbiano operato contemporaneamente quattro stagisti. Purtroppo la Fondazione ha scelto di non rispondere, incaricando anzi uno studio legale di scrivere alla redazione una diffida richiedendo di rimuovere la pagina del Forum aperta da Virginia L. per raccontare la sua storia, e invitando la redazione a non scrivere articoli su questa vicenda. Come è chiaro dalla pubblicazione di questo articolo, la redazione ha ben ritenuto di agire diversamente e di occuparsi di questo caso - valutandolo molto significativo, anche in ragione dei risultati prodotti su due importanti istituzioni universitarie. La Repubblica degli Stagisti, nel pieno rispetto della deontologia professionale, resta naturalmente a disposizione per raccogliere la versione della Fondazione DNArt e della Fabbrica delle idee srl, qualora qualcuno volesse chiarire la situazione o smentire i fatti riportati.Il punto più importante di tutta la vicenda comunque, come sottolinea anche la responsabile dell'ufficio stage della Bocconi Aida Riolo, è che mai la Statale e la Bocconi avrebbero potuto accorgersi della violazione della normativa. Questo perché se i giovani vengono spediti in stage da enti promotori diversi, è impossibile sapere se contemporaneamente in un dato posto vi siano altri stagisti oltre a quello che un determinato ente promotore (che può essere una scuola, un ufficio stage universitario, un centro per l'impiego) ha inviato. L'unica strada per evidenziare queste situazioni, fintanto che non verrà attivata quel «database-anagrafe degli stage» di cui da anni la Repubblica degli Stagisti invoca l'istituzione, è proprio quella percorsa da Virginia e Lorenza: raccontare i fatti al proprio ente promotore.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Barbara Rosina dell'ufficio stage della Statale: «Ecco perchè abbiamo deciso di chiudere la convenzione con la Fondazione Dnart»- «La norma che regola la proporzione tra dipendenti e stagisti andrebbe rivista» parla Aida Riolo, responsabile dell'ufficio stage della BocconiE anche:- La Repubblica degli Stagisti al servizio dei lettori: al via la nuova rubrica «Help»- Normativa sugli stage, la Repubblica degli Stagisti vigila: un caso di illegalità «sventato» grazie alla segnalazione di un lettore- Quanti stagisti può ospitare un'azienda? Tutti i talloni d'Achille della normativa

L'help di Luca M.: «Con il Wea della Cattolica buoni rimborsi stage solo agli studenti. Ed io, appena laureato, ho dovuto rinunciare ad un'occasione». Ecco spiegato il paradosso

«Sono un neolaureato in Giurisprudenza e sono disperato!»: così esordisce Luca M., 27 anni, nella sua email alla Repubblica degli Stagisti. A inizio novembre, racconta, si è laureato con 110/110 all'università Cattolica di Milano e una settimana dopo ecco una notizia a lungo attesa: ha vinto un ambito stage di sei mesi alla Camera di commercio e industria italiana in Spagna, a Madrid. Wea - Work experience abroad - Europe il nome del progetto, con cui l'Ufficio relazioni internazionali dell'ateneo milanese supporta i suoi studenti e laureati in un'esperienza lavorativa all'estero [a fianco, uno screenshot della pagina di invio delle candidature]. Dov'è allora il problema? Lo si capisce scorrendo il bando, a cui Luca ha partecipato nel maggio 2010, che alla voce rimborso spese fa un importante distinguo: agli studenti spettano 500 euro al mese per stage trimestrali, 1500 in tutto, più un tot di crediti formativi concordati con la facoltà. Ai laureati invece vanno in tutto 500 euro, una tantum, per stage in genere semestrali, e naturalmente zero cfu.Le aziende terminano l'iter di selezione in un mese e mezzo circa, ma nel caso di Luca la risposta tarda, slittando dall'inizio dell'estate a metà novembre – quando lui non è più studente ma laureato. E addio 1500 euro. Luca ci tiene allo stage, e si lamenta con l'ufficio: «Al di là dell'arricchente esperienza professionale, una persona come me, che non ha un reddito alle spalle, come può accedere a queste opportunità?». Tramite altri finanziamenti, regionali magari, come è successo a una sua collega sarda. Ma il tempo passa, i giorni a disposizione per decidere scadono e, senza ulteriori finanziamenti, Luca a malincuore rinuncia allo stage.Ma perché questa "logica inversa" nei rimborsi stage, che sostiene bene gli studenti e offre solo briciole ai laureati? Lo spiega alla Repubblica degli Stagisti Damiano Anelli, che alla Cattolica coordina i progetti di mobilità e cooperazione all'estero. Bisogna andare alla fonte dei finanziamenti, la Commissione europea, che con il suo Lifelong Learning Programme sostiene la formazione lavorativa all'estero con due assi di intervento: Erasmus Placement e Leonardo.  Il primo è riservato agli studenti, il secondo ai laureati. «La nostra università beneficia di fondi Erasmus Placement» afferma Anelli. «Ha sempre fatto richiesta per ottenere entrambi i finanziamenti, ma negli ultimi anni quelli Leonardo non ci sono stati assegnati, nonostante gli ottimi progetti». Allora, piuttosto che lasciare i suoi laureati a bocca asciutta, la Cattolica ha aperto un fondo speciale – l'Ucsc Graduate Scholarship Program – attingendo a risorse interne. Nel 2010 il budget è stato di circa 15mila euro, sufficiente per una trentina di laureati, e l'ufficio cerca ogni anno di incrementare lievemente questa cifra. «Molte delle aziende partner» precisa Anelli «danno di tasca propria rimborsi talvolta anche interessanti, ma è una scelta del tutto discrezionale». Scelta che la Camera di commercio italiana in Spagna non ha voluto prendere, costringendo Luca a rinunciare. In effetti se si scorre la lista degli organismi a cui nel 2010 sono stati accordati i finanziamenti europei per le mobilità PLM (Transnational Placements in Enterprises or Training Institutions), pensate per studenti e persone disponibili sul mercato del lavoro – a partire dai neolaureati – le università costituiscono solo un sesto del totale. Il resto sono enti di formazione (associazioni, fondazioni, cooperative) ed enti pubblici territoriali (comuni e province). L'Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori, alla Repubblica degli Stagisti precisa che una percentuale così bassa di università vincitrici rispecchia fedelmente il loro grado partecipazione in quel particolare settore del Leonardo: poche vincono perché poche presentano progetti, preferendo di gran lunga il più affine ambito Erasmus. Inoltre nella valutazione delle proposte Leonardo l'ampiezza del bacino di destinatari ha il suo peso: le università che allargano i progetti anche a ex studenti di altri atenei acquisiscono punti in più in graduatoria. In altre parole, chi cerca di fare solo il proprio interesse viene penalizzato, eppure la tendenza attuale sembra essere quella. Il punto principale rimane però la scarsa partecipazione delle università nell'ambito dei tirocini Leonardo e in generale un basso livello di attenzione verso la formazione lavorativa dei propri studenti e laureati. Peccato: proprio esse dovrebbero invece costituire un trait d'union privilegiato tra mondo dello studio e del lavoro, e il primo luogo a cui potersi rivolgere dopo la laurea. Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Erasmus Placement: per gli studenti universitari tirocini da 600 euro al mese in tutta Europa. Ecco come funzionano i bandi- Programma Leonardo, stage in giro per l'Europa sotto il segno della formazione permanente  

Stagisti a quarant’anni: «Speravamo che il tirocinio fosse l'anticamera dell'assunzione, invece poi l'Atac ha assunto altri. Meno qualificati»

Non è mai troppo tardi per iniziare uno stage. Lo sanno bene quattro ex stagisti romani di 56, 48, 45 e 33 anni. Dopo aver perso il lavoro Gianluca, Massimo, Fabrizio e Mario – i nomi sono di fantasia – hanno tentato la strada della riqualificazione professionale con un tirocinio all’interno di Trambus, oggi Atac, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico di superficie della città di Roma. Dietro la garanzia dell’anonimato, i quattro tirocinanti senior denunciano però comportamenti scorretti da parte della municipalizzata che, anziché formarli, avrebbe abusato delle loro competenze dietro la promessa di un’assunzione che non è mai arrivata. Di questa vicenda la Repubblica degli Stagisti ha chiesto spiegazioni direttamente ad Atac: «Niente da dichiarare» è stata la risposta dell'azienda. «Sono arrivato a Trambus dopo aver frequentato un corso promosso dai centri  per l’impiego di Roma» racconta Gianluca, il più giovane del gruppo, alle spalle una laurea in economia e commercio, un master in gestione delle risorse umane e una collezione di contratti atipici. «Lo stage mi sembrava serio vista soprattutto l’affidabilità delle istituzioni coinvolte». Il corso in questione faceva parte infatti di un progetto più vasto, chiamato “I job”, organizzato nel 2008 dall’Ordine dei consulenti del lavoro e finanziato con fondi ministeriali. Obiettivo: riqualificare complessivamente 600 persone selezionate tra giovani in cerca di prima occupazione, disoccupati di lunga durata e in situazioni di svantaggio. Ma per la ventina di persone indirizzate agli uffici amministrativi di Trambus emergono da subito pesanti irregolarità: «Non ho mai firmato un progetto formativo» ammette Fabrizio «in seguito l’ho chiesto più volte sia a Trambus sia all’Ordine dei consulenti. È stata anche fatta una richiesta formale dagli uffici del ministero del Lavoro, ma del mio contratto non c’è traccia». L’azienda risponde infatti alle richieste inviando soltanto la convenzione di stage e non il progetto formativo con la firma del tirocinante.  Questo documento dev'essere obbligatoriamente incorporato nella convenzione, così come prescrive l'articolo 4 del decreto ministeriale 142/1998 che regolamenta gli stage, in cui si legge: «Alla convenzione [...] deve essere allegato un progetto formativo e di orientamento per ciascun tirocinio, contenente: a) obiettivi e modalità di svolgimento del tirocinio [...]; b) i nominativi del tutore incaricato dal soggetto promotore e del responsabile aziendale; c) gli estremi identificativi delle assicurazioni di cui all'articolo 3; d) la durata ed il periodo di svolgimento del tirocinio; e) il settore aziendale di inserimento». Se il progetto formativo non  dovesse saltare fuori, ci si troverebbe di fronte a uno stage organizzato al di fuori della norma: una situazione imbarazzante, tanto più per il fatto che è coinvolta un’azienda pubblica. I primi due mesi di stage, rimborsati per un totale di 500 euro, si concludono in ogni caso nel migliore dei modi: tanto che Trambus propone ai tirocinanti di prolungare la loro permanenza con un ulteriore stage a 350 euro mensili, della durata di sei mesi. Che sommati ai precedenti due fanno otto: cioè ben oltre il limite massimo di sei mesi previsto sempre dal decreto 142/1998 per le persone disoccupate o inoccupate. E ciò indipendentemente dal fatto che subentri - come in questo caso - un diverso ente erogatore del rimborso spese.  Ma questo Gianluca, Massimo, Fabrizio e Mario non lo sanno e rassicurati sulla possibilità di un’imminente stabilizzazione accettano di svolgere praticamente qualsiasi mansione. Mario, il più anziano, ex dipendente Alitalia Cargo, racconta di aver messo a punto per Trambus un programma informatico per gestire i permessi sindacali dei dipendenti, a costo zero ovviamente. Date le sue competenze, l’azienda ha visto bene di trasferirlo poi in un altro settore dove serviva una persona per un posto vacante: «So bene che gli stagisti non dovrebbero sostituire il personale» riflette ora «ma in quel momento avevo la speranza di essere assunto».  Speranza delusa perché nonostante le promesse i quattro stagisti senior restano  esclusi dalla grande infornata di assunzioni (almeno 88) che si compie proprio a fine 2009, alla vigilia dell’assorbimento di Trambus da parte di Atac (contribuendo a far lievitare l'indebitamento del nuovo gestore). Forse l’azienda non era soddisfatta del lavoro dei tirocinanti? Difficile da credere se è vero che, terminato anche il secondo stage, viene chiesto a due di loro di restare per ulteriori 4 mesi di frequenza volontaria gratuita. Da stagisti a «volontari» insomma: per una permanenza totale di un anno.«Se non fosse stato assunto nessun altro sarebbe stato diverso» ammette Gianluca. Per di più personale molto meno qualificato e selezionato secondo logiche clientelari, assicurano gli ex stagisti, che si sono ora rivolti al giudice del lavoro, chiedendo di stabilire se il periodo passato a Trambus è stata un’esperienza funzionale alla loro riqualificazione o piuttosto una prestazione di lavoro subordinato. Fatto che, se accertato, appare ancora più grave in relazione all’esperienza e all’età delle persone coinvolte. Perché fare uno stage a venti o a cinquant’anni non è esattamente la stessa cosa: «Ti ritrovi nella stessa condizione dei tuoi figli, è incredibile» confida Mario «Soprattutto se finisci a lavorare su cose che già conosci. Ma perdere il posto di lavoro ti porta in una depressione fortissima e pur di sentirti ancora attivo accetti anche una discesa della tua attività». «Quello che non hanno capito» è la conclusione di Massimo «è che noi questa azienda in realtà l’abbiamo amata. Saremmo voluti rimanere anche perché ormai l’avevamo fatta nostra. Alla fine ci hanno solo sfruttato». Ilaria CostantiniPer saperne di più su questo argomento, vedi anche: -   Intervista al ministro Giorgia Meloni: «Più controlli per punire chi fa un uso distorto dello stage. Ma i giovani devono fare la loro parte e denunciare le irregolarità»-  La Repubblica degli Stagisti ha una nuova rubrica: «L'avvocato degli stagisti» curata da Evangelista Basile e Sergio Passerini dello studio Ichino Brugnatelli

L'Inps viola il codice deontologico forense, non paga i suoi 75 praticanti avvocati e ne cerca altri 400. Ed è in buona compagnia

Per tutti i giovani che sognano di fare gli avvocati dopo la laurea in giurisprudenza c'è ancora un grosso scoglio: i 24 mesi di praticantato forense, obbligatori per poter accedere all'esame di stato. In questi due anni i praticanti imparano le basi del mestiere, cominciano ad andare in Tribunale, seguire le udienze, predisporre gli atti. Per i primi mesi di solito lo fanno gratis, perché sono ancora troppo inesperti per risultare produttivi. Passato questo primo periodo il Codice deontologico forense prevede espressamente che comincino a ricevere un compenso: insomma, il praticantato gratis è contrario alla deontologia professionale. In particolare l'art. 26 del Codice, che si intitola appunto "Rapporti con i praticanti", al primo comma prescrive: «L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto».Eppure proprio un ente pubblico, l'Inps, contravviene al Codice deontologico e impiega decine di praticanti senza dar loro un euro di rimborso spese per l'intera durata del periodo di praticantato. La segnalazione è arrivata alla Repubblica degli Stagisti da Francesca Esposito, che per un anno ha svolto la pratica presso l'ufficio legale Inps di Lecce, prima di abbandonare e passare a uno studio legale privato: «Non potevo accettare» spiega «di lavorare ulteriormente per un ente pubblico senza ricevere alcun rimborso o compenso». Eppure prima di gettare la spugna Francesca le aveva provate tutte: aveva perfino inviato una «istanza di rimborso/compenso», firmata da lei e dagli altri cinque praticanti del suo ufficio, all'attenzione del coordinatore regionale dell'Inps Franco Monaco per far valere quell'articolo del Codice deontologico. Senza sortire effetti.L'Inps ha al momento 75 praticanti in servizio: erano di più ma negli ultimi mesi molti, come Francesca, hanno abbandonato il posto e sono passati a fare la pratica altrove. A questi 75 se ne aggiungeranno nei prossimi mesi altri 400: lunedì 25 ottobre 2010 parte infatti il nuovo bando per l’ammissione alla pratica forense presso le Avvocature territoriali dell’Inps, che resterà aperto fino al 22 novembre e recluterà i nuovi praticanti. Sempre alle vecchie condizioni però: quindi nemmeno un euro di rimborso spese.Eppure pare che l'Inps si senta la coscienza a posto: spiega di provvedere ad assicurare «gli strumenti elettronici di lavoro» (cioè un computer!) e un eventuale rimborso di qualche spesa sostenuta, così come fa l'Avvocatura dello Stato. In effetti, navigando sul web si trovano molti sfoghi anche di praticanti presso l'Avvocatura che lamentano l'assenza di un emolumento. Ma dato che due torti non fanno una ragione, il problema anziché azzerarsi si moltiplica.«È una vergogna che l'Inps risponda sfacciatamente che un pc e i rimborsi spesa sono sufficienti come retribuzione per l'opera di un dottore in legge» commenta Julian G. Colabello, [nella foto a destra, intervistato durante una puntata di Cominciamo Bene Estate], presidente dell'associazione "6° Piano Praticanti" che da due anni elabora e promuove  proposte per riformare l'istituto del praticantato: «Ancor più grave considerando che stiamo parlando di un'istituzione pubblica, che nell'esercizio del suo mandato pubblico compie azioni, appunto, vergognose». Colabello allarga il raggio: «Purtroppo Inps e Avvocatura dello Stato sono in ottima compagnia: il Ministero dell'Interno, le Prefetture, il Comune di Roma, per esempio, sono tutti enti pubblici che si avvalgono di lavoro non retribuito sfruttando i praticanti. Manca una cultura di base e una legislazione specifica e di tutela riguardo ai nuovi impieghi e ai nuovi ruoli che anche le professioni tradizionali stanno assumendo». Ma l'articolo 26 del codice deontologico è un'arma spuntata: «Nessun praticante potrebbe chiedere la pronuncia di un giudice del lavoro sulla base del suo dettato» conclude Colabello «In questo vuoto culturale e normativo si scatenano gli istinti più bassi, sia negli studi privati che nelle istituzioni pubbliche. Solo creando un'opinione comune di denuncia e proposta sul tema abbiamo una possibilità di cambiare le cose». Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- La testimonianza di Francesca Esposito: «Ho interrotto il mio praticantato presso l'Inps perchè non mi davano un euro»E anche: - Da grande voglio fare l'avvocato - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti- «Praticanti, ora la retribuzione è obbligatoria: ma è giusto non fissare un minimo» - Intervista al presidente dei giovani avvocati

Work experience: stop in Campania per mancanza di fondi, in Basilicata al via il bando 2010

Work experience in Campania? Tutto rinviato, almeno per ora, con prevedibile delusione dei giovani che avevano sperato in questa iniziativa per trovare un accesso, seppur non certo, al mondo del lavoro. Il programma "Work experience” finanziato dalla Regione Campania era stato attivato nell’ottobre 2009, poco prima delle elezioni regionali: aveva come obiettivo l’inserimento occupazionale attraverso lo svolgimento di esperienze lavorative nelle imprese campane, finanziate da una borsa di lavoro erogata dalla Regione. I destinatari dell’iniziativa erano giovani tra i 18 e i 32 anni, residenti in Campania e disoccupati da almeno sei mesi: a loro sarebbe stata offerta la possibilità di svolgere un'esperienza lavorativa nelle imprese che ne avessero fatto richiesta per un periodo che poteva raggiungere al massimo i 12 mesi, per 20 ore settimanali, con un compenso di 400 euro mensili (500 per i laureati). Il progetto metteva complessivamente a disposizione  35 milioni di euro e  prevedeva anche un contributo per le imprese che, entro un mese dal termine della work experience, avessero assunto a tempo indeterminato il borsista (per un periodo di almeno 24 mesi). Per inviare le richieste erano state previste tre finestre temporali, a gennaio, aprile e luglio 2010. La mancanza di notizie sull'esito del bando è stata segnalata al servizio «Help» della Repubblica degli Stagisti da una partecipante, Monica, che aveva inoltrato la domanda di partecipazione ad aprile ma non era poi riuscita a sapere se fosse stata accettata o no: «Ho provato a chiamare il numero della regione adibito al progetto, ho mandato mail all'indirizzo dedicato, ma sono giorni che non risponde mai nessuno, il telefono risulta staccato in tutte le ore d'ufficio e alle varie mail inviate non risponde mai nessuno. Mi chiedo è possibile che noi cittadini dobbiamo essere trattati in questo modo». Anche per la Repubblica degli Stagisti non è stato semplice ricevere risposta. Dopo aver atteso invano che qualcuno rispondesse al numero di telefono indicato per le informazioni, e dopo qualche settimana di ping-pong da un ufficio all'altro, alla fine la Regione Campania ha ammesso che tutto è fermo a causa dello sforamento del patto di stabilità: in pratica, cioè, mancano i soldi. Sull'homepage del sito dell'assessorato alle Attività produttive è ora presente un link intitolato «Programma Borse Lavoro ex DGR 1262/2010 - Chiarimenti»: cliccandoci sopra si accede a una pagina in cui si legge che «Per motivi legati alle ben note difficoltà finanziarie della Regione Campania,  allo stato l’Amministrazione non è ancora in condizione di procedere alla sottoscrizione degli atti di concessione in questione. Si informa pertanto che non sono da considerarsi ammissibili a finanziamento attività eventualmente già avviate». Non tutto, però, sembra perduto: l’avverbio “ancora” lascia ancora intravedere qualche spiraglio. Mentre in Campania il progetto “Work experience” subisce una battuta d’arresto, nella vicina Basilicata lo scorso 1 settembre il Bollettino Ufficiale Regionale ha reso noto l’avviso pubblico per l’attivazione di un programma analogo (e omonimo). I destinatari dell’iniziativa sono giovani disoccupati o inoccupati da almeno sei mesi, residenti in Basilicata da almeno due anni, con un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Tra i requisiti richiesti ci sono, tra gli altri, il possesso del diploma di scuola secondaria superiore o di laurea e l’iscrizione al Centro per l’impiego di competenza territoriale. I tirocini formativi dureranno 6 mesi e verranno retribuiti con una cifra pari a 6 euro per ogni ora di frequenza effettiva, quindi 720 euro al mese. Possono richiedere l’attivazione del programma di work experience le aziende di ogni dimensione, iscritte nel registro delle imprese e con almeno un’unità produttiva nel territorio della Basilicata e i  liberi professionisti o le associazioni fra professionisti, appartenenti agli Ordini professionali riconosciuti. Per partecipare le aziende dovranno inviare alla Regione entro il 2 novembre un dossier che comprenda il progetto relativo alla work experience e una scheda anagrafica del tirocinante.Enza CivalePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- I giovani e la giungla del mercato del lavoro: tante parole, poche certezze. Ad Atreju 2010 Sacconi, Polverini, Ichino e Letta a confronto sul tema occupazione- Giovani e lavoro, il manifesto dei ministri Sacconi e Gelmini: «Non c'è bisogno di grandi riforme, basta avvicinare la scuola alle imprese»

Punto per punto, le lamentele di Sandra G. rispetto al corso-stage della Bottega editoriale

Ed ecco nel dettaglio i sei punti che hanno spinto Sandra G. a richiedere help alla Repubblica degli Stagisti. Questi sono gli aspetti che la ragazza ha trovato scorretti rispetto al corso «Scuola per redattore di casa editrice» organizzato dall'agenzia letteraria Bottega Editoriale srl tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, al costo di 864 euro a persona (per 20 incontri di 4 ore, totale 80 ore) poi proseguito con un "corso-stage" pratico-specialistico intitolato «Il lavoro di redattore di casa editrice», al costo di ulteriori 492 euro a persona (per circa 560 ore totali da svolgersi tra la sede dell'agenzia, casa propria e alcune manifestazioni culturali in Calabria e altre regioni). 1) numero chiuso, però in realtà aperto. «Il corso avrebbe dovuto essere a numero chiuso, sul sito era indicato che sarebbero stati 20 i posti disponibili, invece poi le iscrizioni furono una trentina e l'agenzia le accettò tutte. Chiaramente per loro era una convenienza, dato che da ciascun partecipante l'agenzia ricavava 710 euro + Iva cioè circa 860 euro. Rinunciare a dieci iscritti in più per loro avrebbe voluto dire rinunciare a 8600 euro».2) contenuti del corso. «Avremmo dovuto imparare ad impaginare ed erano previste esercitazioni pratiche, invece ci venne data soltanto un’infarinatura. Le esercitazioni erano banalissime: correzione in classe di un paio di articoli con vistosi errori di grammatica e il lavoro di editing, facoltativo, durante le vacanze natalizie, su un articolo e sul nuovo volume della collana “Le città della Calabria e della Sicilia” (Soverato) curato dallo stesso Fulvio Mazza, amministratore della Bottega Editoriale. L'agenzia tenne fede al programma soltanto rispetto alle visite guidate presso quattro case editrici (Pellegrini, Abramo, Guzzardi e Rubbettino) e agli incontri con editori (Falzea, Falco ed altri). Per quanto riguarda le lezioni di docenti esterni, furono solo due: Marco Gatto dell'Unical sulle schede di valutazione di libri inediti e Gilberto Floriani del Sistema bibliotecario vibonese sulla biblioteconomia».3) scarsa trasparenza rispetto allo stage post-corso. «All'inizio del corso ci venne spiegato che i tre corsisti più meritevoli avrebbero avuto l’opportunità di fare un periodo di stage presso l’agenzia stessa. Invece poi lo stage venne trasformato in un corso-stage a pagamento: 410 euro + Iva, cioè circa altri 490 euro a testa. Mazza spiegò per iscritto che quella cifra sarebbe servita a pagare il tutor specifico che avrebbe affiancato gli stagisti: peccato che questo tutor in realtà non sia mai esistito. Inoltre, anche qui a parole avrebbe dovuto vigere il numero chiuso (massimo tre stagisti) ma poi invece l’agenzia sollecitò i tutti partecipanti ad iscriversi, tanto che fummo ben in nove ad accettare la nuova proposta».4) utilizzo dei giovani nell'ambito dello stage-corso. «A me e ad altre tre stagiste fu assegnato lo sbobinamento di due moduli ciascuno del master Intelligence svoltosi all'università della Calabria nel febbraio 2008 da cui sarebbe stato tratto un libro. Poi mi furono assegnate letture di inediti letterari e mi fu chiesto di ricopiare volumi di poesie inedite che erano state scritte a macchina. Tutte queste attività sono state poi utilizzate dalla Bottega Editoriale. Perfino durante la settimana di Ferragosto una delle dipendenti che lavoravano come cocopro per l’agenzia mi sollecitò perché completassi lo sbobinamento del master velocemente. Feci inoltre in prima persona l’editing di un libro di Giovanna Moscato, poi pubblicato da Aracne Editrice con il titolo Ritratto in Bianco e Nero». 5) trasferte a carico degli stagisti-corsisti. Il programma dello stage-corso prevedeva l’obbligo per i partecipanti di partecipare ("per un minimo di 80 ore") a iniziative nel campo dell’editoria, come la mostra del libro di Torino o la fiera Galassia Gutenberg di Napoli. Ma non era precisato che tali trasferte erano a carico degli stagisti. Per la partecipazione a questi eventi la Bottega Editoriale percepisce ogni anno dei finanziamenti pubblici: ma non li utilizza per coprire le spese di viaggio e alloggio degli stagisti. «Eppure alle fiere – io personalmente sono stata presente nel 2009 a quella di Torino, dal 13 al 18 maggio, e a quella di Napoli dal 29 maggio al 1° giugno – gli stagisti, esattamente come gli altri membri dello staff, si occupano dell’allestimento e della supervisione dello stand, della vendita dei libri, della redazione dei comunicati stampa da spedire ai vari giornali calabresi e della distribuzione della rassegna stampa».6) diventare pubblicisti scrivendo su Bottegascriptamanent. «Durante il corso Mazza ci fece sapere che chi avesse voluto avrebbe potuto recensire libri per le sue riviste online. Avremmo dovuto scrivere una mail a lui in cui precisavamo che eravamo interessati all’iscrizione all'albo dei giornalisti pubblicisti e scegliere da un elenco i libri da recensire. Un tutor ci avrebbe insegnato le regole base per scrivere gli articoli sulle riviste. Scrissi la mail esplicitando le mie intenzioni e iniziai a scrivere per loro nel dicembre 2008, con l’obiettivo di diventare pubblicista, realizzando otto articoli di cui sette già pubblicati tra luglio 2009 e gennaio 2010. Mazza non ci parlò di retribuzione: disse che ci avrebbe rilasciato le ricevute alla fine dei due anni di collaborazione e che noi avremmo dovuto pagare le ritenute d’acconto. Quindi era chiaro fin dal principio che non saremmo stati pagati, ma che la Bottega Editoriale avrebbe simulato i pagamenti. Quando poi mi rivolsi all’Ordine dei giornalisti e scoprii che per l’iscrizione all’albo dei pubblicisti contano solo le collaborazioni giornalistiche realmente retribuite, e non "una tantum" ma periodicamente,  lo feci presente a Mazza. A quel punto lui negò tutto, sostenendo che avevo scritto quegli articoli per mio personale diletto e non con finalità giornalistiche, e che anche se erano stati pubblicati su Bottegascriptamanent non potevo avanzare alcuna pretesa di retribuzione».Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Help dalla Calabria: «Durante un corso-stage a pagamento per redattore di casa editrice, l'agenzia ha utilizzato il mio lavoro e mi ha fatto pagare le trasferte di tasca mia»- La replica di Fulvio Mazza: «La Bottega editoriale non è un covo di imbroglioni per ragazzi sprovveduti» E anche gli altri casi di help trattati dalla Repubblica degli Stagisti:- Un'aspirante giornalista: «Una testata non voleva pagare i miei articoli: ma grazie alla Repubblica degli Stagisti e a un avvocato ho ottenuto i 165 euro che mi spettavano»- Stage gratuito ma valido per il tesserino da giornalista: i lettori della Repubblica degli Stagisti segnalano l'annuncio "impossibile" di una testata giornalistica- Normativa sugli stage, la Repubblica degli Stagisti vigila: un caso di illegalità «sventato» grazie alla segnalazione di un lettore- Nuova richiesta di help: «Ho risposto a un annuncio per uno stage, ma poi ho scoperto che avrei dovuto pagare 1600 euro: era un corso a pagamento!»- Aspiranti giornalisti, attenzione agli annunci di stage a pagamento in Rete: la richiesta di help di tre lettori- Stage al museo con volantinaggio, la richiesta di help di un lettore arrabbiato- Stage a pagamento: un lettore chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti- Stage deludente dopo un master da 11mila euro: una lettrice chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti

Help dalla Calabria: «Durante un corso-stage a pagamento per redattore di casa editrice, l'agenzia ha utilizzato il mio lavoro e mi ha fatto pagare le trasferte di tasca mia»

Sandra G. ha ventotto anni, è calabrese. Qualche mese fa decide di contattare il senatore Pietro Ichino perché delusa da un corso-stage per redattore di casa editrice organizzato da un’agenzia letteraria in provincia di Cosenza. Un'esperienza durata circa dieci mesi e costata oltre 1.300 euro, con un primo corso di tre mesi svolto tra l’ottobre del 2008 e il febbraio del 2009 e costato 864 euro, più un corso-stage tra febbraio e agosto 2009, costato altri 492 euro. Ichino la dirotta alla Repubblica degli Stagisti, e lei alla redazione racconta la sua storia (in questo articolo, le sue lamentele punto per punto).Nell'autunno del 2008 Sandra, all’epoca laureanda in lettere classiche, scopre l’esistenza del corso organizzato dalla società Bottega Editoriale srl di Rende in un articolo sulla Gazzetta del Sud [qui sotto] e subito si candida. Inizialmente sembra che il corso sia a numero chiuso e che verranno accolte solamente 20 domande, poi invece tutti coloro che fanno richiesta vengono accettati. Si tratta di una trentina di persone: dalle quote di iscrizione nelle casse della Bottega Editoriale entrano in questo modo più o meno 21mila euro più Iva. Il corso, presentato a Palazzo dei Bruzi a Cosenza alla presenza dell’assessore alla cultura Salvatore Dionesalvi, si articola in venti incontri di quattro ore l’uno, per un totale di 80 ore. Solitamente l’insegnante è Fulvio Mazza, giornalista pubblicista nonché proprietario e amministratore dell’agenzia, o qualcuno dei suoi collaboratori; in due occasioni tengono lezione docenti esterni, Marco Gatto dell'Unical e Gilberto Floriani del Sistema bibliotecario vibonese. Le lezioni avvengono nei locali del liceo scientifico “Pitagora” di Roges di Rende e in quelli della Biblioteca civica di Cosenza. Gli allievi fanno qualche esercitazione e a volte vengono portati in visita presso case editrici della zona. A metà febbraio il corso finisce. A questo punto, secondo le indicazioni divulgate dall’agenzia fin dal principio, i tre migliori allievi dovrebbero avere la possibilità di proseguire con uno stage all’interno dell’agenzia. Invece vi è un’inversione di marcia: lo stage viene proposto a tutti, e si trasforma in un corso-stage a pagamento. In nove accettano di parteciparvi, pagando altri 410 euro + Iva cioè 492 euro. Sandra G. è tra questi. Sono previste 560 ore di formazione per gli allievi: «400 ore di lezioni pratico-specialistiche suddivise in cento lezioni da quattro ore ciascuna oppure cinquanta giornate da otto ore», e poi uno «stage finale vero e proprio: venti giornate da otto ore ciascuna = 160 ore». Il corso-stage, come da programma, viene svolto tra la sede della Bottega editoriale [nell'immagine a destra, l'homepage del sito] e il domicilio dei corsisti, tranne che per lo «stage finale vero e proprio», che almeno per metà (quindi 80 ore) deve essere svolto espressamente partecipando a  «importanti iniziative nel campo dell’editoria: fiere del libro, manifestazioni culturali-editoriali ecc». La Bottega Editoriale incassa grazie alle quote di adesione circa 3.700 euro + Iva.A fine febbraio Sandra G. comincia il suo corso-stage. La sede dell’agenzia si rivela essere «una stanzetta posta al pian terreno dell'abitazione di Mazza, in via Volta». Secondo il racconto che la giovane donna affida alla Repubblica degli Stagisti, lì lavorano una segretaria e due-tre collaboratori con contratto a progetto, più di volta in volta qualche stagista. C’è chi si deve portare da casa il proprio pc personale; agli stagisti vengono affidati, come formazione, alcuni compiti pratici.  «A me e ad altre tre furono assegnati lo sbobinamento di due moduli ciascuno del master intelligence svoltosi all'università della Calabria nel febbraio 2008 da cui sarebbe stato tratto un libro» scrive Sandra: «Poi mi furono assegnate letture di inediti letterari e mi fu chiesto di ricopiare volumi di poesie inedite che erano state scritte a macchina. Una volta ricevetti un testo inedito di 200 pagine e mi fu chiesto di correggerlo e riconsegnarlo in un fine settimana: era zeppo di errori di ortografia, logica, forma e sintassi, di anacronismi e incongruenze, e lavorai giorno e notte per consegnarlo in tempo utile. Feci poi in prima persona l’editing di un libro di Giovanna Moscato, poi pubblicato da Aracne Editrice con il titolo Ritratto in Bianco e Nero».Sandra è perplessa perchè il lavoro suo e degli altri stagisti viene poi utilizzato dall’agenzia. Un altro aspetto che la lascia interdetta è che le famose 80 ore obbligatorie di presenza a «importanti iniziative nel campo dell’editoria», previste dal programma del corso-stage, sono a carico di ciascuno stagista: biglietto aereo o ferroviario e pernottamento. Sandra partecipa nella primavera del 2009 alla Fiera del libro di Torino e alla manifestazione Galassia Gutenberg di Napoli, ma il fatto che la Bottega Editoriale non si faccia carico delle spese sostenute non le sta bene; in più sente dire che per partecipare a questi eventi l’agenzia percepisce dei fondi pubblici, nell'ambito di un finanziamento regionale per la partecipazione a manifestazioni promozionali e fiere del libro riportato sul Bollettino ufficiale con un riferimento a un decreto del dicembre 2006 della Giunta regionale, e questo la porta a ipotizzare che parte di quei soldi forse dovrebbero andare a coprire le attività sue e dei suoi colleghi. La Repubblica degli Stagisti ha svolto un approfondimento specifico su questo aspetto, scoprendo che in effetti la Bottega Editoriale ha percepito dei soldi dalla Regione Calabria: nel 2008 12.500 euro Iva compresa, 7.500 per la partecipazione alla Fiera del libro di Torino e 5mila per l’evento Galassia Gutenberg di Napoli. Per quanto riguarda il 2009 la Bottega Editoriale ha fatturato oltre 13mila euro: 8.729  per Torino e 4.618,70 per Napoli. In tutti questi casi, gli importi sono stati corrisposti dal Sistema Bibliotecario Vibonese a fronte di servizi di «ufficio stampa e organizzazione e gestione stand» prestati dalla Bottega Editoriale per conto della Regione nel corso delle manifestazioni. Infine, Sandra lamenta di aver scritto otto recensioni di libri, di cui sette pubblicate sulla testata online Bottegascriptamanent correlata alla Bottega Editoriale, senza aver ricevuto alcun compenso, malgrado avesse esplicitato fin dall’inizio di voler scrivere articoli al fine di potersi poi iscrivere all’albo dei giornalisti pubblicisti (e perchè ciò avvenga, è indispensabile che i pezzi vengano retribuiti perchè l’attività giornalistica gratuita non è valida ai fini dell’iscrizione, come già evidenziato dalla Repubblica degli Stagisti in molti approfondimenti sul tema). A questo punto la parola passa al proprietario della Bottega Editoriale, Fulvio Mazza, a cui la Repubblica degli Stagisti chiede di spiegare la posizione dell’agenzia. Mazza risponde inizialmente a voce, poi per iscritto, poi nuovamente per telefono e infine ancora per iscritto (in questo articolo le sue dichiarazioni sono riportate integralmente). Nega che il lavoro degli stagisti-corsisti venga utilizzato abitualmente dall’agenzia: «In grandissima parte le esercitazioni si svolgono su testi/argomenti che poi non vengono utilizzati nella nostra attività. In qualche caso, assolutamente minoritario, può accadere il contrario». E assicura che, pur non inquadrati attraverso la specifica convenzione di tirocinio tra ente promotore ed ente ospitante, tutti gli stagisti che transitano per la Bottega Editoriale «sono segnalati all’Inail seguendo le procedure previste dallo stesso Istituto». «Non siamo un covo di imbroglioni per ragazzi sprovveduti», conclude Mazza, «e cerchiamo di riconoscere i nostri errori e porvi rimedio appena possibile. Anche, sulla scorta di segnalazioni da parte dei nostri stessi utenti/clienti, laddove si accorgessero di nostre insufficienze, errori e quant'altro. All’inizio non sempre riuscivamo a pagare tutti e tutto. Adesso tutti sono in regola, tutti sono contrattualizzati».Fulvio Mazza però preferisce non rispondere alle domande sullo staff della Bottega Editoriale e sul tipo di contratto di chi ci lavora; così come non fornisce dettagli sull’ammontare delle retribuzioni per l’attività giornalistica degli aspiranti pubblicisti, specificando però che «una quindicina di nostri collaboratori abituali sono ora giornalisti iscritti agli ordini». La Bottega Editoriale prosegue nella sua attività di organizzazione di corsi: la prossima «Scuola di redattore di casa editrice», giunta alla sesta edizione, è prevista cominciare il 4 ottobre.  Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Punto per punto, le lamentele di Sandra G. rispetto al corso-stage della Bottega editoriale - La replica di Fulvio Mazza: «La Bottega editoriale non è un covo di imbroglioni per ragazzi sprovveduti» E leggi anche tutti i precedenti casi di Help:- Un'aspirante giornalista: «Una testata non voleva pagare i miei articoli: ma grazie alla Repubblica degli Stagisti e a un avvocato ho ottenuto i 165 euro che mi spettavano» - Stage gratuito ma valido per il tesserino da giornalista: i lettori della Repubblica degli Stagisti segnalano l'annuncio "impossibile" di una testata giornalistica- Normativa sugli stage, la Repubblica degli Stagisti vigila: un caso di illegalità «sventato» grazie alla segnalazione di un lettore- Nuova richiesta di help: «Ho risposto a un annuncio per uno stage, ma poi ho scoperto che avrei dovuto pagare 1600 euro: era un corso a pagamento!»- Aspiranti giornalisti, attenzione agli annunci di stage a pagamento in Rete: la richiesta di help di tre lettori- Stage al museo con volantinaggio, la richiesta di help di un lettore arrabbiato- Stage a pagamento: un lettore chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti- Stage deludente dopo un master da 11mila euro: una lettrice chiede «help» alla Repubblica degli Stagisti

Le università «virtuose» del Mae-Crui: tutti i dettagli sui rimborsi spese e le borse di studio per i tirocini in ambasciate, consolati e istituti di cultura

Sono diciotto le università virtuose che forniscono un contributo spese ai tirocinanti del Mae Crui fra quelle che hanno risposto al sondaggio della Repubblica degli Stagisti. Gli atenei aderenti al programma sono in tutto 67 [di questi, nove non hanno risposto alle mail e alle telefonate della redazione]. L'università di Udine assegna da sempre a tutti i propri studenti selezionati per partecipare ai tirocini un importo a copertura delle spese di viaggio, forfettario a seconda della zona in cui il tirocinio stesso viene programmato. Il rimborso varia da 150 a mille euro circa e proviene interamente da fondi dell’ateneo. L’assicurazione medica è a carico del tirocinante (nel caso il tirocinio venga effettuato nei paesi Ue, i tirocinanti sono però coperti dalla tessera europea di assicurazione malattia). La Bocconi di Milano offre 380 borse per anno accademico per gli stage, inclusi quelli del Mae-Crui. Le borse sono finanziate con fondi regionali, fondi dell'università e fondi misti. I finanziamenti sono concessi sulla base di requisiti di merito e di reddito e vanno da un minimo di 500 a un massimo di 1.500 euro per i Paesi extra-europei; qui il bando con tutti i dettagli. L’università di Verona offre circa 3mila euro ad ogni stagista Mae-Crui, e altrettanti per chi viene selezionato per il programma Mae-Crui Assocamera estero. L’università per stranieri di Siena, tramite una convenzione con il ministero degli Esteri, offre borse di tirocinio all’estero ed in Italia agli studenti iscritti ai corsi di laurea triennale e alla scuola di specializzazione e borse di stage formativo per i neolaureati. Tutte le borse sono finanziate dalla Regione Toscana, all’interno del Progetto “Lingua e cultura italiana – Società e sistema produttivo toscano in prospettiva internazionale” 2009/2010. Il bando 2009/2010 ha stanziato 820mila euro per finanziamenti individuali che vanno da 300 euro (per le destinazioni in Italia entro i 100 km dal luogo di residenza) a 4.800 euro (per l’Africa subsahariana, l’Asia e l’America latina). Nel 2009 sono state erogate 80 borse di studio; a fine 2010 verrà emanato un nuovo bando per studenti e neolaureati che assegnerà le risorse residue. L’università di Catania invia per ogni bando di selezione 10 candidati, sei laureati e quattro laureandi, erogando una borsa di studio di 1.032 euro a tutti i candidati che siano in possesso di determinati requisiti relativamente a voto di laurea e media degli esami, conoscenza linguistica ed età (massimo 26 anni per i laureandi e laureati di vecchio ordinamento e di laurea specialistica, 23 anni per i laureati di primo livello). Per favorire ed incentivare la mobilità internazionale, l’università di Perugia si fa interamente carico delle spese di viaggio degli studenti o neo-laureati selezionati dalla Crui presso le sedi estere. Nel 2009 sono stati finanziati 37 viaggi; nel 2010, sono sinora 34 gli studenti inviati all’estero dall’Ateneo. L’università del Piemonte Orientale ha attivato da quest’anno nove borse di studio del valore unitario di 1000 euro. Il numero delle borse è stato deciso tenendo conto del numero dei partecipanti degli scorsi anni che è sempre stato inferiore a quello dei contributi; qualora il numero di stagisti superasse quello delle borse, verranno scelti in via prioritaria gli studenti che hanno svolto l’esperienza all’estero. I contributi  vengono elargiti con fondi dell’Ateneo. Anche l’università di Cagliari cofinanzia le esperienze con un contributo mensile pari a mille euro lordi, che grava in parte sui fondi di bilancio e in parte sui fondi regionali. L’università di Genova offre dai 1.200 ai 2.000 euro a tutti i laureandi/laureatiche abbiano regolarmente svolto un tirocinio presso le sedi collocate all’estero e con valore ISEE/ISEEU (il sistema per calcolare il reddito delle famiglie ai fini delle tasse universitarie) non superiore a 35mila euro (2mila euro per valore ISEE/ISEEU inferiore a 10mila euro; 1.800 euro per valore ISEE/ISEEU da 10mila a 20mila euro; 1.200 euro per valore ISEE/ISEEU da 20.001 a 35mila euro). L’università di Macerata anche quest’anno mette in palio 33 borse per stage di tre mesi in Europa, nell’ambitodel Bando Erasmus Placement 2010/2011 che coinvolge anche i tirocinanti Mae-Crui. I vincitori si aggiudicheranno una borsa di circa 1500 euro. Qui il bando del concorso con i requisiti per partecipare. L’università di Messina dà un contributo finanziario di 1032 euro per i tirocinanti pressosedi estere. Per il 2010 sono stati stanziati in tutto15 milioni di euro che gravano sul bilancio dell’Ateneo. L’istituto copre anche le spese di assicurazione contro gli infortuni e contro i rischi derivanti da responsabilità civile. La Sant’Anna di Pisa invia ogni anno all’estero dagli 8 ai 10 tirocinanti Mae-Crui, ciascuno con un contributo spese mensile di 640 euro o di 800 euro per alcuni Paesi con costo della vita elevato (come la Gran Bretagna, la Cina e gli Stati Uniti, ma i parametri sono in fase di revisione). In aggiunta, l’istituto rimborsa anche le spese di viaggio A/R ed eventuali spostamenti in Italia da e per la sede. La Scuola Normale Superiore di Pisa offre fino a 700 euro di rimborso spese a tutti i tirocinanti Mae-Crui che, in media, sono meno di dieci l’anno.La Lumsa ha stanziato 4 borse di studio da 1.500 euro ciascuna per stagisti in sedi estere per un periodo minimo di 90 giorni. L’università di Salerno eroga borse per i propri laureati selezionati nell’ambito del programma di tirocini Mae-Crui. L'ammontare della borsa per i tre mesi raggiunge un massimo di 3mila euro per stage in paesi extraeuropei; 2mila euro per paesi europeo;  mille euro per l’Italia. Tutti i tirocinanti ricevono le borse, che sono finanziate da fondi di Ateneo; nel 2009 ne sono state erogate 19. L’università di Sassari offre un massimale di 2mila euro per i tirocini in Italia, 3mila euro per l’Europa e 4mila euro per i Paesi extra-europei. Le borse rientrano nel budget dell’Università e solitamente coprono tutti i tirocinanti.L’università di Siena offre un rimborso spese per stage ai tirocinanti che ne facciano richiesta nei limiti dei fondi appositamente assegnati in bilancio. La richiesta di rimborso viene fatta alla fine dello stage e valutata dalla commissione rimborsi stage anche sulla base di eventuali facilitazioni previste dall’azienda e/o di altri benefici erogati dall’università stessa o da altri enti. Il rimborso spese medio si aggira intorno ai 200 Euro al mese. I requisiti prevedono che le distanze tra la sede dello stage e la sede universitaria e della residenza siano superiori a 80 km. I criteri per l’erogazione sono consultabili qui.Anche l'università di Palermo dovrebbe fornire rimborsi spese ai tirocinanti Mae-Crui nell'ordine dei 700 euro, come segnalato dalla lettrice Katya; l'ateneo, però, non ha mai risposto alle richieste della Repubblica degli Stagisti per avere dettagli ulteriori. Sul sito, peraltro, è precisato che «non sono previste borse o contributi».Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Rimborso spese per gli stage Mae-Crui, a chi sì e a chi no. La richiesta di aiuto di una lettrice: «Non è giusto: tutti dovrebbero ricevere un sostegno»- Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?E anche: - Stage all'estero, Mae-Crui ma non solo: attenzione all'assicurazione sanitaria; - Stage all'estero senza assicurazione sanitaria: le storie di chi ci è passato

Un'aspirante giornalista: «Una testata non voleva pagare i miei articoli: ma grazie alla Repubblica degli Stagisti e a un avvocato ho ottenuto i 165 euro che mi spettavano»

«Buonasera, vorrei raccontarvi cosa mi è successo»: alla redazione della Repubblica degli Stagisti arriva all'inizio di luglio una email dal titolo significativo: "Aiuto: situazione un po' ambigua". A scriverla è Maria [il nome è di fantasia], giovane – ma niente affatto sprovveduta – aspirante giornalista. «Da metà novembre a fine dicembre del 2009 ho svolto uno stage organizzato dalla mia università in un quotidiano locale online della mia città, un piccolo capoluogo di provincia del Lazio. Dopo la fine dello stage mi hanno chiesto se avevo intenzione di diventare una giornalista e se volevo iniziare a collaborare con loro. Mi avevano proposto una collaborazione settimanale, retribuita tramite ritenuta d'acconto ogni mese che poi dopo due anni sarebbe servita a certificare il mio lavoro e a farmi prendere il tesserino da pubblicista. Sembrava che fosse una proposta seria: ho accettato e a partire dal 1° febbraio in quasi due mesi ho scritto undici articoli». Invece la testata non mantiene le promesse: «Non mi hanno pagato gli articoli e ogni volta che chiedevo spiegazioni fingevano di non capire, si negavano al telefono, inventavano dei contrattempi. Dopo aver insistito per un po', non sapendo più cosa fare, mi sono rivolta ad un avvocato: ma la situazione fino ad oggi ancora non si è sbloccata. L'avvocato ha mandato al direttore di questo quotidiano una lettera in cui chiedeva il perché della mancata retribuzione e si riferiva per il pagamento al tariffario dell'Ordine dei giornalisti del Lazio. Loro hanno risposto che non potevano pagarmi così tanto e che potevano darmi solo 100 euro perché anche tutte le altre persone che lavorano lì le pagano solo 9 euro ad articolo, perché "in città si paga in questo modo"! Ma cosa significa? È possibile?». A questo punto Maria rivolge alla Repubblica degli Stagisti la sua richiesta di help:  «Il mio avvocato mi ha detto che non sapeva più cosa fare perché non conosce il campo del giornalismo e non sa come comportarsi e che avrebbe chiamato presto un consulente del lavoro. Potete chiarirmi un po' la situazione? Secondo voi cosa dovrei fare?». A stretto giro di posta, la Repubblica degli Stagisti risponde a Maria: «Altro che ambigua, è una situazione pessima. In estrema sintesi: è vero che il Tariffario esiste, ma non viene più aggiornato dal dicembre 2006 e purtroppo non è vincolante. Puoi trovarne riassunti i contenuti nell’articolo "Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche". Come vedrai, le tariffe minime variano a seconda del tipo di testata e della tiratura: immaginiamo che il quotidiano online in questione faccia parte della categoria G, e quindi dovrebbe pagare ogni notizia almeno 25 euro e ogni articolo almeno 60 euro. Per notizia si intende una "concisa informazione fornita dal giornalista su fatti o situazioni"; per articolo un "testo in chiave di resoconto o di analisi su fatti o temi diversi fino a due cartelle da 25 righe di 60 battute l’una". Bisogna poi tenere conto che tu non sei ancora iscritta all'albo dei pubblicisti o dei professionisti: le tariffe indicate valgono per queste due categorie, mentre per quanto riguarda coloro che svolgono attività giornalistica ai fini dell’iscrizione all’elenco pubblicisti bisogna rifarsi a una decisione approvata dalla Consulta dei presidenti degli Ordini regionali nel 1995, in cui era specificato che "pur tenendo conto delle diverse potenzialità economiche espresse da regioni italiane fra loro anche molto differenziate, sia indispensabile giudicare adeguata una retribuzione che, per ognuna delle previste prestazioni giornalistiche, almeno non sia inferiore al 25% della somma prevista dal Tariffario".  Quindi il nostro consiglio è quello di chiedere attraverso il tuo avvocato che ti siano corrisposti 15 euro per ogni pezzo, come da accordi, e di inviare la richiesta per raccomandata con ricevuta di ritorno mettendo in copia conoscenza (e inviando quindi la relativa copia cartacea) il neoeletto presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, che sempre si è mostrato molto attento a questi temi (v. "Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti"), e quello dell'Ordine regionale del Lazio [nell'immagine a sinistra, l'homepage del sito] Bruno Tucci. In bocca al lupo e... facci avere tue notizie!».All’inizio di settembre Maria torna a scrivere alla Repubblica degli Stagisti con buone notizie: «Volevo dirvi che grazie al vostro aiuto e grazie al mio avvocato sono riuscita a risolvere il mio problema. Sono stata pagata tramite ritenuta d'acconto e ho preso il minimo, 15 euro ad articolo, ma va bene lo stesso, l'importante è che dopo oltre tre mesi la situazione si sia risolta. Di nuovo grazie per la vostra risposta». Grazie a Maria per non aver subito in silenzio; a lei e a tutti gli aspiranti pubblicisti un grande in bocca al lupo per il loro percorso, e un consiglio: tenete sempre a mente che il vostro lavoro giornalistico ha un valore, e che dovete pretendere che esso sia pagato adeguatamente. Non si scrive per la gloria, o per ottenere il tesserino ad ogni costo: il giornalismo è un mestiere, non volontariato. Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- La testimonianza di Franca: «Dopo una serie di stage logoranti, la scelta di pagarmi da sola i contributi da pubblicista» - La testimonianza di Carlo: «Sono diventato pubblicista scrivendo gratis: ma almeno le ritenute d’acconto me le hanno pagate» - Disposti a tutto pur di diventare giornalisti pubblicisti: anche a fingere di essere stati pagati. Ma gli Ordini non vigilano? - Da 250 a 500 euro: quanto costa diventare pubblicista e quali sono le altre differenze tra le varie regioni - L'avvocato Gianfranco Garancini: «Chi falsifica la documentazione pur di entrare nell'albo dei giornalisti pubblicisti commetto reati penali»E anche:- Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti- Giornalisti freelance, sì alla reintroduzione del Tariffario: ma i compensi minimi devono essere più realistici. E vanno fatti rispettare con controlli e sanzioni- Collaboratori pagati «a pezzo», qual è il prezzo giusto? Ecco cosa suggerisce il Tariffario con i compensi minimi per le prestazioni giornalistiche