Dallo stage alla Commissione europea al giornalismo oltreoceano: la storia di un expat italiano

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 26 Lug 2014 in Storie

C'è tempo fino al 29 agosto per candidarsi a uno degli stage offerti dalla Commissione europea. Un'ottima occasione per il curriculum e per il rimborso, di circa 1000 euro mensili, più altri benefit che l'istituzione riconosce. Carlo Cauti, 27enne di Ortona, ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua vorticosa storia: oggi, a meno di trent'anni, fa il giornalista a Sao Paulo per il principale magazine nazionale. 

Ho 27 anni e sono cresciuto ad Ortona, in Abruzzo. Ho frequentato il liceo sperimentale indirizzo giuridico-amministrativo nel College Ravasco a Pescara, dove mi sono diplomato con 98/100. Durante il liceo ho sempre lavorato con mio padre, titolare di un bowling a Lanciano, una città vicina. Praticamente tutti i weekend e le festività sono sempre state giornate lavorative, ma per me dare una mano a mio padre era qualcosa di normale, il minimo che potessi fare. Nel 2005 mi sono iscritto alla triennale in Scienze politiche alla Luiss di Roma, dove mi sono laureato con 109. Ho proseguito gli studi con la laurea magistrale in Relazioni internazionali, questa volta, laureandomi in corso e, finalmente, con 110 e lode.

Ho sempre adorato la politica estera. A una giornata di presentazione alla Luiss sono rimasto folgorato dalla descrizione dei corsi dei professori di Scienze Politiche. Avevo trovato la mia strada.

Ho sostenuto la retta annuale (ai miei tempi di circa 6mila l’anno), con borse di studio regionali e della stessa Luiss, e lavoretti vari: lo stewart, il barista e lavorando part-time nell’ufficio diritto allo studio, un bando per circa 80 ore annuali con un massimo di 1200 euro all’anno. Al primo anno ho iniziato a scrivere su uno dei giornali dell’università, Liberamente, e a collaborare con la web radio accademica, Radio Luiss, dove ho condotto il programma Good Morning Luiss. Collaborazioni gratuite ma fondamentali per fare esperienza.

Dopo il fantastico anno dell'Erasmus, alla Université de Paris X, a Nanterre nel 2007, su suggerimento di una collega di università ho inviato un’autocandidatura per uno stage – gratuito presso la sede di corrispondenza Ansa di São Paulo del Brasile. Superato il colloquio, a settembre sono partito alla volta del Sudamerica. All'Ansa è stato il mio battesimo di fuoco con il mondo del giornalismo. La mia mansione era quella di trovare notizie locali interessanti e scrivere pezzi in italiano da mandare a Roma. Per le spese riuscivo a farcela vivendo ospite a casa di una zia. Al termine mi hanno offerto un tempo indeterminato con tre mesi di prova e circa 1000 euro al mese per scrivere su Ansa Brasil. Avrei accettato ma... mi dovevo laureare, quindi ho dovuto declinare l’offerta.

A dicembre 2008 il mio secondo stage gratuito, all’AdnKronos, redazione esteri. Ho imparato tantissimo ma dopo qualche mese si è concluso: non si sarebbe potuto trasformare in collaborazione retribuita.

Nel frattempo mi sono iscritto a un master a Roma in Commercio Internazionale dell'Ice, agenzia per il commercio estero, riservato a giovani abruzzesi, un percorso integrato studio e lavoro coperto da borse di studio. Nel 2009 sono stato selezionato come export area manager, responsabile per il Mercosul da un'azienda abruzzese metalmeccanica interessata al mercato brasiliano. Ero il più giovane e l’unico non ingegnere, e ovviamente, esigevano risultati all’altezza. I due mesi seguenti li ho passati studiando i prodotti, trovando i clienti brasiliani, analizzando il mercato e pianificando la missione.

Nel bel mezzo di questo turbinio di eventi, a fine giugno mi comunicano da Bruxelles che sono stato selezionato per gli stage in Commissione. Avevo scoperto dello stage proprio attraverso la newsletter della Repubblica degli Stagisti, e indispensabili per l'application erano stati i racconti degli ex stagisti pubblicati... Insomma, avevo mandato la candidatura ed ero finito nel Blue Book.

A quel punto inizia un gioco ad incastro per i tempi: spiego al titolare dell’azienda la situazione e lui mi dice che avremmo potuto continuare a lavorare a distanza e riprendere il discorso dopo la fine dello stage. Inizio a fare una lobby feroce. Contatto amici ed ex-colleghi dell’università che avevano già fatto lo stage e mi faccio passare i contatti di tutti i capi unità e dei vari responsabili. Alla fine vengo conteso tra diversi uffici. La spunta il gabinetto Tajani, che si stava preparando per due missioni ufficiali in Israele e in Brasile (Paesi dove avevo vissuto e di cui parlavo la lingua avendo partecipato ad alcuni progetti internazionali tramite il ministero degli Esteri). Divento lo stagista del vice-presidente. Sei mesi di intenso lavoro ma con soddisfazioni a ripetizione, un ambiente stimolante, colleghi eccezionali e il clima brussellese da capitale d’Europa che inebria dal primo momento in cui ci si mette piede. Inoltre ogni semestre i vari gabinetti dei commissari europei selezionano solo due stagisti, quindi il prestigio della posizione valeva tutta la fatica. Con il grant della Commissione è poi possibile vivere tranquillamente a Bruxelles, senza disdegnare feste e serate a Place du Luxembourg.

Alla fine dello stage torno in Italia e riprendo la mia attività di export manager (che in verità non avevo ma del tutto interrotto). Grazie all’Ice, comincio  come consulente per diverse aziende oltre a quella da cui ero stato assunto.

Un lavoro molto stimolante, ma, a fine 2012, mi richiama l’Ansa da São Paulo per un contratto per il servizio in lingua portoghese. Travolto dalla passione per la scrittura, lascio l'attività di export manager e da gennaio 2013 inizio a lavorare all’Ansa. Contratto a tempo indeterminato, stipendio variabile da circa 1500 euro al mese fino ad un massimo di 2500, dipendendo dalle ore extra per coprire weekend e festivi. Compenso buono, ufficio al centro di São Paulo e finalmente, tessera dell’ordine dei giornalisti conquistata. Peccato che sia quella dell’Ordine dei giornalisti brasiliani, che dopo pochi mesi ha accettato tutti gli articoli scritti negli anni sia in Italia che in Brasile e mi ha permesso di fare l’esame, ottenendo il tanto ambito tesserino: non era stato così con quello italiano, che si ostinava a non riconoscermi molta parte dell'attività all'estero.

Dopo collaborazioni brasiliane (a TV Cultura come commentarista per il programma Legião Estrangeira), e alcune italiane, con testate come Limes e Affarinternazionali, a settembre 2013 lascio l’Ansa per  il quotidiano O Estado de S.Paulo, il più antico e prestigioso del Brasile. Dura pochi mesi, perché dal 2014 ricevo un'offerta migliore da Veja, il principale magazine settimanale brasiliano, con oltre 1,5 milioni di copie vendute alla settimana. A molti in Italia sembrerà un percorso eccessivamente rapido, ma qui in Brasile il mercato giornalistico è talmente giovane e dinamico (a differenza di quello italiano che, al contrario, è stantio e decrepito) che il passaggio da una testata all’altra ti permette un avanzamento di carriera e anche di stipendio.

Oggi vivo a Sao Paulo, lavoro in una testata di prim'ordine, ho un contratto a tempo indeterminato e riesco anche a mettere da parte qualche soldo. In Italia è un tipo di carriera che, ormai, non è neanche più considerabile. Escludo a priori di tornare in patria per fare il giornalista, e mi piange il cuore dirlo. Finché esisterà un'istituzione paleozoica che rappresenta il peggior corporativisimo come l'Ordine dei giornalisti, la mia penna resterà in Brasile. Mi pento di non aver cominciato prima la carriera giornalistica in Brasile: i miei colleghi  al primo anno di università erano già stagisti pagati, e oggi hanno macchina, casa e fanno piani concreti per il futuro. In Italia non solo gli stage sono gratuiti, ma non permettono di inserirsi e non valgono per iniziare la carriera. Ossia, tolta la parte di apprendimento personale, è tempo perso. Quando spiego ai miei colleghi giornalisti il concetto di scuola di giornalismo per accedere alla professione e dal costo medio di 20mila euro, si mettono a ridere. 'Chi è il pazzo che affronterebbe una follia del genere?', è la domanda di rito che mi sento fare.

Ilaria Mariotti 

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