Buchi contributivi, quali problemi per la pensione?

Felicia Mammone

Felicia Mammone

Scritto il 28 Ott 2016 in Approfondimenti

Durante la carriera lavorativa, soprattutto all’inizio, capita spesso di avere dei periodi di stop. Guardando oltre al problema economico del breve periodo, bisogna anche fare i conti sul lungo periodo: verificare cioè come incideranno i periodi in cui, non lavorando, non si versano contributi per la pensione.

Per chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 il calcolo della pensione è basato sul modello contributivo, strettamente legato a quanti contributi si versano. Quando non si lavora che cosa succede alla posizione contributiva? Una delle risposte sono i ‘contributi figurativi’. In pratica la legge prevede dei casi in cui si ha diritto all'accredito dei contributi anche se non c'è l'effettivo versamento all'Inps, l’Istituto nazionale di previdenza sociale, o ad altre casse previdenziali né da parte di un datore di lavoro né da parte del lavoratore: per esempio per periodi di disoccupazione, cassa integrazione, malattia e maternità. 

stage lavoro remo guerrini contributiMa attenzione perché i contributi figurativi non sempre sono considerati allo stesso modo: a volte nel calcolo delle pensione valgono “di meno”. «Capire quali contributi vanno bene e quali devono essere esclusi per raggiungere il ‘diritto’ ad una pensione è complesso» ammette Remo Guerrini, responsabile del Patronato Inas Cisl di Milano: «I contributi figurativi vanno bene per ottenere la pensione di vecchiaia, invalidità, inabilità, reversibilità. Ma per la pensione anticipata invece ci sono delle limitazioni e bisogna fare i conti in maniera attenta». Per andare in maniera anticipata in pensione nel 2016 bisogna avere 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, indipendentemente dall'età anagrafica, ma «si devono raggiungere almeno 35 anni senza contribuzione figurativa per disoccupazione e malattia». Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, che si può ottenere con meno contributi al compimento di 66 anni servono «almeno 20 anni ‘effettivi’ di contributi versati al netto della contribuzione figurativa» spiega il responsabile del patronato.

Non è tutto. «Ogni cassa previdenziale distinta dall’Inps ha un proprio regolamento e pertanto modalità diverse per il riconoscimento dei periodo coperti da contribuzione figurativa» aggiunge Pietro Manzari, esperto della Fondazione Studi Consulenti del lavoro. Prendiamo infatti la situazione di lavoratori autonomi, artigiani e commercianti e coloro che versano in gestione separata come collaboratori, liberi professionisti e partite Iva: i contributi figurativi vengono accreditati nella gestione di riferimento ma ad esempio ai commercianti e gli artigiani non sono riconosciuti per i periodi di disoccupazione.

Il problema dei buchi, in assenza di contributi figurativi, si può risolvere ricorrendo alla contribuzione volontaria: il lavoratore si fa carico di tutta la sua previdenza
. Ma quanto potrebbe costare a chi guadagna 1000 euro lordi al mese? La risposta arriva da Pietro Manzari: «76 euro a settimana, perché per i lavoratori dipendenti l'aliquota di finanziamento per il 2016 è pari al 32,87% per gli autorizzati ai volontari successivamente al 1° gennaio 1996». Esiste comunque un importo minimo di retribuzione settimanale, «il così detto minimale» conferma l'esperto, «che per i lavoratori dipendenti nel 2016 è di 200,76 euro». Una cifra che non tutti possono permettersi, specialmente nei periodi in cui non ci sono entrate. E comunque questa possibilità è di fatto preclusa ai giovani, perché una delle condizioni imprescindibili per potersi versare i contributi volontari è quella di avere almeno 5 anni pieni di contributi già versati.

«Il consiglio è quello di fare la domanda di disoccupazione immediatamente, quasi tutti i lavoratori oggi ne hanno diritto» suggerisce Guerrini. Basti considerare che nel solo mese di maggio 2016 sono state presentate 89.787 domande di Naspi e 386 domande di disoccupazione, si legge sul sito dell'Inps.

Viene spontaneo chiedersi in quanti ogni anno ottengono i contributi figurativi. La Repubblica degli Stagisti ha provato a chiederlo all'Inps, ma la risposta ricevuta è che... la domanda è “sbagliata”. L'Istituto nazionale di previdenza sociale non sa infatti quanti lavoratori beneficiano dei contributi figurativi nel momento in cui vanno in pensione perchè questo tipo di contributi non sono erogati materialmente ma semplicemente 'conteggiati'. Anche considerando quanti contributi figurativi siano stati 'conteggiati' secondo i dati dell'ultimo rapporto Inps del 2014, il calcolo è impossibile dato che le unità di misura considerate variano a seconda della prestazione a cui si ha diritto, ad esempio il numero dei lavoratori per la disoccupazione e le ore per la cassa integrazione. L'Inps si limita a sottolineare, un po' lapalissianamente, che se nell'estratto conto contributivo si hanno avuti contributi figurativi, vuol dire che se ne aveva diritto.

Poi capita anche che pur lavorando ci sia un buco contributivo perché il datore di lavoro magari dimentica di pagare qualche tranche di contributi. Succede a lavoratori pubblici e privati ma soprattutto ai precari. E la cosa più grave è che si hanno solo 5 anni di tempo per accorgersi del buco, poi i contributi ‘scadono’.

«Non bisogna perdere tempo, è necessario ‘curare’ il proprio estratto contributivo man mano che ci sono i periodi di sospensione e ogni tanto, anche se si lavora, fare un controllo»
conclude Remo Guerrini: «Perché una volta vicini alla pensione accorgersi di un buco di contributi allontana ancora di più il traguardo, una notizia non certo bella soprattutto per i più giovani che, se andrà bene, in base alla norma attuale, smetteranno di lavorare non prima dei 70 anni».

Felicia Mammone

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