Apprendistato in crescita: c'entra la riduzione degli incentivi per il contratto a tutele crescenti?

Chiara Del Priore

Chiara Del Priore

Scritto il 02 Feb 2017 in Approfondimenti

Apprendistato contratto a tutele crescenti

Esiste da anni, con fortune alterne, anche a causa del «balletto» di normative che si sono susseguite nel tempo. Stiamo parlando dell’apprendistato, rapporto di lavoro finalizzato a favorire l’inserimento dei giovani nel mercato occupazionale.

I primi dati noti relativi al 2016 stanno registrando un incremento di questo tipo di contratto, incontrotendenza rispetto ai dati 2015, che avevano evidenziato invece un calo. Al momento, come ci spiegano da Isfol, l’ente pubblico di ricerca sui temi della formazione e del lavoro, non è ancora disponibile la panoramica relativa a tutto l’anno, ma, guardando ad esempio il terzo trimestre 2016 «c’è una variazione in positivo del 34% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente». Ad affermarlo è Sandra D’Agostino (foto a destra), responsabile della struttura metodologie e strumenti per le competenze e le transizioni dell'ente.

Secondo l’ultimo rapporto sull’apprendistato elaborato da Isfol, nel 2015 invece il numero di apprendisti in Italia era diminuito complessivamente dell’8,1% rispetto all’anno precedente. Lo stesso anno che ha visto l’introduzione del cosiddetto contratto a tutele crescenti, che ha previsto sin da subito incentivi per le aziende che assumevano con contratti a tempo indeterminato.

Quello dell’apprendistato non è un percorso sempre omogeneo: «Dal 2009 al 2014 c’è sempre stato il segno meno. Poi nel 2014 la ripresa, con +3,1% di avviamenti di nuovi contratti di apprendistato rispetto all’anno precedente, per arrivare alla crisi in tutti i settori e tipologie di apprendistato nel 2015. In questo trend non può essere inquadrato l’apprendistato nelle imprese artigiane, dove il numero degli apprendisti è in costante riduzione», spiega D’Agostino. Sul calo di apprendisti si è espressa di recente la Cgia di Mestre attraverso il coordinatore dell’ufficio studi Paolo Zabeo: «Dall’inizio della crisi nel 2009 al 2015, ad esempio, gli apprendisti occupati nelle aziende artigiane sono diminuiti del 45 per cento. Al di là della necessità di rilanciare la crescita e conseguentemente anche l’occupazione, è necessario recuperare la svalutazione culturale che ha subito in questi ultimi decenni il lavoro artigiano».

Per comprendere le ragioni di questo andamento, è necessario fare qualche passo indietro ripercorrendo le novità introdotte dalle principali disposizioni legislative sul tema. I contratti di apprendistato sono stati rilanciati dalla cosiddetta riforma Fornero (legge 92/2012). Tra le varie novità, la legge fissava a sei mesi la durata minima del contratto e prevedeva anche l’assunzione di almeno il 50% degli apprendisti alle dipendenze di un determinato datore di lavoro. Inoltre, punto fondamentale, fissava incentivi per le aziende legati a questa tipologia di assunzione. Da qui la diffusione di apprendisti negli anni successivi. 

Diffusione che ha dovuto fare i conti nel 2015 con il Jobs Act, che ha introdotto il contratto a tutele crescenti, con il quale sono previsti incentivi alle aziende per le assunzioni a tempo indeterminato. 

Cosa dice invece sull’apprendistato? La normativa introdotta dal Governo Renzi (
decreto legislativo 81/2015, articolo 43) ha confermato gli incentivi ed è intervenuta sulle tre tipologie di apprendistato, ampliando le finalità di quello di primo livello e portando anche in Italia il cosiddetto sistema duale già presente in altri paesi europei: «Oggi è possibile conseguire in apprendistato i titoli di studio che rientrano nell'istruzione secondaria avvicinando così il momento della formazione e quello del lavoro», spiega D'Agostino. Un esempio in tal senso è stato il programma avviato da Enel in via sperimentale nel 2014, che ha coinvolto in periodi di formazione in azienda 150 ragazzi di tutta Italia.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 32 del decreto legislativo. n.150/2015 possono accedere infatti ad un nuovo incentivo tutti i datori di lavoro che assumano lavoratori con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore. Rimangono quindi escluse dal campo di applicazione dell’incentivo le assunzioni con contratto di apprendistato per la formazione e quelle effettuate con contratto di apprendistato professionalizzante.

Con la legge di stabilità 2016 i datori di lavoro possono beneficiare, in generale, di un’aliquota contributiva agevolata pari al 11,61% su tutti i contratti di apprendistato (a prescindere dalla tipologia), prorogata di 12 mesi nel caso di conferma al termine del periodo di formazione. Sgravio totale invece per i datori di lavoro con un organico pari o inferiore alle nove unità.

Se il 2015 ha visto il boom dei contratti a tutele crescenti, l'anno successivo ha visto un ridimensionamento di questa tipologia contrattuale, legato alla diminuzione degli incentivi in termini di importo massimo e durata e, anche se ovviamente non si tratta dell’unico fattore, ai nuovi incentivi sull’apprendistato.

C'è quindi un nesso tra l'andamento del ricorso ai due tipi di contatto, tutele crescenti e apprendistato, ma è opportuno fare delle differenze: «è evidente che c'è uno spostamento delle preferenze delle imprese che deriva molto dal costo di un contratto rispetto a un altro. Dopodiché non è esattamente la stessa cosa», chiarisce D'Agostino.

Innanzitutto «il contratto di apprendistato non dà garanzia di assunzione. L'impresa può decidere anche di recedere dal contratto di apprendistato prima della sua conclusione». Va detto che negli anni il numero di contratti di apprendistato trasformati poi in contratti a tempo determinato è cresciuto. Per impedire di trasformare il contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato il datore deve compiere un’azione deliberata, ossia dichiarare che non prosegua nella modalità a tempo indeterminato.

Poi, altro aspetto importante, va considerato il tema dell'età, in quanto l'apprendistato è destinato ai giovani fino ai 29 anni, salvo alcune deroghe. L'eccezione riguarda «lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o disoccupazione», e solo la seconda tipologia di apprendistato, quello professionalizzante. Ne consegue inevitabilmente che tutti gli altri sono destinati a restarne fuori.

Sarà interessante attendere i dati completi del 2016 per capire se il trend positivo per l'apprendistato è destinato ad andare avanti e, allo stesso tempo, osservare quali saranno le tipologie contrattuali maggiormente attuate per chi non rientra nel contratto di apprendistato.
L'anno è appena iniziato e al momento è ancora troppo presto per fare previsioni.

Chiara Del Priore 

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